Catania, Lino Leanza verso Stancanelli

di Colonna del Cielo

All’ombra dell’Etna sono in corso grandi rimescolamenti di carte in vista delle elezioni comunali che dovranno portare all’elezione del Sindaco. Lo schema ormai è delineato: più con le cattive che con le buone, il centrosinistra ha optato per il non-rinnovamento con Enzo Bianco. Il centrodestra dovrebbe riproporre il primo cittadini uscente, Raffaele Stancanelli. Mentre l’unica novità dovrebbe essere rappresnetata dai grillini, che dovrebbero presentare un proprio candidato

A parte la sorpresa del Movimento 5 Stelle – comunque difficile in una città come Catania, dove poteri e potentati contano tantissimo (basti pensare al Piano regolatore bloccato da decenni dai titolari di robuste rendite di posizione) – la partita dovrebbe passare tra Bianco e Stancanelli. Chi vincerà?

L’ago della bilancio sembra essere Lino Leanza, uno degli ultimi cervelli pensanti della politica siciliana. Di origini democristiane, è uno dei pochi ex Dc ad essere regolarmente sfuggito alle ‘grinfie’ del ras della politica scudocrociata-forzitaliota di questa provincia: Giuseppe Firrarello.

Con Firrarello, scuola andreottiana-siciliana ‘Doc’, Lino Leanza è legato da un rapporto di amore odio: da persone intelligenti si attraggono. Per poi respingersi, perché Firrarello (che anche se non più senatore eletto lo sempre di fatto e continua ad essere uno dei leader del centrodestra siciliano) tende per sua natura ad essere ‘tentacolare’.

In queste settimane, a quanto si racconta, Firrarello e Leanza sarebbero, se non in sintonia, almeno in fase di dialogo.
Leanza, che qualche anno fa è stato tra i primi a capire che l’allora presidente della Regione, Raffaele Lombardo, sarebbe scomparso dalla scena politica isolana, ha provato a fare un ‘giro’ nell’Udc di Giampiero D’Alia, lasciando in largo anticipo sugli eventi successivi il Movimento per l’autonomia.

Galvanizzato dai risultati delle elezioni regionali, D’Alia ha pensato bene di giocarsi la Sicilia sull’altare delle ultime elezioni politiche nazionali, andando dietro a Casini che andava dietro a Mario Monti, che andava dietro alle banche.

Il risultato è che Casini e D’Alia sono andati a sbattere con tutta l’Udc. Con il Partito che ormai, anche in Sicilia, gli frana da tutte le parti, D’Alia ha stretto il cordone al collo a tutti, facendo scappare di qua e di là la gente.

Marco Forzese, altro politico catanese in crescita, è in fase di ripensamento. Mentre Leanza sembra ormai distinto e distante dal centrosinistra siciliano alla guida divun Governo regionale che, a settembre, dovrebbe avere mezza Sicilia in piazza, non per la ‘Rivoluzione’ sognata dal presidente Rosario Crocetta, ma per una ‘Rivoluzione’ sociale che si annuncia contro Crocetta e ccontro una Regione ‘fallita’ politicamente prima che finanziariamente.
La verità è che, nonostante la recentissima sentenza di condanna di Berlusconi – o forse proprio per questa, sussurrano i maligni – il centrodestra, in Italia, è in fase di ricomposizione. Il Pd non è in grado di garantire alcunché, meno che mai un blocco sociale per governare l’Italia.

In Sicilia la ricomposizione del centrodestra è in atto. Raffaele Lombardo e Gianfranco Miccichè – che alla fine sono quelli che hanno fatto eleggere Rosario Crocetta alla presidenza della Regione – sono ormai in disarmo. Non possono più combinare altri danni.

In questo scenario Lino Leanza non potrà che provare a ritagliarsi uno spazio nel centrodestra. A partire, naturalmente, da Catania, che è, alla fine, è la sua provincia e il suo bacino elettorale.

E il centrosinistra? Aveva un bel candidato a Sindaco: Giuseppe Beretta. Ma la solita nomenklatura del Pd ha optato, come già ricordato, per Enzo Bianco, già Sindaco negli anni ’80 e ’90 del secolo passato che proverà per la settima o ottava volta a farsi rieleggere primo cittadino.

Per spianare la candidatura a Bianco, il Pd ha nominato Beretta sottosegretario. Per levarlo di torno a Bianco. Insomma, si rimane ‘commossi’ nel vedere come un Partito, il Pd, faccia le umane e le divine cose per non cambiare nulla e presentare sempre le stesse facce.

L’unica speranza di cambiamento è rappresentata dal Movimento 5 Stelle. Che in Sicilia sta lavorando molto bene. A parte il caso di Antonio Venturino, il grillino vice presidente dell’Ars che ha gestito malissimo i propri problemi personali, questa formazione politica ha fatto, fino ad oggi, cose egregie: all’Arse e fuori dall’Ars.

Sono in prima fila nelle grandi battaglie sociali della Sicilia di oggi, dalla lotta contro il Muos di Niscemi alla battaglia contro le follie di Terna nella Valle del Mela, in provincia di Messina. Le cose migliori della legge Finanziaria non sono frutto del Governo Crocetta – che è un disastro anche su questo fronte – ma del gruppo parlamentare all’Ars dei grillini. Saranno in grado, i seguaci di Beppe Grillo, a provare a una candidatura a Catania?

La sommessa, l’abbiamo già accennato, è difficilissima. Tanto innamorata del Teatro, di prosa e lirico, Catania, quando va al voto, diventa più realista del re, anzi, dei “Vicere” del grande Federico De Roberto.

Chissà, magari Grillo ci potrebbe provare. Magari trasferendosi a Catania per una bella settimana. I catanesi, giocherelloni impenitenti, lo ricolmerebbero di sorrisi. Tra via Etnea e via Mario Rapisardi Grillo non sfigurerebbe. Persino a vie delle Finanze lo acclamerebbero…

Però quando i catanesi entrano nella cabina elettorale non ci può nulla: né Brancati, né Pirandello, né Bellini: solo il solito fatalismo di Giovanni Verga e i realismo critico dell’altrettanto solito De Roberto…

 


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