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Cannabis illegale spacciata per light in un distributore Colonnello: «Indagini per capire se è fenomeno diffuso»
Nella prima fila della pulsantiera di un distributore automatico, davanti all’ingresso di un cannabis shop in Corso delle Province, ci sono quattro scomparti, ognuno con un valore economico diverso: da dieci, venti, trenta e sessanta euro. Tutti con una scritta sopra che sembra indicare il quantitativo in grammi della confezione oggetto della vendita: rispettivamente 1G, 2G, 3G. «Solo nelle prime due trovi erba legale», spiega un capanello di ragazzi formatosi proprio davanti a quello che dovrebbe essere un dispensatore automatico di cannabis light. Ovvero le infiorescenze di canapa con un valore di Thc (il principio attivo della cannabis) inferiore allo 0,3 per cento. «Ma – continuano i giovani – quelle da dieci e da venti euro sono legali, quelle da trenta e da sessanta euro no».
A distanza di una settimana da quando MeridioNews, grazie alle segnalazioni dei cittadini, ha deciso di seguire la notizia, le luci del negozio sembrano spente e le vetrate coperte da teli che impediscono di guardare all’interno della bottega. Nel frattempo, il Nas dei carabinieri di Catania ha concluso l’operazione denominata Cannabis automatica, che ha portato all’arresto in flagranza del gestore dell’esercizio commerciale «che – si legge nel comunicato diramato dai carabinieri – aveva utilizzato la propria attività per spacciare indisturbato vere e proprie dosi di sostanze stupefacenti, simulando la vendita di prodotti per fumatori attraverso un distributore automatico istallato all’esterno del negozio». La vendita avveniva «solo nei confronti di fiduciari clienti – sottolineano i militari – mediante un ingegnoso stratagemma». Le dosi di marijuana erano sistemate in specifiche confezioni, ed esposte in precisi scomparti del distributore automatico, «determinando così un’effettiva e continuata attività di spaccio». All’esercizio commerciale, però, non sono stati apposti sigilli.
«Centinaia di dosi – spiega a MeridioNews il tenente colonello dei carabinieri Salvatore Calabrese – contenevano livelli di Thc notevolmente superiori a quelli previsti dalla normativa per la commercializzazione della cannabis light». La vicenda, dietro la quale potrebbe nascondersi un fenomeno più sistematico, è da tempo sotto la lente di ingrandimento delle forze dell’ordine. «Non mi sento di affermare che si tratti un caso isolato – dice Calabrese – ma neanche di parlare un fenomeno generalizzato. Stiamo conducendo delle indagini in centro città e anche in provincia». Anche per quanto riguarda le origini della sostanza i carabinieri non lasciano trapelare nulla. «Stiamo ancora verificando se il soggetto era in possesso di sostanza coltivata da lui – prosegue Calabrese – o se si riforniva da un giro clandestino. In ogni caso – conclude – tutte le sostanze psicotrope sono sostanze stupefacenti perché in questa materia la giurisprudenza non è definita».
Di parere contrario Antonella Soldo, referente nazionale di Megliolegale.it, la campagna pubblica che mira alla legalizzazione della cannabis e la decriminalizzazione dell’uso delle altre sostanze stupefacenti. «Se fosse vero – commenta a MeridioNews – questo signore non avrebbe fatto altro che unirsi davanti agli occhi di tutti a un’attività illegale che l’Italia ha deciso di lasciare alle mafie per ragioni soprattutto ideologiche». Per Soldo, in un paese che ha già «almeno sei milioni di consumatori di cannabis», la strada del proibizionismo non è più praticabile. «L’unico effetto del proibizionismo è creare e incrementare fenomeni di illegalità – prosegue – Non è vero che in Italia si fa la guerra alla droga, ma solo una propaganda proibizionista che mira a punire il consumatore piuttosto che lo spacciatore: è più facile – conclude – mandare una pattuglia in un negozio di cannabis light invece che perseguire i veri narcotrafficanti».