Nel giorno in cui Catania si sveglia davvero senza un sindaco – non più perché sospeso e sostituito da un facente funzioni – ma perché dimissionario, sulla città resta pendente la pesantissima spada di Damocle di rischiare un nuovo dissesto finanziario. L’ipotesi è ancora di là da venire, ma è anche vero che se l’orizzonte politico vede l’imminente – la Regione avrà tre settimane di tempo per farlo – commissariamento della guida di Palazzo degli elefanti, dal punto di vista strettamente amministrativo le sorti dell’ente rischiano di risultare nuovamente segnate. Lo spauracchio si accompagna al mancato adeguamento della Tari e la conseguente impossibilità di presentare il piano economico finanziario con poste tali da garantire l’equilibrio delle casse comunali. Anche ieri il senato cittadino ha scelto di soprassedere di fronte agli appelli giunti nei giorni scorsi dall’assessore al Bilancio Roberto Bonaccorsi.
Dopo il rinvio della seduta di mercoledì, ieri in aula il raggiungimento del numero legale è apparso un miraggio sin dal primo momento. Al momento della chiama erano nove i presenti, compreso il presidente Giuseppe Castiglione. Gli altri – Lanfranco Zappalà, Giuseppe Gelsomino, Antonino Penna, Paola Parisi, Gaetano Russo, Santi Bosco, Luca Sangiorgio, Maria Grazia Rotella – non sono stati sufficienti per potere avviare il confronto sul tema più delicato di questi mesi: la necessità di aumentare del 18 per cento il tributo per la raccolta dei rifiuti. Il numero minimo per aprire i lavori sarebbe stato di 15. Ufficialmente – Testo unico degli enti locali alla mano – i termini scadranno domenica, con la possibilità di scollinare appena ad agosto nel caso di una nuova seduta oggetto di rinvio. Cambierà qualcosa? Difficile dirlo.
Il partito di chi ritiene pressoché impossibile fare digerire un rincaro di tale portata in un momento in cui l’intero capoluogo, dal centro alle periferie, versa in piena emergenza igienico-sanitaria è trasversale e consapevole anche di trovare ampio consenso in diverse fasce della popolazione. Dal canto suo, Bonaccorsi a più riprese ha ricordato come il mancato adeguamento della Tari rischierebbe di «rendere vani quattro anni di duro lavoro per correggere i conti del Comune e segnare in maniera indelebile il futuro di Catania». Lo stesso futuro che sarà contrassegnato da una nuova campagna elettorale. Al voto, fissato per la prossima primavera, si arriverà dopo oltre otto mesi di commissariamento ed è naturale immaginare che chi dovrà prepararsi alla campagna elettorale, tanto tra i ranghi dell’attuale maggioranza quanto dell’opposizione, voglia presentarsi ai cittadini senza la necessità di trovare le parole giuste per spiegare l’aumento di un tributo che, a oggi, non è servito a garantire la pulizia della città.
Ieri mattina, intanto, quando ancora le dimissioni di Pogliese non erano state protocollate ma l’ufficialità era comunque nell’aria, l’assessore ai Rifiuti Andrea Barresi ha incontrato Daniela Baglieri l’omologa della giunta Musumeci. Sul tavolo, la richiesta al governo regionale di un aiuto economico per sostenere i maggiori conferimenti dei rifiuti nei siti di smaltimento. All’origine degli aumenti, infatti, ci sono i prezzi schizzati in alto per portare la spazzatura indifferenziata nell’impianto di trattamento meccanico-biologico di Sicula Trasporti e da lì nelle discariche dentro e fuori l’isola. La soluzione potrebbe trovarsi nei 45 milioni di euro che la Regione ha deciso di sfruttare per andare incontro alle richieste dei Comuni. Sulla modalità con cui il tesoretto dovrà essere usato c’è però ancora da lavorare: se da un lato Catania vede in esso un salvagente fondamentale, dall’altro c’è la platea di Comuni che fin qui sono stati più virtuosi nello sviluppo della differenziata e che vorrebbero riconosciuti gli sforzi fatti. Nella consapevolezza che, per loro, i problemi con i conferimenti a Sicula di questi mesi sono dipesi soprattutto dalla mole ancora enorme di spazzatura che ogni giorno parte da Catania per incolonnarsi fuori l’impianto di Lentini.
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