«Ci troviamo dinanzi all’assenza di ogni sentimento umano, di fronte a un diffuso analfabetismo etico che non sa più distinguere il bene dal male». Le parole di monsignor Michele Pennisi, arcivescovo della diocesi di Monreale, dalla piazza appena restaurata di Cinisi rimbombano nonostante le centinaia di persone presenti, accorse per il funerale di Paolo La Rosa, il 21enne ucciso a coltellate nella notte tra il 23 e il 24 febbraio a Terrasini, a pochi metri dalla piazza centrale del paese.
Una presenza importante, quella dell’arcivescovo e più in generale della chiesa palermitana, che serve a dare conforto a un’intera comunità – ancora scossa dalla violenza dell’efferato omicidio – che alla notizia dell’arresto del killer e del suo complice ha provato a farsi giustizia da sè, tentando di linciare l’assassino e uno dei suoi complici, in quel momento trattenuti presso la stazione dei carabinieri. Per gestire la moltitudine di persone che si è radunata in via Faro Pizzoli e prevenire disordini si è reso necessario anche l’ausilio di una nutrita pattuglia di agenti in tenuta antisommossa.
«Sul desiderio di vendetta deve prevalere la ricerca della giustizia – ha detto Pennisi – che deve tendere a riparare il male. A impedire che simili atti criminosi si ripetano. A rieducare chi ha sbagliato con una giusta pena. A noi ora qui è chiesto un diverso e altrettanto gravoso compito: vivere come nostro il dolore dei familiari e di chi conosceva il fratello defunto. La solidarietà dell’amore è più forte dell’amore. Nel sostegno vicendevole tutti possiamo trovare la forza per continuare a vivere, anche dopo un lutto».
Intanto gli amici del 21enne di Cinisi hanno sottoscritto un documento che anticipa la volontà di volersi costituire parte civile al processo contro chi l’ha ucciso. «Abbiamo assistito con sgomento al barbaro assassinio del nostro coetaneo ed amico Paolo La Rosa amato e ben voluto da tutti noi – si legge nella lettera, che ha già ricevuto più di 100 adesioni – La notte del 24 febbraio è stato vigliaccamente accerchiato e aggredito da un gruppo di nostri coetanei che lo ha accoltellato più volte con la chiara e deliberata intenzione di ucciderlo. Alcuni di noi, increduli, come nel peggiore copione di un film lo hanno visto trascinarsi morente e a nulla sono valsi i soccorsi. Tutti coloro che lo hanno visto in quelle condizioni si sono immediatamente resi conto della gravità delle ferite che gli erano state inferte dagli assassini. Usiamo la parola assassini al plurale perché, nonostante soltanto la mano di uno abbia impugnato il coltello, attorno a Paolo c’era un vero e proprio gruppo di persone inferocite, fuori di sé, tutte impegnate a togliergli la vita». Il documento è stato consegnato all’avvocato Paolo Grillo che, insieme ai laureati in Giurisprudenza Gaspare Sassano e Marianna Biondo, presenteranno la richiesta di costituzione di parte civile.
«Vogliamo adesso riflettere tutti insieme, ciascuno a proprio modo e secondo le proprie convinzioni laiche o religiose: questo gesto così crudele ed insensato esprime la più assoluta mancanza di considerazione per il valore della vita propria ed altrui – si legge ancora nella lettera – Chi era presente a quell’aggressione ha dimostrato di non avere riflettuto nemmeno per un istante sul fatto che Paolo La Rosa desiderava vivere e, con la giovane età che ci accomuna, costruirsi un futuro. Sarebbe diventato marito e padre? Avrebbe avuto una sua famiglia? Fra qualche anno avrebbe ricordato con noi i momenti spensierati della gioventù? Tutte queste domande non avranno mai una risposta grazie al vile gesto di qualche vigliacco sconsiderato. Quello che è certo è che gli assassini di Paolo La Rosa non hanno accoltellato soltanto lui ma tutti noi, aprendo nelle nostre piccole comunità cittadine una ferita destinata a non rimarginarsi mai. Episodi del genere non meritano molte parole né devono ispirare sentimenti di vendetta: in questo momento così tragico desideriamo tutti esprimere ancora una volta il nostro cordoglio e pensiamo sia giusto fare fronte comune affinché la violenza sia confinata fuori dal perimetro delle nostre comunità».
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