Politica

Comunali Catania, le priorità di Giuseppe Giuffrida: «Legalità e impegno di tutti per una città solidale»

Il sorriso e l’ottimismo sereno di chi sta facendo la sua parte in maniera attiva. È così che Giuseppe Giuffrida, 63 anni, avvocato spesso prestato al sociale, sta affrontando la sua prima campagna elettorale per le elezioni amministrative a Catania. Una corsa a sindaco da outsider con una lista civica e l’appoggio dell’ex magistrato Antonino Ingroia e del presidente della Commissione parlamentare antimafia Nicola Morra. Continuano con lui – in ordine alfabetico, con l’eccezione di Vincenzo Drago che non ha risposto al nostro invito – le interviste di MeridioNews ai possibili nuovi primi cittadini etnei.
– Guarda o leggi le interviste agli altri candidati

Abbiamo chiesto ai candidati di indicare il loro luogo preferito di Catania e ci stiamo incontrando alla Porta della bellezza, a Librino. Perché questa scelta?
«Perché il messaggio che parte da quest’opera non è solo di bellezza architettonica o artistica, ma parla di una bellezza che coinvolge gli abitanti di un quartiere di solito relegati ai margini. Se applichiamo questo messaggio in maniera trasversale alla vita della nostra città, cosa che purtroppo fino a oggi è mancata, possiamo dare una svolta. Il bello non può lasciare insensibili, tocca le corde dell’anima di tutti, senza classi sociali. Pensiamo ad esempio alla metropolitana: il cittadino apprezza le cose belle e, se gli si offre l’opportunità di goderne, le accoglie. Quando, invece, vive nel degrado, si adegua a quel degrado».

Questa corsa per la sindacatura etnea si preannunciava ancora più affollata. Poi alcuni hanno deciso di rinunciare o di convergere su altri candidati. Lei invece è andato dritto per la sua strada. Come mai?
«Io credo sia arrivato il momento per noi cittadini di impegnarci a cambiare questa città. I partiti politici che hanno governato, e anche coloro che avrebbero dovuto svolgere un’efficace e concreta opposizione, hanno fallito miseramente; per questo ho scelto di prendere le distanze da entrambi. Un’ideale che non potevo tradire, anche quando mi è stato chiesto di convergere sul polo progressista. Credo che questa sia la svolta che dobbiamo dare alla città: i cittadini si devono riappropriare di una loro prerogativa, ognuno secondo le proprie possibilità. Ci tengo a precisare che io non sono contro l’istituzione del partito, ma contesto come questi partiti hanno attuato la politica: avrebbero dovuto fare risollevare Catania e non l’hanno fatto».

Tra i tanti problemi cittadini, se dovesse scegliere il principale da contrastare quale sarebbe?
«Il mio cavallo di battaglia, quasi un mantra, è la legalità. È il principio che dovrebbe stare alla base di qualunque azione della vita amministrativa catanese, perché solo con la legalità potremo attuare strade, scuole, opere pubbliche, verde. Se manca quella, ricadiamo sempre nella stessa logica imperante a Catania, fatta di mafie, illegalità e storture. Sia chiaro, anche la burocrazia che ostacola è, per me, una forma di illegalità, perché la certezza del diritto non può essere scambiata per un favore, come purtroppo accade».

Questo fa il paio con uno dei problemi principali che riscontriamo: Catania è sporca e vive un alto liello di degrado e inciviltà generali. Come pensa che un sindaco possa affrontare un tema così ampio?
«Il problema dei rifiuti è sotto gli occhi di tutti ed è una delle priorità. Io sono per lo smaltimento utilizzando il sistema del riciclo, secondo i principi dell’economia circolare. Con degli indubbi vantaggi a livello ambientale: l’obiettivo è eliminare le discariche che portano inquinamento nel sottosuolo, ma anche creare una città pulita, sensibilizzando tutta la cittadinanza all’uso corretto della differenziata. Questo porterebbe anche un vantaggio in termini di occupazione, perché ogni singolo componente andrebbe riciclato in apposite società, magari create da giovani. Chiaramente il problema va anche affrontato dal punto di vista dell’evasione fiscale, perché pochissimi pagano la Tari e non mi pare che il Comune abbia adottato delle efficaci misure di contrasto. Nel mio programma, per facilitare chi non può pagare per motivi economici, ho previsto di istituire il baratto amministrativo. Cioè ogni cittadino può pagare l’equivalente del tributo prestando un’attività lavorativa secondo dei criteri previsti dalla legge».

