Chi fa PSE fa per tre!

da Fabio Cannizzaro,
del Coordinamento politico del Partito Socialista dei Siciliani
riceviamo e volentieri pubblichiamo

La posizione espressa dal compagno Sergio Cofferati, ex-leader della CGIL ed eurodeputato del Partito Democratico, con la quale chiede, tra le altre cose, anche l’adesione del Pd al Partito Socialista Europeo (PSE) ha in parte smosso il quadro politico.

Cofferati con questa sua “sortita” ha il pregio, innegabile, di porre, senza eufemismi, uno dei problemi fondamentali che oggi, si sia o no del Pd, blocca, di fatto, il quadro politico generale, a Roma come altrove.

Saranno i democratici parte del Socialismo Europeo? L’interrogativo ha una valenza, ideale, programmatica quanto, squisitamente e innegabilmente, politico-elettorale. Cosa vogliono essere e rappresentare i Democratici?

Con tutta evidenza, Sergio Cofferati prende posizione e pone al centro della sua riflessione l’evidente, patente antinomia che caratterizza, sin dalla fondazione, il Pd. Partito dalle tante, troppe “anime” che, ad oggi, pur aderendo al Parlamento Europeo al gruppo “S&D” non fa parte, però, del PSE, cioè, non fa parte dell’organizzazione di rappresentanza politica del Socialismo in Europa.

Ciò appare ancor più strano se si pensa, che in questi giorni, Enrico Letta, premier espressione del Pd, ha partecipato alla cena con i leader del PSE, in Germania, a Lipsia. E’ evidente che le profonde diversità, contraddizioni fino ad oggi, ricondotte ed imbrigliate, in seno al Pd, in vista delle prossime elezioni per il rinnovo della deputazione europea, che si svolgeranno il 22-25 maggio 2014, inducono le diverse “sensibilità” del Pd a tentare un redde rationem.

Del resto in tal senso, verosimilmente, premono i diversi partiti del PSE europeo, che vogliono e possono pretendere chiarezza. Particolare è poi la posizione del PSI di Nencini, che è ad oggi l’unico referente “ufficiale” del PSE in Italia e che prova, proponendosi come “anfitrione”, d’un lato ad accreditarsi come il gruppo che potrebbe traghettare il Pd e forse SEL nel Socialismo europeo, dall’altro a ricercare il vantaggio, contingente e concreto, di risolvere, in tal modo, la questione stessa del ruolo e dell’esistenza del PSI, attraverso la creazione di un nuovo Rassemblement laico riformista e progressista in cui, casomai, stemperarsi.

La situazione è oggettivamente complicata. Gli unici che non mostrano né frastornamenti, né titubanze sono i militanti e le militanti socialiste di base che oggi operano sui territori, attraverso una rete, composita quanto vitale, di associazioni, gruppi, movimenti e anche partiti.

Per questi socialisti che una volta si sarebbero definiti “militanti di base”, la scelta di essere e proporsi come socialisti, prescinde dai tatticismi interni al Pd e anche da quelli della dirigenza del PSI nenciniano. Molti, i più tra costoro, pensano, apertis verbis, che sarebbe bene che il Pd facesse la scelta a favore dell’entrata nel PSE, come appunto auspicato da Cofferati, e da parte della sinistra interna dei democratici.

Costoro, tuttavia, non attendono passivamente, la scelta della dirigenza Pd e sin da ora , in modi e forme, viva via più articolate, come del resto sta facendo , in Sicilia, il Partito Socialista dei Siciliani ( N.d.R. creato nello scorso maggio) sono in via d’organizzazione occasioni di discussione e contraddittorio per determinare, da socialisti, un confronto diffuso e orizzontale, con il mondo della sinistra e del progressismo sociale, per pensare e preparare eventualmente una mobilitazione politica, dei e nei Territori in nome dei comuni valori imprescrittibili.

Che sono, poi, quei “valori” di recente ripresi, contestualizzati e varati, a Sofia, come “Programma fondamentale” del PSE.

Un programma questo, altro, alternativo rispetto al neoliberismo fallimentare e parolaio che, per anni, è stato l’unico “orizzonte” di riferimento per tanti, troppi. Un “progetto” quello del PSE che pone al centro temi come occupazione, sviluppo, lavoro e che vedrà nel 2014 candidato, alla guida della Commissione europea, Martin Schulz.

Stavolta, dunque, in Sicilia, in Italia, potrebbero essere la base, i territori, a dettare l’Agenda ai paludati, leader romani del socialismo, del progressismo e della sinistra.

 


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