All'indomani della sentenza della Corte Costituzionale, la Sicilia si interroga sulla portata della novità. Per il Presidente dell'Ars e per molti deputati regionali, si tratta di una decisione che impone al Parlamento una più attenta valutazione del della legislazione regionale. Ma c'è anche chi, come il professor Massimo Costa, sottolinea come il pronunciamento abbia messola la parola fine a questioni mai risolte. Come quella relativa all'Alta corte, istituzione che avrebbe dovuto bilanciare i poteri dello Stato e che per il Presidente Alessi «era stata sepolta viva»
Commissario dello Stato addio Le reazioni di politici ed esperti
Come prevedibile, la sentenza della Corte Costituzionale che ha definitivamente abolito l’istituzione del Commissario dello Stato in Sicilia, sta suscitando una valanga di commenti. Molti alquanto simili. Si parla di una sentenza storica -ed in effetti lo è perché interviene su una questione aperta da più di 60 anni- e della necessità di una maggiore responsabilità nella legislazione regionale. Nel senso che, l’abolizione dell’impugnativa, del controllo preventivo, non può essere considerato come un lascia passare per i legislatori. Anche perché, come ribadito dai giudici costituzionali, se non sarà più il Commissario dello Stato a potere porre questioni di legittimità, potrà farlo comunque il Governo nazionale, come già succede nelle altre regioni.
Ma c’è anche un’altra questione che si pone: la sentenza della Consulta aumenta o diminuisce l’Autonomia della Regione? A questa domanda, risponde un tecnico della materia, Massimo Costa, docente di Economia aziendale all’Università di Palermo e tra i maggiori esperti in tema di Statuto Siciliano. Secondo il quale, il pronunciamento dei giudici è una buona notizia, ma fino ad un certo punto. La sentenza, infatti, cancella ogni possibilità di ripristinare l’Alta Corte per la Sicilia, quella istituzione che, nel disegno dei Padri dello Statuto, avrebbe dovuto contro-bilanciare i pareri dello Stato sul tema della legislazione regionale e statale e che, come ebbe a dire Giuseppe Alessi, il primo Presidente della Regione, era stata «sepolta viva» nel 1957.
Ma cominciamo dai primi. Per il Presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, «la sentenza non potrà dare al Parlamento siciliano libertà di legiferare senza limiti. Al contrario, la sentenza della Corte costituzionale assegna maggiore responsabilità a Governo e Assemblea in fase di proposizione e approvazione delle norme. Il Parlamento – continua – non si sottrarrà a un controllo più scrupoloso, attento e conforme ai canoni costituzionali. Un buon esempio di legge di qualità è quella relativa agli operai forestali, approvata di recente dall’Assemblea, che ha passato indenne il controllo preventivo del Commissario dello Stato. In ogni caso – conclude Ardizzone – permangono in capi al Commissario dello Stato le funzioni residuali previste dalla normativa in vigore».
Nello Musumeci, leader dell’opposizione di destra a Sala d’Ercole, è molto cauto: «Nessun entusiasmo. I controlli, anche quelli successivi alla pubblicazione della legge, non dovrebbero far paura ad alcun legislatore. Anzi, quasi sempre sono una garanzia. Rimane ora aperta l’esigenza di riformare lo Statuto e adeguarlo al mutato contesto normativo». Anthony Barbagallo, deputato regionale del PD, componente del Consiglio di Presidenza e componente della Commissione Statuto all’Ars.parla di una «sentenza storica che determina più di una conseguenza. Innanzitutto si impone una modifica dello Statuto: credo che l’apposita commissione all’Ars, della quale ho il privilegio di far parte, debba procedere rapidamente nel proporre una modifica delle parti interessate dalla riforma del Titolo V della Costituzione. Un secondo aspetto – aggiunge l’esponente del PD – riguarda la produzione legislativa che d’ora in poi porteremo avanti all’Ars: se da un lato dobbiamo cogliere l’opportunità di una ritrovata compattezza nella maggioranza e dalla possibilità di lavorare senza l’incubo della scure del Commissario, dall’altro lato dobbiamo essere consapevoli della necessità di un attento esame sulla qualità delle norme che approveremo».
