La gara contro il Brescia, terminata con un pareggio, è stata segnata dalle manifestazioni dei tifosi. Bersaglio dei cori la gestione societaria che ha portato la squadra a un punto dai play-out per scongiurare la retrocessione e alle dimissioni, 24 ore fa, del tecnico Sannino
Catania, contestazione fuori dallo stadio Curva deserta, in settemila aderiscono alla protesta
Davanti all’ingresso della curva Nord, di fronte allo striscione «O con noi o contro di noi!», già mezzora prima che Catania-Brescia avesse inizio, le mani dei tifosi rossazzurri battevano a ritmo di contestazione. Erano circa seicento, di tutti i settori, ultras e non. Contati i presenti sugli spalti, valutata la media spettatori nelle gare interne, all’appello di rimanere fuori dal Massimino hanno aderito approssimativamente in settemila. Le immagini che ritraggono la curva Nord deserta e i restanti settori (fa eccezione la tribuna A) visibilmente spopolati, raccontano la portata del malcontento verso la gestione societaria che, in due anni, ha portato la squadra dall’ottavo posto in A a essere distante un punto dal rischiare i play-out per scongiurare la C.
Alcuni tifosi decidono di entrare, spesso disapprovando il modo più che il fine della protesta. Sono i sostenitori dello «stare fuori non serve a niente, meglio tifare o contestare ma dagli spalti». Le ragioni opposte sono quelle con cui uno dei più seicento decisi a restare fuori prova a convincere uno dei meno di seicento che alla fine entrerà dentro: «Considera un tuo amico con cui hai diviso gli scorsi otto anni di vita. All’improvviso, due anni fa, cambia. Promette quel che non mantiene. Si fa negare quando lo cerchi. Preferisce alla tua compagnia quella di facce note e poco raccomandabili con le quali tu non vorresti avere nulla a che fare. Allora gli chiedi di scegliere, tra te e loro. Lui sceglie loro. Che fai per fargli capire la tua importanza, gli vai appresso o gli fai sentire la mancanza?».
Definiti gli schieramenti tra chi fuori e chi dentro, nel reciproco rispetto delle scelte, all’esterno del Massimino inizia la contestazione. Principale bersaglio, il presidente: «Pulvirenti ci ha tradito». L’accusa, alla richiesta di schierarsi con i sostenitori, l’aver preferito quei nomi a cui i tifosi rimproverano gli errori commessi dalla società e le difficoltà attraversate dalla squadra: l’amministratore delegato Pablo Cosentino (beccato con «Vattene a casa» ripetuti) e il preparatore atletico Giampiero Ventrone. Manca all’appello dei cori contro la famiglia Moggi, sostituita nella playlist dall’interesse per l’ex-neo allenatore, Maurizio Pellegrino (che ha da meno di 24 ore sostituito Sannino) al quale viene rinfacciato di essere «burattino». Nessun coro a sostegno del pur stimato Sannino.
Al termine della partita, la beffa del 2-2 vale i cori di scherno della piazza verso gli spettatori appena usciti dallo stadio. Il clima rimane comunque nei ranghi della civile protesta. Il congedo dalla folla recita così: «Questo è solo il primo passo».