All’Ars doveva essere il giorno del terzo collegato, l’integrazione alla Finanziaria fondamentale per riallocare risorse e finanziamenti. E in un certo senso lo è stato, anche se non è stato approvato come previsto dalla roadmap indicata dal governo e dai partiti che lo sostengono. Un’approvazione quanto mai importante, visto che apre di fatto il periodo che culminerà con l’approvazione del bilancio e della Finanziaria di quest’anno. Come già accaduto nelle precedenti due occasioni – e in altre non enumerabili – la discussione è stata serrata ma, questa volta, non si è giunti a un accordo. Accordo che è mancato non tra maggioranza e opposizione, ma tra governo e parlamento. Governo che ha dovuto avere a che fare con ben 250 emendamenti da valutare per decidere se inserirli o meno nel testo, e come farlo.
Intanto, il primo nodo di oggi è stato legato al fondo immobiliare, o meglio, alla possibilità di spostare una ingente cifra dal fondo pensioni a quello immobiliare per potere acquistare degli immobili, in particolare strutture che la Regione aveva già venduto anni addietro e che ora rivorrebbe. Ipotesi di fatto cassata da un emendamento approvato in mattinata. Mattinata che sembrava volere volgere a un lieto fine assicurato facendo ricorso a un maxiemendamento che mettesse insieme ogni proposta di modifica e richiedesse soltanto un’approvazione collettiva. Ma, a quel punto, le opposizioni si sono messe di traverso, chiedendo che ogni singolo emendamento fosse esaminato dalla rispettiva commissione di merito e, in seconda battuta, dalla commissione Bilancio prima di essere votato dall’Aula. Una soluzione che non è stata particolarmente gradita da palazzo d’Orleans e ha portato il presidente dell’Ars Gaetano Galvagno a sciogliere i lavori e a convocare una riunione dei capigruppo per ragionare sul da farsi.
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