Il militare stava per compiere 27 anni quando, il 16 agosto '99, viene ritrovato morto vicino a una torretta della caserma Gamerra. La vicenda è archiviata come un incidente o tutt'al più un suicidio. Poi una commissione d'inchiesta ha riportato alla luce la storia
Caso Scieri, arrestato ex commilitone del parà siracusano Ipotesi nonnismo, procura di Pisa indaga altre due persone
Svolta nel caso della morte di Emanuele Scieri, il parà siracusano 26enne trovato morto all’indomani di Ferragosto del 1999 all’interno della caserma Gamerra di Pisa. Una persona – all’epoca dei fatti ex commilitone di Scieri – è stato arrestato con l’accusa di concorso in omicidio. Per l’uomo sono stati disposti i domiciliari. Altre due persone risulterebbero indagate.
Il giallo è tornato al centro della cronaca, dopo che l’ex parlamentare siracusana Sofia Amoddio nel corso della scorsa legislatura ha spinto affinché la politica si occupasse di una vicenda i cui contorni per quasi vent’anni sono rimasti foschi, nonostante l’archiviazione dell’accaduto come un incidente seguito a una presunta prova di forza che Scieri avrebbe sostenuto volontariamente. Per fare luce su ciò che accadde la sera del 13 agosto 1999 – il decesso del giovane risaliva a tre giorni prima – è stata istituita una commissione d’inchiesta parlamentare, con oltre cinquanta sedute e settantasei audizioni. Colloqui e raffronti che via via hanno fatto emergere il dubbio del nonnismo. Ipotesi negata dai superiori del 26enne ma che la procura di Pisa l’anno scorso ha deciso di verificare, riaprendo le indagini.
Tra i principali elementi che mettono in crisi la versione ufficiale ci sono i rilievi fatti dai periti tecnici partendo dalle immagini scattate il giorno del ritrovamento. Fotografie che non mostrerebbero gli effetti di una caduta accidentale, specialmente per quanto concerne la posizione di una scarpa ferma a distanza dal corpo e una ferita sospetta sul dorso di un piede. A ciò si aggiunge quanto accaduto nelle ore precedenti la morte: Scieri, intorno alle 20.30, chiama casa. Una telefonata come tante, poi a un amico dice che avrebbe fumato una sigaretta e fatto un’altra chiamata, per poi rientrare in caserma. Da quel momento nessuno ha più avuto notizie del 26enne, fino al ritrovamento del cadavere.