Confesercenti, a Catania imprese in calo «Nuove attività coraggiose, ma non basta»

Mancano ancora i dati dell’ultimo trimestre del 2012, ma l’anno appena trascorso sembra non essersi chiuso bene per le imprese etnee. Almeno non secondo i dati Unioncamere e Movimprese, diffusi in questi primi giorni del 2013 dalla Confesercenti catanese. La mortalità delle attività imprenditoriali etnee, specie quelle tradizionali, continua a registrare un tasso più alto della natalità, ed entrambi i dati appaiono poco positivi rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Restituendo in numeri l’immagine di stagnazione economica della città. Alla fine di settembre 2012, per un un totale di 81.436 imprese attive – quasi mille in meno dell’anno precedente – sono state poco meno di cinquemila le nuove aziende registrate a fronte di 5.533 imprese cessate. Una flessione della natalità di 351 unità e un aumento delle cessazioni di 474 imprese rispetto allo stesso periodo del 2011 Pochi i segnali positivi.

A soffrire di più è il commercio. Per 800 nuove imprese avviate nel 2012 ne sono cessate quasi duemila. Per un totale di circa tremila aziende. «Al momento è in atto una profonda modifica del mercato distributivo – commenta il direttore di Confesercenti Catania Salvo Politino – ancora oggi caratterizzato dalla piccola e media impresa commerciale, anche se il nostro territorio è stato invaso dai grandi centri commerciali che, hanno profondamente modificato il concetto di vissuto del centro storico». In città c’è già chi sta provando a invertire il trend, come i commercianti dell’antica passeggiata di negozi cittadina, la via Etnea, oggi in sofferenza ma uniti nel centro commerciale naturale omonimo promotore di iniziative per riqualificare la zona. Per far tornare i cittadini ad acquistare in città e non solo nei grandi centri commerciali in periferia.

Non va meglio con l’artigianato che, con 18.455 imprese attive, ha registrato un incremento di 964 nuove unità a fronte di una perdita di 1.137 aziende. Così come per l’industria – con un saldo negativo di 235 imprese su un totale di circa settemila – e l’agricoltura, con una differenza tra imprese cessate e quelle avviate di 553 attività per poco più di 15mila imprese attive. Male anche il turismo, che a Catania conta quasi quattromila imprese, e nel 2012 ne ha perse 221 per guadagnarne solo 71. Quello delle nuove imprese avviate lo scorso anno, seppur poco proficuo, «è un dato che evidenzia il coraggio di tanti giovani pronti a scommettere su un futuro imprenditoriale – continua Politino – e di tanti lavoratori che cercano nell’impresa una risposta al problema occupazionale».

Soprattutto per chi cerca di distaccarsi dai settori tradizionali, in perdita, e punta alle cosiddette imprese non classificate, come quelle che hanno a che fare con la tecnologia: in questo caso, per 825 attività cessate, ben 2857 nuove ne sono state avviate. Uno dei pochi trend positivi dell’anno passato, insieme ai servizi di informazione e comunicazione, le attività finanziarie e assicurative e quelle professionali, scientifiche e tecniche. Un fenomeno dai numeri più contenuti, per settori che contano in media sulle 1.500 aziende, ma comunque in positivo.

Oltre alla buona volontà e al coraggio degli imprenditori, secondo Confesercenti, servono però norme diverse. Riduzioni del carico fiscale sul lavoro, incentivi per le piccole e medie imprese, sistemi di credito più agevoli e minore burocrazia. Accorgimenti politico-economici che, nel caso di settori come il commercio e il turismo, vanno di pari passo con il sociale e l’urbanistica. Città più vivibili e con un centro storico valorizzato producono infatti di più. Così come un turismo destagionalizzato, non più solo estivo, a cui Catania aspira da tempo ma senza risultati concreti.

[Foto di Luigi Rosa]


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La differenza tra mortalità e natalità delle aziende etnee continua a non essere dalla parte della crescita della città. E il divario va facendosi sempre più profondo anche rispetto agli anni passati. E' l'analisi che emerge dai dati dei primi tre trimestri del 2012 diffusi da Unioncamere e Movimprese. Male le attività tradizionali - commercio, artigianato, agricoltura, industria e turismo -, meglio le cosiddette imprese non classificate

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