Comune, troppi burocrati e pochi specialisti «Cerchiamo altri tecnici, presto nuovo bando»

Paradossi di un Comune, quello di Palermo, che ha ottomila dipendenti ma ha bisogno di un bando da 660mila euro per rintracciare 49 tecnici fra architetti, geologi e ingegneri e velocizzare l’iter di altrettanti progetti. È questo l’obiettivo del bando pubblicato il 14 ottobre da Palazzo delle Aquile sul portale istituzionale. Si tratta di una manifestazione d’interesse, predisposta dall’Area tecnica della Riqualificazione urbana e Infrastrutture, per affidare 49 incarichi dei più svariati, ricompensati dai 4 ai 40mila euro l’uno: si va dalla progettazione al supporto tecnico, dalle indagini strutturali all’elaborazione grafica, e poi relazioni geologiche, coordinazione della sicurezza, impiantistica, computi metrici, elaborati economici e contrattuali.

La necessità di ricorrere al mondo delle professioni è legata innanzitutto ad una questione di tempi, come spiega il vicesindaco nonché assessore alle Infrastrutture Emilio Arcuri: «I tecnici comunali non sarebbero insufficienti – dice – ma le procedure delle opere pubbliche sono talmente complesse che non si può assorbire tutto in tempi brevi. E poi all’interno del bando ci sono incarichi specialistici che il Comune non copre. Diciamo che da una parte c’è una carenza nel numero di tecnici specialistici utilizzabili. Oggi fare un’opera pubblica è diventato complicatissimo: un tecnico si occupa più di timbri e bolli che di lavori utili, senza contare che con la nuova riforma del codice degli appalti le cose non sono molto chiare. Dall’altra parte c’era l’esigenza di rintracciare competenze molto specifiche».

Gli interventi sono concentrati soprattutto sulle scuole ma anche su diversi beni culturali come Palazzo delle Aquile, Palazzo Barone in via Lincoln, due padiglioni ai Cantieri culturali alla Zisa, lo Spasimo, il Teatro Massimo e ancora il forno crematorio ai Rotoli, i fondali della Bandita o il muro di Villa Giulia al confine con la proprietà dell’Amg. Molte di queste opere attendono da anni ma per selezionarle «non si è guardato solo all’urgenza», assicura Arcuri, «sono opere che semplicemente andavano fatte. Il Comune deve funzionare bene. Alcuni interventi erano urgenti, altri semplicemente da pianificare: se non hai gli impiantisti non puoi restare fermo a guardare. Quando abbiamo riaperto il Teatro Massimo nel 1997, ad esempio – ricorda l’assessore -, con i lavori eravamo arrivati fino ad un certo livello ma c’erano ancora a disposizione svariati milioni di euro per completarlo. Chi è venuto dopo di noi però i lavori non li ha fatti e quindi ci dobbiamo pensare noi. Non ci fermeremo qui ma faremo un secondo bando per un’altra ventina di incarichi: servono assistenti al Rup, impiantisti, strutturisti, perfino ingegneri rocciatori ma anche figure di tipo giuridico. Sul nuovo elenco di opere ci stiamo ancora lavorando».  


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