Un tratto di costa che potrebbe essere un sogno per abitanti e turisti. Ma che nella realtà dei fatti è un susseguirsi di rovine. Il lungomare fantasma Cristoforo Colombo che a Carini costeggia l’autostrada A29 non è che una grigia passerella di case fatiscenti e accartocciate su se stesse. A fare da contrasto sparute villette, ristrutturate, colorate e abitante. Interruzioni piuttosto rare in un paesaggio di distruzione in cui «la buona volontà non basta», spiega il sindaco Giovì Monteleone.
«Molte sono state costruite prima del ’76 per cui alcune sono in regola mentre per altre si aspetta il visto della Soprintendenza – spiega il sindaco -. Ci sono una serie di problematiche però: c’è chi ha impugnato le ordinanze al Tar e chi, dallo stesso tribunale amministrativo, ha ricevuto la sospensiva; mentre altre sono semplicemente nate dopo. Il nostro sistema ha tollerato l’abusivismo per tanto tempo, a questo aggiungiamo una giustizia molto lenta, un mix per cui alcune case rimangono in piedi ancora oggi. Per non parlare di quei casi in cui il tribunale stranamente dà ragione ai proprietari e nel frattempo le villette sono sempre lì, fatiscenti». In quadro del genere l’amministrazione comunale fa quel che può, adottando per esempio misure particolari per evitare che i camionisti usino le rovine per andare a scaricare illegalmente del materiale edile.
«Al momento c’è una situazione brutta e incontrollabile. Le difficoltà sono tante e diverse. Demoliamo qualche villino con i pochi soldi che abbiamo in bilancio, qualcuno invece provvede da solo. Ci vuole molta pazienza», ribadisce il primo cittadino. «Il potenziale c’è – torna a dire a proposito del lungomare Cristoforo Colombo -, però credo che dall’esterno sia troppo facile pensare che le cose si possono fare in un attimo, non basta la volontà di un sindaco che si metta lì con la pala meccanica ad abbattere tutto, se bastasse mi metterei io stesso alla guida».
«E poi – aggiunge – ci sono anche alcuni aspetti della Soprintendenza assurdi: alcuni villini abusivi costruiti fra il ’63 e il ’72 che godono di una discrezionalità che per altri edifici similari invece non c’è». Insomma, a sentire il sindaco Monteleone sono parecchie le circostanze che limitano, anzi, impediscono ad oggi un immediato risanamento di un potenziale gioiello paesaggistico. «Veniamo da 50 anni di distruzione, e adesso ci si accorge che si sono perse molte occasioni». Lungo lo stesso tratto, con vista sul mare, si trova anche una lapide commemorativa costruita nel 2011 in ricordo dell’agente Nino Agostino ucciso dalla mafia nel 1989 insieme alla moglie Ida, per la quale però non esiste alcuno slargo in cui poter posteggiare l’auto.
Di alcune case non resta che lo scheletro e i rifiuti che adesso hanno sostituito il mobilio di un tempo; di altre non resta neppure quello, solo uno spettro appena accennato su un terreno delimitato da un recinto distrutto. Altre ancora sono proprio a ridosso del mare e sembrano pronte per sbriciolarsi con l’erosione di ogni onda: «Per queste c’è un’evidente pericolosità – spiega il sindaco -, ci dicono che dobbiamo metterle in sicurezza, una cosa che però ci costerebbe molto più che demolirle, questo non è giusto. Mi spiace dirlo, ma spesso la giustizia è cieca e in questi tre anni da sindaco ho trovato tanta frustrazione, derivata da chi si trova dietro certe scrivanie e non capisce quando fa dei provvedimenti cosa effettivamente sta facendo, cioè non conosce il vero stato della situazione».
Secondo Monteleone servirebbero «dei provvedimenti molto più drastici». Soprattutto, «se si vuole davvero bloccare l’abusivismo quando si fa un’ordinanza si devono avere subito i mezzi per abbattere gli edifici perché c’è l’esecuzione in un anno, poi la gente non paga, perché dovrebbe mettere i soldi il Comune e poi la gente restituirli, ma il 90 per cento circa non restituisce nulla. È un discorso molto complesso, ma sostanzialmente non c’è volontà politica di eliminare l’abusivismo. Cerchiamo di tenere testa, però onestamente devo dire che ancora la strada è molto lunga – continua il sindaco di Carini -. Questa battaglia si vince se concorriamo tutti, non si può pensare che si possano spiare tutti con delle telecamere, non possiamo mica fare il Grande Fratello. Purtroppo c’è ancora il muro dell’omertà, perché se per esempio la gente denunciasse chi sporca, la situazione cambierebbe drasticamente. Ci vuole una rivoluzione mentale e culturale. Noi non molliamo, facciamo tutto quello che possiamo e spero che l’impegno non sia solo quello di poche persone».
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