Un altro problema che ha anche delle ricadute economiche – pensiamo al turismo – è il basso livello di vita culturale in città, una volta frizzante e nota anche fuori dalla Sicilia. Come si fa a invertire questo trend?
«Io credo che in realtà ci sia ancora tanto, solo che non viene valorizzato con una programmazione seria che dovrebbe dare a Catania un ambito internazionale e non più provinciale. Ci sono tante realtà locali di giovani che vorrebbero emergere ma non possono perché ostacolati da illegalità, burocrazia e dall’assenza di incentivi e spazi. Catania ha delle tradizioni indubbie dal punto di vista teatrale, musicale e artistico che ci vengono invidiate, ma serve un’amministrazione efficiente che sia sensibile a queste iniziative. Dovremmo immaginare una città turistica non solo nei giorni di festa ma in ogni stagione e recuperare anche quella vocazione congressuale una volta presente. Catania ha insomma molte potenzialità ma, purtroppo, siamo stati governati male e questo ci ha penalizzati non poco».

Visto che i problemi sono tanti e variegati, se le chiedessi il suo programma in tre punti quali sarebbero?
«Il mio programma è semplice e credo che i contenuti siano condivisibili con tanti altri candidati sindaco. Tutti vogliamo una città più pulita, con meno traffico, servizi sociali migliori, senza barriere architettoniche. Ma io credo che la svolta di Catania debba essere la legalità, la partecipazione e l’ascolto dei cittadini. Se fossi eletto sindaco, i primi giorni immagino di scendere proprio in mezzo alla gente per raccogliere le loro esigenze. Ovviamente le scelte andranno fatte dall’amministrazione che se ne deve assumere la responsabilità, ma solo condividendo il percorso con i cittadini si ottiene il duplice obiettivo di rendere le persone partecipi della vita pubblica e, così, attuare più facilmente quelle scelte».

Si è fatto un’idea di chi sono i suoi elettori?
«Direi tutti i cittadini perché Catania deve essere una città che non lascia indietro nessuno, soprattutto i più bisognosi. Altrimenti, avremo fallito. Una città deve accogliere chi è stato sfortunato nella vita e dare incentivi a chi incolpevolmente non può pagare l’affitto o non riesce a reperire aiuti per sostentare la famiglia. Una città solidale insomma».

Mi sembra che ci voglia tanto ottimismo, purtroppo, in un periodo storico in cui stiamo assistendo a competizioni elettorali decise da altre logiche. Penso, per esempio, ai Caf che diventano centro di smistamento voti. Quanto è grande questo ostacolo per lei?
«Sicuramente è un problema perché fino a oggi mi sono arrivate notizie di Caf che fanno incetta di voti. Loro, però, catturano il bisogno, non il consenso e questa è una cosa che distrugge Catania e fa male ai cittadini. Per questo dico che i catanesi devono poter scegliere e, soprattutto, devono andare a votare, perché abbiamo un partito degli astensionisti che è del 50 per cento. Capisco che questa politica malata abbia portato alla disaffezione da parte dei cittadini, ma il 28 e il 29 maggio abbiamo una grande opportunità di un vero, e non solo declamato, cambiamento».

A questo leghiamo il principio della trasparenza. Per questo le chiedo se ha già stimato quanto costerà la sua campagna elettorale e come la sta finanziando.
«Faccio una premessa: un anno e mezzo fa, quando avevo pensato di candidarmi, la prima cosa che mi veniva detta per scoraggiarmi era proprio “Non hai idea di quanto ti verrà a costare la campagna elettorale”. Io però mi sono detto: “Perché buttare tutti questi soldi in volantini e manifesti?”. Per me, piuttosto, serve scendere in strada e divulgare, anche grazie ai social che aiutano moltissimo. Ho scelto di non fare banchetti e ho bandito le cene elettorali, perché non è così che voglio attirare le persone. Per scelta etica ho deciso di contenere al massimo i costi e posso dire che non spenderò più di 15-20mila euro, con un buon contributo da parte di amici e persone che hanno ritenuto di condividere il progetto e sostenermi».

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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