Nel cuore rurale del sud del Senegal, nella regione di Sédhiou, una delle aree più povere e isolate del Paese, è nato un centro per il contrasto alla malnutrizione infantile, guidato dall’associazione Balouo Salo. Il presidente è l’ingegnere catanese Raoul Vecchio, che con la sua organizzazione è attivo dal 2012, in questa regione, tra le […]
Da Catania al Senegal: un centro per la malnutrizione infantile. «La dignità non ha confini geografici»
Nel cuore rurale del sud del Senegal, nella regione di Sédhiou, una delle aree più povere e isolate del Paese, è nato un centro per il contrasto alla malnutrizione infantile, guidato dall’associazione Balouo Salo. Il presidente è l’ingegnere catanese Raoul Vecchio, che con la sua organizzazione è attivo dal 2012, in questa regione, tra le più trascurate dagli aiuti internazionali.
«Qui ci sono i tassi di malnutrizione e mortalità più alti del Paese» racconta Vecchio, che vive in Senegal sei mesi l’anno ed è stato adottato dalla famiglia del co-fondatore locale dell’associazione, Jali Diebate. «Le distanze dagli ospedali raggiungono i 70 chilometri, i trasporti non sono accessibili e spesso ci si affida alla medicina tradizionale o alla sorte».
Un progetto nato dal basso: l’associazione Balouo Salo
Balouo Salo opera con un principio chiaro: nessuna dipendenza dagli aiuti esterni. L’associazione non riceve fondi da governi o programmi di cooperazione, ma vive esclusivamente di donazioni private e coinvolgimento diretto della comunità locale.
«I nostri progetti partono dal basso – precisa ancora Vecchio a MeridioNews -. Formiamo le persone dei villaggi, costruiamo insieme a loro, decidiamo insieme a loro. Non portiamo grandi gruppi di volontari dall’Europa. Preferiamo rafforzare le risorse locali, creare competenze, autonomia, resilienza».
Il centro contro la malnutrizione infantile è l’ultimo di una lunga serie di interventi già realizzati: sistemi idrici con acqua potabile gratuita, infrastrutture comunitarie, progetti culturali e sanitari. L’obiettivo è sempre lo stesso, cioè creare opere di alta qualità e allo stesso tempo processi di emancipazione.

Il cantiere della dignità: 900 donne al lavoro
Uno degli elementi più sorprendenti del progetto è stato il ruolo delle donne. Durante la costruzione delle fondazioni del centro, infatti, quasi 900 donne dei villaggi limitrofi hanno partecipato ai lavori.
«È qualcosa di estremamente raro – sottolinea il presidente di Balouo Salo – perché qui il cantiere è considerato un lavoro maschile. Ma il progetto è diventato appunto uno strumento di emancipazione, quindi la partecipazione femminile ha cambiato dinamiche sociali radicate». Accanto alla comunità hanno lavorato anche i capi villaggio, i leader religiosi, gli artigiani locali. L’intera struttura sociale è coinvolta.
Tecnologie avanzate in un contesto remoto
Uno degli aspetti distintivi dell’associazione è l’uso di tecniche costruttive sostenibili e innovative, normalmente impiegate in contesti urbani o ad alto livello tecnico. Per il centro di nutrizione, ad esempio, si utilizza la terra compattata (rammed earth), una tecnica diffusa negli Stati Uniti e in Giappone ma quasi assente in Senegal.
«Abbiamo voluto portare qui il meglio che esiste altrove – spiega Raoul Vecchio -. Perché la dignità non ha confini geografici. Non esiste un basso livello per i progetti destinati ai Paesi poveri». Altri interventi dell’associazione includono un centro culturale e museo delle tradizioni, realizzato con la tecnologia Earthbags (sacchi riempiti di terra) e diverse case dell’acqua con impianti di depurazione avanzati, diventate anche luoghi di incontro sociale.
Un modello possibile
«Un anziano del villaggio ha scelto il nome della nostra associazione che rappresenta l’idea fondante di unire comunità lontane per creare vita, riscatto e autonomia. Il nome dell’associazione Balouo Salo, infatti, significa il ponte della sopravvivenza. Oggi abbiamo bisogno di riscoprire il valore autentico della solidarietà – sostiene il catanese -. Per capirci davvero non basta guardare da lontano. Bisogna entrare nei problemi, ascoltare, condividere. Siamo tutti responsabili del mondo in cui viviamo».
«Il progetto di Balouo Salo, divenuto nel tempo un esempio di cooperazione etica e partecipata, dimostra che lo sviluppo sostenibile non nasce dall’alto, ma dalla capacità di una comunità di auto-determinarsi con gli strumenti giusti – conclude infine Raoul Vecchio -. E in uno dei luoghi più poveri del Senegal, tra villaggi rurali e strade di terra rossa, sta prendendo forma un centro che potrà salvare centinaia di bambini. Ma soprattutto, sta crescendo una comunità che costruisce il proprio futuro con le proprie mani».