Centrosinistra a confronto: da Amministrative a Regionali Primarie, programmi e perimetro prima di definire i nomi

«Il perimetro è una linea storta, spezzata, dritta, ognuno se lo gestisce come vuole». Parola di Claudio Fava, intervenuto nel dibattito a proposito delle imminenti elezioni Amministrative e Regionali su Radio Fantastica Rmb durante la trasmissione Direttora d’aria. Un dibattito che, per quanto concerne il centrosinistra, verte sempre più spesso sul concetto di perimetro: sui confini di una coalizione ampia, che andrà a sfidare il centrodestra per accaparrarsi il sindaco di Palermo, il presidente della Regione e per ben figurare negli oltre cento Comuni siciliani chiamati al voto nel 2022

«Il dibattito tra i partiti è normale, come è normale che ci siano persone che la pensano in modo diverso – spiega il segretario dei Partito democratico Anthony Barbagallo, intervistato insieme a diversi leader del campo largo nel corso della stessa trasmissione – Ci sono colloqui informali e formali quasi quotidiani. E certamente gli scossoni sulle elezioni del presidente della Repubblica pesano e l’interlocuzione un po’ si rallenta. Questo fine settimana o lunedì prossimo avremo un incontro risolutivo per fissare l’asse programmatico su Palermo perché, al di là delle persone e dei nomi, gli accordi si fanno sui programmi. Il perimetro a sinistra è chiaro, al centro stiamo vedendo. Con le forze che sono al governo oggi l’ultimatum però è scaduto da un pezzo».

E tra i buoni propositi che animano le varie entità della coalizione c’è di sicuro quello di svecchiare la classe dirigente, soprattutto a livello regionale. «Non è la Regione dei settantenni che stiamo vedendo oggi, che è quella di Miccichè, di Musumeci, i protagonisti hanno abbondantemente raggiunto l’età pensionabile e sarebbe l’ora che raggiungessero la pensione anche politica – prosegue Barbagallo – Abbiamo l’ambizione di raccontare una storia diversa, con una nuova classe dirigente». Parole a cui fanno eco quelle di un po’ tutti i protagonisti della stagione elettorale del centrosinistra, inclusi i due deputati regionali del Movimento 5 stelle Nuccio Di Paola e Luigi Sunseri, entrambi disponibili a correre per la carica di presidente della Regione.

«Credo che neanche nel centrodestra ci sia una visione unitaria e un progetto comune, vedo molta confusione – dice Sunseri – Da questa parte, invece, si sta provando a cercare un obiettivo che possa essere comune sia dal punto di vista programmatico che sul candidato sindaco. Non siamo in largo anticipo, ma credo ci siano tutti i tempi per intavolare un bel percorso per Palermo e per tutte le altre Amministrative della regione». E in questo senso in casa pentastellata pesa l’assenza di un coordinatore regionale, promesso dall’ex premier e ora leader a cinque stelle Giuseppe Conte, ma ancora lontano dall’essere nominato. 

«Il coordinatore regionale aiuterebbe e oggettivamente siamo in riardo – dice ancora il deputato termitano – Ci si aspettava da parte di Conte una decisione già nel mese scorso che purtroppo non è ancora arrivata, abbiamo trovato come alternativa quella di fare partecipare tutti i portavoce del territorio, che in questo momento hanno la titolarità del simbolo e possono parlare a nome del Movimento». E a chi parla di divisione all’interno del Movimento, Sunseri risponde chiarendo che si tratta di «normale dialettica interna politica. Non ci sono state delle candidature così palesi, su Palermo abbiamo dato la disponibilità del nostro deputato regionale Gianpiero Trizzino, ma è evidente che in un percorso condiviso le scelte vanno prese insieme e questo dovremmo riuscire a fare. Credo che la cosa più importante in questo momento sia trovare la voglia, il desiderio e il programma per lavorare insieme». 

D’accordo anche l’altro potenziale contendente alla poltrona di Musumeci, Di Paola, che non si dice preoccupato riguardo ai ritardi nella scelta dei candidati e punta forte sulla coesione e sulla presenza sul territorio: «Il gruppo più forte è quello che va nel territorio a parlare in maniera concreata di tematiche coinvolgendo tutta la società». Il vero punto di divisione in casa pentastellata restano comunque le primarie. Metodo di scelta del candidato che non va particolarmente a genio allo stesso Di Paola. «A me non sono mai piaciute le primarie stile anni ’90, con i gazebo e un euro per andare a votare – spiega – Tutto va concertato assieme come coalizione, anche la squadra. Secondo me oggi se ci si deve approcciare per costruire un percorso nuovo, innovativo, progressista, si deve parlare di qualcosa di completamente diverso. Di certo non coinvolgiamo se i nominativi e i programmi vengono fatti attorno a un tavolo a cui siedono poche persone o solo dirigenti di partito. Alla fine deve vincere la squadra. Visto quello che arriverà con i fondi del Pnrr a governare la Sicilia, Palermo o qualunque altro Comune, ci deve essere una squadra, non un singolo solista, perché abbiamo visto che i solisti hanno fatto solo ed esclusivamente danno».

Le primarie, che pure non dispiacciono al Pd, con Barbagallo che è stato anche piuttosto chiaro nel dire che «Se non c’è una condivisione larga su un nome, il Pd è la casa delle primarie», come anche a Luigi Sunseri, sono tuttavia viste come condizione quasi necessaria da Claudio Fava, la cui permanenza in coalizione potrebbe proprio dipendere da questo. «Vedo molta melina, molto tatticismo, poca concretezza – dice il leader dei Cento Passi – Se la volontà è quella di rimettere la questione nelle mani dei salottini romani non c’è la mia disponibilità. La candidatura per le regionali per il ruolo di presidente della Regione Siciliana si decide in Sicilia e di fronte a più candidati. L’idea che ci possa essere un’alternativa alle primarie, con un conciliabolo palermitano, romano, napoletano o berlinese che decide chi è degno o chi non è degno è un ragionamento che fa a cazzotti con la storia, con il consenso e con la reciproca dignità. Le primarie credo siano l’unico modo, quello più civile e anche più efficace, perché investe la comunità. Se poi qualcuno non se la sente non si candida alle primarie, non c’è una prescrizione medica che lo impone a ogni costo. Il mio nome è sul tavolo da sette otto mese, raccoglierà la disponibilità di tutte le altre forze politiche a sostenerlo, qualora questa disponibilità non ci fosse, presentino un candidato e ci misuriamo alle primarie».

Fava che ha una sua idea anche sulla definizione del famoso perimetro, da aprire non tanto verso il centro, ma verso «pezzi di società siciliana che hanno pieno titolo per entrare nella selezione del candidato per la presidenza alla Regione. La storia della Sicilia non la fanno soltanto i segretari dei partiti, la fanno anche associazioni, gruppi, cittadini, che in questi anni sulla tutela dei diritti sono stati a volte anche più efficaci della politica. Occorre coinvolgere il più possibile tutti coloro che rappresentano presenza, costanza, lavoro, impegno, altrimenti andiamo a costruire un’altra sonora sconfitta e io, onestamente, non ci sto».


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