Dopo le critiche degli scorsi giorni che tacciavano l'evento di eccessiva eccentricità, si è svolta come prevista l'annuale parata dell'orgoglio Lgbt, in contemporanea ad altre città italiane. Parola d'ordine: queer. Insolito come possono esserlo tutti. Nel finale, sul palco, l'appello delle associazioni a sostegno delle persone omosessuali sieropositive per una corretta prevenzione e per una vita senza pregudizi. Discorsi accompagnati dall'incoraggiamento del neo-sindaco e due promesse. Guarda le foto e il video
Catania Pride 2013, tra nudità e coming out Bianco: «La città vi è grata per tutto questo»
«E’ una donna, sicuro. Aspetta, forse… No, è una donna. Ah, è un uomo». Quando a passare è una bionda fasciata in un abitino fucsia, a togliere ogni dubbio serve la fascia di Miss Trans Sud America. Ma i complimenti, anche quest’anno, sono tutti per Morgana Gargiulo, la trans più nota della Sicilia. Insieme a loro – tra abiti succinti, micro-travestimenti da pirata, costumi scenografici e ordinari jeans e maglietta – ci sono decine di uomini e donne. Tutti riuniti per l’edizione 2013 del Catania Pride, la festa dell’orgoglio omosessuale e transessuale. O più semplicemente queer. «Chi li chiama pagliacci non sa che questi ragazzi hanno dato il culo, scusate l’espressione, per organizzare tutto questo – commenta Giovanni Caloggero, presidente di Arcigay Catania – A Carnevale ci si traveste, qui ci si sveste. Siamo noi con i nostri corpi, i nostri desideri». E la nudità diffusa – specie da lato b – è forse il segno distintivo di questa edizione del Pride, insieme al tema scelto – l’Hiv – e la presenza finale sul palco del sindaco etneo Enzo Bianco.
L’onda si snoda, colorata e rumorosa come sempre, da piazza Cavour a piazza Teatro Massimo. Sul camioncino che diffonde la musica si avvicendano i ballerini, in un’atmosfera che si avvicina sempre più a una Rio de Janeiro casalinga. Ai lati della strada, sui marciapiedi, i catanesi si fermano a guardare. C’è chi sorride e fa foto con il cellulare, chi scuote la testa perplesso o visibilmente infastidito, ma nessuno è capace di distogliere lo sguardo. C’è anche chi, come un ignaro ciclista in via Etnea, viene giocosamente assalito da un gruppo di trans e si presta a un set di foto finto-spinte. L’obiettivo dei fotografi vaga alla ricerca di un bacio omosessuale – sempre esibito a favore di camera -, di un seno fuori da un costume, di un personaggio più eccentrico della media. Ma a divertirsi di più è chi si confonde tra la folla, agitando una bandiera di Arcigay, facendo andare al ritmo del vento un grande telo arcobaleno, ballando e abbracciando chiunque gli capiti a tiro.
All’arrivo davanti al teatro Bellini, sul palco montato per l’occasione, si avvicendano al microfono organizzatori e ospiti. Tra i ringraziamenti di rito e gli inviti per la prossima edizione, a colpire il pubblico è la testimonianza di Sandro Mattioli, presidente dell’associazione Plus che si occupa di sostegno alle persone Lgbt sieropositive. «Sono Sandro – comincia a dire con fatica – Sono gay e sono sieropositivo». La folla si scioglie in un applauso per un doppio coming out che rende la vita di ogni giorno più difficile, spiega Mattioli. Che si rivolge ai giovani: «Ragazzi, state attenti, anche io pensavo che a me non sarebbe mai successo. E invece m’è toccato. State attenti e non discriminate».
«La città di Catania vi è grata per la decisione di dedicare il Pride al tema della sieropositività», rilancia il primo cittadino Bianco, che ha accettato l’invito a partecipare. Accolto sul palco da un’ovazione, fa due promesse: «Come principale carica sanitaria della città solleciterò tutte le Usl affinché affrontino il tema con ragione e conoscenza e non secondo pregiudizio – dice, dedicando un pensiero alla scienziata Margherita Hack, scomparsa ieri – E poi annuncio che, tra i primi provvedimenti del nuovo consiglio comunale, ci sarà un regolamento per istituire a Catania un registro delle unioni civili. Per tutti». Il pubblico si scioglie in un nuovo lungo applauso, compreso di provocazione: «Bianco, mettiti i tacchi a spillo!», urla una ragazza. «E perché dovrebbe? – ci pensa Giovanni Caloggero a soccorrere il sindaco – Sono scomodi, non li metto nemmeno io che sono un finocchio…».