Cannabis terapeutica, l’appello di pazienti e medici «Rivedere legge, serve tavolo tecnico in assessorato»

«Mia madre, da due anni vittima di demenza, è stata devastata dai farmaci, costretta a letto come un vegetale. Grazie alla cannabis ora la notte dorme, non urla più, si alza, mangia da sola e interagisce con noi. Per me, questi ultimi otto mesi sono stati un lento ritorno alla normalità. Oggi però mi domando come starebbe se avessimo iniziato la cura subito», racconta un familiare. Sono preoccupati i parenti e i pazienti, affetti da patologie come la fribromialgia, il parkinson e l’epilessia farmaco resistente, che seguono una terapia a base di cannabinoidi, alle prese con tanti interrogativi ancora irrisolti. Da un lato la difficile reperibilità della materia prima, dall’altra il costo eccessivo che a Palermo come nell’Isola ricade interamente sulle famiglie, nonostante la recente legge nazionale – il decreto legge 148 approvato lo scorso anno – istituisca fondi specifici a carico del sistema sanitario nazionale. Un gap che investe solo alcune regioni in Italia, tra cui la Sicilia, per un singolare meccanismo, come spiega la responsabile dell’unità operativa di terapia del dolore del Buccheri La Ferla Monica Sapio.

«Le norme nazionali che regolano la prescrizione della cannabis prevedono la rimborsabilità a carico del servizio sanitario nazionale, con fondi dedicati. Lo stesso prevede la nostra legge regionale. In Sicilia, tuttavia, la legge del 2014 fa ricadere l’onere sulle farmacie ospedaliere che, in assenza di fondi propri, spalmano i costi sulle unità operative dei medici prescrittori ospedalieri che, a loro volta, hanno budget risicatissimi. Con il risultato che nessun ospedale (ad eccezione di Ragusa) eroga direttamente i farmaci, e il costo ricade interamente sui pazienti. Se consideriamo che attualmente seguo 180 malati, con una spesa media di circa quattromila euro l’anno, si tratta di cifre notevoli». 

Alcune regioni, come l’Emilia Romagna, si sono già adoperate per consentire ai pazienti la distribuzione delle medicine a carico del sistema regionale sanitario. È sufficiente andare in farmacia con una semplice ricetta del proprio medico curante, o dello specialista, e la compilazione di un piano terapeutico, come per altri farmaci. In Sicilia, invece, i pazienti pagano di tasca propria. Per questo motivo chiedono da tempo un tavolo di confronto con la Regione. L’obiettivo: rivedere le modalità attuative della delibera della Regione siciliana – del 26 marzo del 2014 in materia di erogazione dei medicinali e preparati galenici a base di cannabinoidi, che prevede «l’inizio del trattamento in ospedali con spesa e responsabilità per l’acquisto dei medicinali a carico della stessa struttura». Il paziente può poi proseguire il trattamento in ambito domiciliare, sulla base della prescrizione del medico che lo ha in cura, e anche in questo caso «la spesa rimane a carico della struttura ospedaliera». Così, in tutta la Sicilia solo pochissimi pazienti ottengono i cannabinoidi gratuitamente. Nell’Isola la norma va rivista anche perché rischia di produrre altri cortocircuiti. Come nel caso della ricognizione che il ministero compie annualmente per stimare il fabbisogno di cannabis.

L’assessorato alla Salute ha interpellato le Asp che, per i motivi già esposti, non erogano farmaci. «Per il 2018 il ministro ha avviato una ricognizione – spiega Sapio – e gli assessorati a loro volta hanno inviato una richiesta alle unità operative, ospedali a farmacie ospedaliere che secondo la legge regionale erogano il farmaco. Legge però che non è mai diventata operativa, se si esclude Ragusa. Non dubito che gli uffici stiano lavorando, ma sono riusciti a ricavare dati reali? Per tutte queste ragioni, servirebbe un tavolo tecnico per superare le criticità di questa legge».

Temi affrontati ieri nel corso di un incontro a cui ha preso parte anche il sottosegretario alla Salute Davide Faraone che, seppur dimissionario – il 4 marzo si vota per il rinnovo di Camera e Senato – ha promesso nei prossimi giorni di verificare a che punto è il lavoro dell’Istituto superiore della Sanità per il riconoscimento della fibromialgia e il suo inserimento nei Lea (Livelli Essenziali di Assistenza). In Sicilia sembra essere prossimo al riconoscimento della fibromialgia, grazie a una risoluzione presentata all’Ars nel 2017 e in attesa di essere discussa in Aula. Sul fronte regionale, Faraone ha promesso di farsi promotore di un incontro in assessorato alla Salute per affrontare i nodi relativi alla questione dell’erogazione dei farmaci a base di cannabinoidi.  


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Da un lato la difficile reperibilità della materia prima, dall’altra il costo che ricade interamente sulle famiglie. «Nessun ospedale, ad eccezione di Ragusa, eroga direttamente i farmaci» spiega Monica Sapio, del Buccheri La Ferla. «Soltanto io seguo 180 malati e per loro la spesa media si aggira intorno a quattromila euro l'anno»

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