Nella gara contro la Fiorentina i rosanero sono stati poco incisivi ma prevale la soddisfazione per avere contenuto l'onda d'urto di una big del campionato. La compagine di Ballardini, bravo a trovare la giusta alchimia, nelle ultime partite ha trovato equilibrio e ha acquisito una precisa identità
Compattezza e spirito di sacrificio Il Palermo ora è una squadra vera
Ci sono pareggi che valgono quanto una vittoria. E il punto conquistato dal Palermo a Firenze rientra sicuramente in questa casistica. Ha un sapore speciale il pari a reti bianche «strappato» al Franchi dai rosanero, usciti indenni dal confronto con una squadra di prima fascia del campionato e, in vista dell’ultima giornata, molto più vicini alla salvezza. Grazie alla contemporanea sconfitta interna del Carpi contro la Lazio, la compagine di Ballardini esce dalla zona retrocessione (palude nella quale i rosa erano incastrati dallo scorso 20 marzo senza soluzione di continuità) e diventa automaticamente padrona del proprio destino. Basterà vincere domenica prossima al Barbera contro il Verona già retrocesso (e in base al risultato del Carpi a Udine potrebbe essere sufficiente anche un pareggio o addirittura una sconfitta) per raggiungere il traguardo. La strada adesso è in discesa ed è stato proprio il risultato di ieri contro i viola a rendere più agevole l’ultimo tratto di questo percorso.
Per legittimare le proprie ambizioni a prescindere dai risultati delle dirette concorrenti era opportuno muovere la classifica e i rosanero hanno compiuto la loro missione. La prova è stata superata anche se, analizzando la prestazione, i voti positivi vanno attribuiti soprattutto alla fase difensiva. Entra in gioco il discorso della coperta: se la tiri da una parte, ti scopri dall’altra. La difesa, intesa come assetto e organizzazione, ha dato segnali incoraggianti. L’attacco, invece, ha «steccato». Ieri, al netto di qualche sbavatura che poteva essere pagata a caro prezzo (Kalinic in due circostanze non ha approfittato degli errori di Gonzalez nel primo tempo e Rispoli nella ripresa), la squadra ha saputo gestire con efficacia i momenti di difficoltà e in generale ha retto l’impatto contro gli uomini di Paulo Sousa, padroni del campo per lunghi tratti del match ma incapaci di concretizzare la loro supremazia territoriale. In fase offensiva, di contro, i rosanero non sono stati quasi mai pericolosi (da segnalare, nel primo tempo, una conclusione di un ispirato Vazquez intercettata casualmente dal compagno di squadra Gilardino), complice la bravura dell’avversario nella circolazione del pallone e il condizionamento psicologico determinato dagli sviluppi del risultato di Carpi-Lazio. Il bicchiere, in ogni caso, può essere visto mezzo pieno anche perché non è mai facile uscire dal Franchi senza subire gol e il fatto che la porta di Sorrentino sia rimasta inviolata per la terza gara consecutiva rappresenta un’ulteriore nota di merito di tutto il collettivo.
Al di là della pochezza di ieri in zona d’attacco, la notizia più importante che ha dato la gara contro la Fiorentina è che il Palermo è finalmente una squadra vera, un gruppo composto da elementi che hanno imparato a lottare e a sacrificarsi per il bene comune. E soprattutto che hanno iniziato a parlare la stessa lingua: fino a qualche settimana fa la formazione rosanero sembrava un insieme di individualità privo di amalgama. Le vittorie contro Frosinone e Sampdoria e il pari contro i gigliati hanno dimostrato, invece, che il Palermo è diventato un corpo unico, una squadra compatta formata da giocatori sintonizzati tutti sulle stesse frequenze. Bravo Ballardini a trovare in extremis la chiave vincente: da quando il tecnico ravennate ha potuto lavorare con maggiore autonomia decisionale i rosa hanno acquisito una precisa fisionomia e hanno trovato una certa continuità, sia tattica che in termini di risultati. E la continuità, si sa, è uno dei presupposti necessari per costruire un progetto valido nell’immediato e anche in ottica futura.