Le bandiere di Cgil, Cisl e Uil, stamattina, sventolavano in piazza Risorgimento, dove lo scorso venerdì Salvatore La Fata si è dato fuoco dopo un controllo della polizia municipale. I sindacalisti hanno annunciato un sit-in per il 26 settembre: «Le istituzioni devono dare lavoro e dignità», dicono. E Claudio Longo, segretario generale Fillea, annuncia un'indagine indipendente per capire la dinamica del tentato suicidio
Caso La Fata, i sindacati scendono in piazza «Necessario avviare subito cantieri pubblici»
Stamattina, in piazza Risorgimento, accanto alla coperta coi bordi bruciati in cui è stato avvolto Salvatore La Fata dopo essersi dato fuoco, c’erano le bandiere delle sigle sindacali. Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil, uniti, si sono dati appuntamento nel luogo in cui, lo scorso venerdì, l’ex operaio edile si è cosparso il corpo di benzina e ha appiccato le fiamme ai suoi vestiti, dopo che alcuni uomini della polizia municipale avevano minacciato di sequestrargli la merce che teneva in vendita su un banchetto abusivo. Olive, cipolle e poco altro, per un totale di venti euro di prodotti. Ed è proprio su quel marciapiede annerito che quest’oggi i sindacalisti hanno annunciato le loro prossime iniziative. La prima è un sit-in di protesta, che si terrà nella stessa piazza Risorgimento, venerdì 26 settembre, alle 17. La seconda sono delle indagini autonome sulla dinamica della vicenda che ha coinvolto La Fata, che mirano a chiarire se effettivamente ci sia stata istigazione da parte delle forze dell’ordine, come sostenuto da alcuni testimoni.
«Questa piazza per noi è diventata un simbolo, perché un lavoratore di Catania si è dato fuoco qui, preso dalla disperazione, tentando di dare in quel modo così pericoloso una risposta alla sua condizione di disoccupato. Ma la risposta la devono dare le istituzioni, devono dare lavoro e dignità», dichiara Francesco De Martino, segretario di Feneal Uil Catania. «Le istituzioni locali scaricano le responsabilità sulla burocrazia e rinviano le opere pubbliche che potrebbero dare non solo servizi alla città, ma anche impiego ai cittadini». Cioè a quei 12mila lavoratori edili che erano iscritti alla cassa edile e che, dal 2008 a oggi, sono stati licenziati. «Gli attivi erano 22mila, ne abbiamo persi circa il 60 per cento», prosegue il rappresentante sindacale. Chi ha perso il lavoro ha fatto ricorso agli ammortizzatori sociali, con conseguente disastrose per i conti dell’ente previdenziale di riferimento: «Prima c’erano 180milioni, adesso ne sono rimasti solo 80», denuncia l’uomo.
E Nunzio Turrisi, segretario generale di Filca Cisl Catania, rincara la dose: «Il settore dell’edilizia è in ginocchio, sebbene rappresenti circa il 12 per cento del prodotto interno lordo della provincia etnea». La richiesta è «che gli enti che hanno la possibilità di spendere tirino fuori dai cassetti i progetti già finanziati e cantierabili». Per domandarlo, il 31 gennaio 2014, i sindacati degli edili si erano dati appuntamento davanti alla prefettura. Tra i lavoratori scesi in strada, nove mesi fa, c’era anche Salvatore La Fata, iscritto alla Fillea Cgil. «Quello che ha fatto Salvatore è una tragedia, e le tragedie in questa città si stanno sommando prosegue Turrisi Si rischia veramente la tenuta sociale di Catania». Secondo il segretario di Filca, i soldi ci sono: «Sono arrivati quelli per riqualificare Librino e il palazzo di cemento, l’iter per corso dei Martiri è concluso, il Pua è stato così tanto annunciato ma ancora non se ne conoscono i termini, la ferrovia Circumetnea, la metropolitana… Ci sono tantissime opere che non partono, per responsabilità di chi?».
In tema di responsabilità interviene Claudio Longo, segretario generale di Fillea Cgil: «Stiamo cercando di capire di chi sia la colpa per quello che è successo a Salvo dice Stiamo sentendo dei testimoni e raccogliendo i racconti di persone attendibili, se riusciremo ad avere tutto il materiale che ci servirà, presenteremo un esposto in procura». «Con Salvo non c’è solo un rapporto tra sindacalista e iscritto conclude Longo Siamo anche amici, e noi non intendiamo fare passi indietro in questa storia».