Da Dhunesshwursing Audit a Ismail Bouchnafa passando per Soonita Randhay, Khadija Nakhil e Moussa Ndoye Djibril. Questi i nomi che sulle schede sono stati scritti poco. Il più votato, quando le schede scrutinate sono due terzi, ha ottenuto undici preferenze
Amministrative, nessun promosso al test d’integrazione Flop candidati di origine straniera a consiglio comunale
Al test d’integrazione sulla scena politica catanese sono usciti tutti pesantemente bocciati. Nessun debutto nella vita di Palazzo degli elefanti per i cittadini di origine straniera che si sono candidati a rivestire il ruolo di consiglieri comunali in questa tornata elettorale. Quando le sezioni scrutinate sono 254 su 336, quello che fra loro ha preso più voti, ne ha ottenuti soltanto undici mentre il peggiore si è fermato a quattro. Fra le file di coloro che hanno provato a occupare uno scranno comunale alcuni hanno dei nomi e cognomi facilmente identificabili ma che saltano subito all’occhio.
È il caso di Dhunesshwursing Audit, da tutti chiamato Babou, il 52enne mauriziano, che di mestiere fa il collaboratore domestico, arrivato in Italia una trentina d’anni fa. È lui uno dei componenti della lista della Lega (a sostegno di Salvo Pogliese sindaco) che per la prima volta ha corso per le elezioni amministrative di Catania. «Qui ho avuto tante opportunità e un’accoglienza unica – aveva detto a MeridioNews mentre la campagna elettorale era ancora nel vivo – oggi voglio restituire qualcosa a Catania, lavorando non solo per i mauriziani ma per tutti». Dai risultati disponibili finora, a scrivere il suo complicato nome sulla scheda elettorale, però, sono stati solo in otto.
«Anche se la comunità mauriziana qui in città è numerosa, molti non hanno la cittadinanza italiana pur vivendo in Italia da oltre 20 anni e, quindi – spiega Audit – non hanno potuto votare. È così che non è cresciuto il mio numero di preferenze». In realtà, per sua stessa ammissione, non era una candidatura rivolta esclusivamente ai suoi stessi connazionali. «Questo è vero, ma come è Io però il fatto che ogni cittadino italiano ha una sua persona di riferimento da votare ed è difficile – ammette – che scelga me». Una sconfitta schiacciante che però «a me non pesa, non è un problema. Sono partito molto incoraggiato ma consapevole che sarebbe stato complicato riuscire a ottenere un risultato». Il futuro? «La mia volontà di partecipare attivamente alla vita politica di Catania è rimasta intatta».Tanto che Audit prende già in considerazione anche l’ipotesi di una ricandidatura in futuro. «Non si sa e non si può mai dire», conclude sorridendo.
Forza Italia non è stata da meno. Ancora in un’altra lista a sostegno di Pogliese, infatti, ha trovato spazio anche un volto di uno dei templi induisti della di Catania: Soonita Randhay che vive in città da almeno trent’anni e lavora in una scuola. I suoi fac simile online, nel periodo delle campagna elettorale sono diventati quasi virali: «Barra il simbolo e scrivi Rupa», che è il nome con cui la donna è conosciuta nel capoluogo etneo. Una esortazione che ha fatto centro, almeno per il momento, solo per sette persone.
Anche più a sinistra il tentativo di integrazione politica ha fallito. Nella lista I progressisti (a sostegno del candidato sindaco Enzo Bianco) erano schierati Khadija Nakhil e Moussa Ndoye Djibril. Rispettivamente hanno ottenuto quattro e undici preferenze all’interno delle cabine elettorali fra le schede finora scrutinate. Sempre nel centrosinistra ha trovato posto anche il vice imam della Moschea di Catania. Al 49enne Ismail Bouchnafa, nato in Marocco ma in Italia da quando aveva circa vent’anni, è stato candidato con la lista Catania 2.0. Il direttore del centro di preghiera nel cuore della Civita e commerciante di via Vittorio Emanuele ha avuto solo dieci voti. «Non lo so a cosa è dovuto», è l’amaro commento dell’aspirante consigliere comunale che ha visto infrangersi il suo sogno di integrazione politica nel capoluogo etneo.