Il deputato di Ncd, Vincenzo Fontana pone l’accento sui vincoli che poneva il Commissario: «Nell’ultimo periodo il ruolo del Commissario dello Stato nell’approvazione di finanziarie e norme era diventato vincolante su tutto, sia dal punto di vista della legittimità, del controllo e delle coperture finanziarie. Adesso tocca al governo e ai singoli parlamentari, visto che il controllo delle leggi dell’Ars sara’ successivo e gli eventuali contenziosi alla corte costituzionale potranno essere richiesti solo dal governo centrale. Quindi e’ indispensabile avere il senso delle istituzioni e una responsabilita’ maggiore nel legiferare senza un freno e un controllo preventivo».
Interviene, tra gli altri, anche Leoluca Orlando, Sindaco di Palermo e presidente dell’Anci Sicilia: «Viene meno un organo di controllo ma giunge da questa decisione un segnale di messa in mora per quanti ritengono di poter tenere la Sicilia ‘eternamente’ fuori dai circuiti di riforme e di sviluppo economico delle altre Regioni e per quanti invocano continuamente la speciale autonomia per perseverare in scelte confuse e contraddittorie».
Per Giuseppe Picciolo, capogruppo del Patto dei Democratici per le Riforme-Drs all’Ars, «va detto chiaramente che, soprattutto negli ultimi anni, la figura del commissario dello Stato era divenuta un limite alla autonomia speciale più che una prerogativa. Ora il parlamento regionale e il governo hanno maggiori responsabilità nel varo di leggi sia sotto il profilo ordinamentale che sotto l’aspetto finanziario».
Ma a piegare il senso della sentenza da un punto di vista tecnico, è Massimo Costa, che, come detto, è tra i maggiori esperti in tema di Statuto. In quanto tale, pur sottolineando alcuni aspetti positivi della sentenza, fa notare che i giudici hanno anche sancito la morte definitiva dell’Alta Corte per la Sicilia:
«Il Commissario dello Stato non esiste più. E con lui se ne va il controllo preventivo, da parte dello Stato, su tutta la legislazione siciliana. Quel controllo preventivo che, ormai, aveva degradato la Sicilia nell’unico caso al mondo di Autonomia differenziata al contrario, cioè minore rispetto a quella delle regioni a statuto ordinario. Sotto questo aspetto è un vantaggio che se ne sia andato, per molti motivi. Primo, perché finisce l’alibi di una classe politica irresponsabile, che legiferava male, sapendo che poi interveniva il Commissario ad aggiustare le peggiori porcherie; Secondo, perché finisce lo scandalo dell’inefficacia della legislazione regionale, dell’autocensura dei Presidenti». Tutto bene allora?
«Secondo me no, e non prendetemi per un bastian contrario- dice il docente universitario a Meridionews- La Corte Costituzionale si dimostra come sempre un organismo centrale, sbilanciato e fazioso nei confronti della Regione. Potevano, e dovevano, abolire solo il controllo preventivo, estendendo alla Sicilia quello consuntivo, perché non restassimo sotto le altre regioni a statuto ordinario, quanto ad autonomia. E invece hanno soppresso persino il Commissario dello Stato, che era disciplinato e istituito male, in quanto non era affatto garanzia di imparzialità, ma che comunque, almeno in teoria, era “terzo”, e quindi aveva la facoltà di decidere in Autonomia, e non dietro indicazioni del Governo della Repubblica, se impugnare o meno la legislazione regionale.
«La sentenza della Corte avrebbe potuto e dovuto salvare il Commissario, lasciandogli la competenza ad impugnare e togliendo solo l’impugnativa preventiva, e quindi estendendo la procedura delle regioni ordinarie solo su questo punto. Invece ha colto l’occasione per dare un’altra picconata, l’ultima, all’istituto dell’Alta Corte, ribadendo tutta la propria precedente giurisprudenza abrogativa (a dir poco scandalosa, in quanto del tutto ultra legem) su questa materia. E che c’era da aspettarsi da queste persone?».