La città etnea sta per entrare nel vivo della campagna elettorale per le elezioni del nuovo sindaco. Il nostro esperto di comunicazione politica ha stilato una piccola guida in cinque punti con i consigli per chi vuole tentare (con successo) di sedersi sulla poltrona più ambita di palazzo degli Elefanti. Dalle coalizioni ai media, passando per social network e stereotipi mafiosi
Catania, le regole per la campagna elettorale Quello che l’aspirante sindaco deve sapere
Catania si appresta a vivere lennesima campagna elettorale per decidere il primo cittadino della città. Dopo i primi fuochi, soprattutto nel centrosinistra, che hanno portato alla ribalta i nomi di Giuseppe Berretta, Maurizio Caserta e di Enzo Bianco come candidati a sindaco, la corsa alle primarie sta diventando il tema centrale nel dibattito politico catanese. Soprattutto dopo le primarie nel centrosinistra nazionale e il dibattito sulla figura di Matteo Renzi, credo sia utile chiarire alcuni punti per i candidati sindaco del capoluogo etneo:
1. La comunicazione politica non è tutto. È vero, è importante e sicuramente centrale per il buon esito di una competizione elettorale ma non può diventare il perno su cui far ruotare la propria campagna. Dall’avvento di Berlusconi per arrivare proprio a Renzi, sembra essere diventata unossessione per alcuni politici, studiosi e commentatori del dibattito politico. Soprattutto di sinistra che, figli di un approccio abbastanza complesso verso la materia di studio, vedono in una comunicazione politica persuasiva (o nel buon uso degli strumenti di marketing politico, chiamatelo volete) qualcosa di diabolico e apocalittico. Forse, sarebbe meglio abbandonare alcuni pregiudizi da ago ipodermico e poi valutarne concretamente i benefici.
2. Lapparato politico conta, nonostante tutto. Il secondo punto si riallaccia al primo. Si può fare la miglior comunicazione del mondo ma se Bianco, Berretta, Caserta o uno dei futuri candidati del centrodestra avrà dalla sua lapparato politico non ci sarà partita per le primarie di coalizione (sempre se si faranno). Cè poco da fare. I numeri, soprattutto al Sud dove il voto è meno libero da un punto di vista ideologico, si conquistano con gli accordi in seno al partito. Il collegio politico, composto dalle segreterie, dai leader nazionali di partito e da quelle poche persone che hanno il potere decisionale sulle candidature, insieme al collegio degli influenti (associazioni e gruppi organizzati), influisce più di un forte sostegno dal basso. Si potrebbe dire che le primarie possono scardinare questo sistema. Chiedetelo a Renzi e poi ne riparliamo.
3. I media siciliani, opportunità o piaga? Se il collegio politico è fondamentale per una vittoria almeno alle primarie, nondimeno lo è quello dei media. Va bene, si dirà che siamo in una sorta di monopolio imperfetto ma tant’è e con questo bisogna fare i conti e cercare di coglierne il massimo in termini di visibilità e immagine. Catania chiaramente è una piazza delicata in questo senso perché è la sede del gruppo mediatico più potente di Sicilia ma un candidato che si rispetti deve far valere la propria agenda cercando un rapporto chiaro e preciso con gli attori della comunicazione multimediale. Sia in termini di immagine che di notorietà.
4. Cè tempo per una campagna elettorale sui social network. Anche questo aspetto si ricollega ai recenti avvenimenti politici. E i risultati li abbiamo visti. Ora, vi prego, non cominciamo con le solite storie sull’importanza dei social network, sulla loro influenza sugli elettori, sugli hashtag, i video esilaranti, se Berretta ha più fan di Bianco o se Caserta ha più follower di entrambi. LItalia, peggio ancora il Sud, ha dimostrato di non essere ancora pronta per fare un vero salto in avanti dal punto di vista tecnologico seppur qualche piccolo sforzo si sta facendo per migliorare le stato delle cose. Certo, fanno parte di una strategia comunicativa nel suo insieme ed è giusto che sia così ormai. Ma bisogna anche fare i conti con la realtà: la Sicilia ha un grosso gap dal punto di vista delle infrastrutture, la politica siciliana (salvo qualche eccezione) ancora deve capire come si accende un computer, molti preferiscono affidarsi ai parenti smanettoni anziché fare un investimento serio con dei professionisti della comunicazione, la stragrande maggioranza degli utenti di Facebook (giusto per citare il social network più usato in Italia) preferisce condividere gattini, videoclip, foto con la fungia davanti allo specchio e robe del genere.
Lo so, ora tanti storceranno il naso perché non si riconosceranno in questa categorizzazione. Ma quei tanti sono gli utenti politicamente attivi per un motivo o per un altro. In numeri? Forse, in termini percentuali, li contiamo sulle dita di una mano. Ok, su quelle di due mani.
5. Chi vince è un mafioso. Un altro mito da sfatare, un altro cornice di significato da distruggere. Se la Sicilia, e Catania nel particolare, vuole davvero compiere un passo avanti dal punto di vista culturale, deve mettere in soffitta questo pregiudizio. Ci hanno tentato, o forse ancora ci provano e ci proveranno, a inquadrare Crocetta come uomo con la coppola e la lupara ma il neo presidente della Regione Siciliana, fino a prova contraria, non le manda a dire. Cadere nelle solite accuse di voto di scambio, di infiltrazioni mafiose e di altre malefatte del genere darebbe lassist mediatico per riproporre i soliti cliché meridionali.
Laugurio è proprio quello di partecipare a una campagna elettorale lontana dai soliti schemi, dalle solite frasi stereotipate dei candidati. Lauspicio è quello di trovare un elettorato attento e consapevole che spinga i candidati a mettere al centro del dibattito politico i propri bisogni e desideri. Come direbbe George Lakoff meglio non pensare all’elefante, anzi, o Liotru.