Caso Maniaci, oggi si decide sul rinvio a giudizio «Io voglio il processo, altrimenti resto nel limbo»

«Il rinvio a giudizio lo faranno. Dopo questa ondata di merda come farebbero a giustificare una decisione diversa? È il finale più scontato». A dirlo è Pino Maniaci, il direttore di Telejato indagato per estorsione ai danni di Gioacchino De Luca e Giocchino Polizzi, rispettivamente sindaco ed ex assessore comunale di Borgetto, e di Salvatore Lo Biundo, primo cittadino di Partinico. Questa mattina si terrà l’udienza preliminare di fronte alla giudice Gabriella Natale per decidere se andare a processo o meno. Ma il giornalista appare piuttosto sereno. «I miei avvocati chiederanno di entrare in possesso dello stralcio del mio procedimento rispetto ai presunti mafiosi borgettani – dice Maniaci – Che cazzo c’ho a che fare io con questi?». Se lo chiede dal 4 maggio dello scorso anno, Maniaci. Da quando in piena notte i carabinieri di Partinico hanno bussato alla sua porta per notificargli il divieto di dimora nelle province di Palermo e Trapani. Da quando ha scoperto di essere finito nel vortice dell’operazione denominata Kelevra, insieme ad altri dodici personaggi accusati di appartenere a Cosa nostra. Gli stessi individui contro i quali, più volte, aveva puntato il dito dal bancone del suo tg. «I miei peccati sono descritti in 250 pagine, mentre per gli altri dodici ne sono bastate circa 200, significa 20 paginette per ognuno – continua – Quasi quasi inizio a pensare che questi siano in galera per colpa mia», ironizza.

Il primo allontanamento forzato nei confronti del cronista viene sospeso e invalidato a maggio dal Tribunale del Riesame per via di un errore nella notifica dell’udienza in cui si sarebbe dovuta discutere la misura. Ma i pm impegnati nel caso, Roberto TartagliaAnnamaria PicozziFracesco Del Bene Amelia Luise, impugnano un’altra parte della decisione del gip che aveva respinto parzialmente la richiesta di allontanarlo dalle due province: il Riesame accoglie l’appello, ritenendo corretta la contestazione al capo 14 a Maniaci, cioè l’ipotesi di estorsione all’ex assessore di Borgetto. Secondo gli inquirenti, infatti, il giornalista lo avrebbe costretto ad acquistare uno stock di magliette, in cambio di una linea più morbida da parte della televisione di Partinico nei confronti delle istituzioni locali. A questo punto i due difensori di Maniaci, gli avvocati Antonio Ingroia e Bartolo Parrino, si rivolgono alla Cassazione per ottenere l’annullamento della decisione. Ma la Suprema Corte decide di disporre nuovamente la misura del divieto di dimora. Misura sulla quale successivamente si esprime anche un secondo giudice, Nicola Aiello, dopo aver nuovamente sottoposto a interrogatorio Maniaci, che al contrario ritiene non ci siano i presupposti per applicare il divieto. Maniaci quindi resta a Partinico.

«Dentro lo stralcio sul quale vogliamo delucidazioni – prosegue il direttore di Telejato – ci sono anche le querele per diffamazione fatte dalla triade che da sempre ce l’ha con me. Non posso, anche in questo caso, non chiedermi cosa c’entra tutto questo con l’operazione Kelevra». Maniaci allude all’azione legale mossa nei suoi confronti dal giornalista Michele Giuliano, che lo ha querelato dopo aver dichiarato che i suoi cani li aveva probabilmente uccisi il cronista stesso per avere notorietà. A questa si aggiungono anche le querele del pittore Gaetano Porcasi e di Nunzio Quatrosi, che Maniaci definisce «uno pseudogiornalista, in realtà dipendente comunale». «La cosa mi dà da pensare», continua. Secondo lui tutto questo sarebbe finito dentro al fascicolo dell’operazione per far in modo che, per un’accusa o per un’altra, lui ne uscisse comunque fuori con una condanna sulle spalle. «Il contenitore deve essere pieno in modo che una condanna da qua, da là o da un altro lato tu la devi prendere. Che sia per estorsione o diffamazione non gliene frega niente a nessuno, l’importante è venire condannato». Maniaci resta comunque tranquillo, e anzi si augura che la vicenda giudiziaria non si chiuda oggi.

«Sono io che voglio il processo. Se non mi rinviano a giudizio io resto nel limbo, nella merda, la gente non capirà. Ma se invece mi rinviano a giudizio al processo io vado a smontare tutte quelle che sono le accuse della Procura». Sono molti, insomma, i punti chiave della vicenda che il direttore di Telejato vorrebbe spiegare a gran voce: dalle richieste delle somme di denaro a quello dello stock di magliette. Vorrebbe, soprattutto, un confronto con i tanti personaggi che nei mesi hanno sostenuto le accuse nei suoi confronti. In particolare Lo Biundo, che già a maggio avrebbe dichiarato pubblicamente in un consiglio comunale aperto di non aver mai subito alcuna estorsione da Maniaci, né di aver ricevuto pressioni. «Oggi mi ritroverò, fra gli altri, insieme a quel Nicola Salto che io tempo fa ho denunciato perché dentro a una farmacia di Borgetto mi aveva detto di comprare due metri di corda e impiccarmi. Ma è stato assolto e oggi saremo insieme».


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