Caso Saguto, la giudice si difende e contrattacca «Tanti mi segnalavano amministratori da nominare»

«La verità è che io ho dato la vita per la magistratura, sapendo di rischiare, e non avendo la minima paura di perderla. L’ho messo in conto. A mio giudizio mi sono fatta un’assicurazione sulla vita con questo processo». È una difesa a spada tratta quella di Silvana Saguto, ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, sul banco degli imputati davanti al tribunale di Caltanissetta nel processo in cui è protagonista, accusata di irregolarità nella gestione dell’ufficio di cui era a capo. «Certo è che Massimo Ciancimino, nelle intercettazioni del processo Brancato – aggiunge – in un processo che vede condannati tutti i correi, dice ‘A quella la dobbiamo fare saltare dalla sezione’ e poi aggiunge ‘Cappellano tanto prima o poi Sergio Dileri lo ammazza e io dico a Ingroia che gli faccio sostituire Cappellano con Dara’. Questo è agli atti del processo Brancato e l’ho mandato a Pignatone per competenza, essendo fatti che riguardavano Pescara e la competenza era della Dda di Roma. Lì sono stati condannati, qui sono stata denunciata io. Ma qui si dava molto credito a Massimo Ciancimino».  

«Non pensavo – conclude – di dovermi difendere davanti a un collegio, ma non ho mai voluto parlare con altri se non di fronte a un tribunale. Ho letto gli atti e ho voluto parlare solo con voi. Mi darete atto che non ho rilasciato altre dichiarazioni e nemmeno rilasciato interviste». La giudice dunque passa all’attacco, rivendica la sua vocazione per il ruolo che ha ricoperto citando Falcone, Borsellino e Chinnici come suoi maestri, raccontando di come la sua vita sia cambiata dopo le stragi del ’92 e ripercorrendo le tappe della sua carriera rivendicando i successi: «Da quando sono tornata alla sezione Misure di prevenzione al tribunale di Palermo c’è stato un aumento del 400 per cento delle misure. Non lo dico io, ma il ministero: noi amministravamo il 45 per cento delle misure di prevenzione di tutta Italia». 

Poi, dopo la difesa, l’attacco, con una prova tirata fuori quasi a sorpresa. «L’altra sera – racconta – ho ritrovato per caso l’agenda in cui mettevo i biglietti che ricevevo ogni giorno. Mi venivano segnalati gli amministratori giudiziari da nominare. Anche da parte di colleghi magistrati, nomi di persone da nominare come amministratori giudiziari. Consegnerò l’agenda al Tribunale. Ma c’erano anche avvocati che mi facevano segnalazioni. Io chiedevo soltanto che fossero persone qualificate, di fiducia». E nel mirino di Saguto finisce anche il giornalista Pino Maniaci, che ha a lungo segnalato delle ombre all’interno della sezione di cui Saguto era presidente: «Maniaci? È una persona di cui non avevo considerazione – dice rispondendo a domande del suo difensore, l’avvocato Ninni Reina – era uno che andava alla ricerca di piccoli scandali, ma forse fu sottovalutato il potere mediatico che hanno questi soggetti. Sono andati appresso alle sue farneticazioni».

E su Cappellano Seminara, ritenuto tra gli elementi di vertice del sistema che si sarebbe creato attorno alla giudice: «Non ho mai ricevuto somme di denaro dall’avvocato Gaetano Cappellano Seminara. È vero che il 30 giugno 2015, intorno alle 22, è salito a casa mia, ma soltanto per farmi firmare delle carte perché c’era un’urgenza legata al nostro lavoro. È stato rimarcato il fatto che era venuto con un trolley, ma francamente per 20mila euro non serve un trolley…» spiega.  «Gaetano Cappellano Seminara era il più quotato – prosegue – perché, al di là delle sue doti, all’interno del suo studio aveva figure professionali come ingegneri, contabili, architetti e agronomi. Sapeva anche gestire diversi tipi di situazioni, come nel caso di un’impresa che impiegava 430 portuali, comprese persone che avevano familiari vicini a famiglie mafiose. Cappellano certamente non si azzuffava con i portuali, ma nemmeno li faceva comandare. Era anche bravo a trovare le commesse – aggiunge – perché se le navi non attraccavano a Palermo questi non lavoravano. C’erano anche i sindacalisti con cui parlare, che arrivavano sempre dopo che i mafiosi uscivano dalle aziende, mai prima». Poi la smentita: «Posso dire che con Cappellano Seminara non sono mai andata a cena. Siamo anche diventati amici e mi sfogavo con lui, ma sempre in ufficio. Non era solito farmi dei regali, come ad esempio il cancelliere che per la festa della donna ci faceva trovare i fiori. Una volta sono andata a una festa per il suo compleanno e un regalo l’ho fatto io, ma lui non è mai venuto a mie feste di compleanno perché lo festeggio il 24 luglio, quindi fuori dai periodi lavorativi. L’unico che ho festeggiato seriamente – ha ricordato – era quello dei 60 anni e non c’era Cappellano». 


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