Per Giuseppe Pecoraro, il benzinaio della zona che confessò di aver agito in preda alla gelosia, è stata respinta la richiesta di sospensione del processo da parte dei suoi legali
Bruciò un clochard davanti i Cappuccini L’uomo è stato condannato all’ergastolo
A poco più di un anno dalla tragedia arriva la condanna. Era il marzo del 2017 quando Palermo fu sconvolta dall’omicidio di Marcello Cimino, il barbone che stazionava spesso davanti il ricovero di una missione vicina al cimitero dei Cappuccini. L’uomo venne bruciato vivo, nel suo giaciglio di fortuna mentre dormiva. Adesso il gup di Palermo ha condannato all’ergastolo Giuseppe Pecoraro, il benzinaio della zona che è stato accusato dell’orrendo gesto.
I legali dell’imputato, gli avvocati Carolina Varchi e Brigida Alaimo, avevano chiesto la sospensione del processo per accertare la capacità di stare in giudizio di Pecoraro che, secondo le due penaliste, non avrebbe avuto la lucidità per affrontare coscientemente il processo. L’istanza, a cui si erano opposti la procura e il difensore dei familiari della vittima che si sono costituiti parti civile, è stata respinta.
Arrestato dalla polizia poche ore dopo il delitto grazie alle riprese di una telecamera di videosorveglianza della zona che ha ripreso le fasi del delitto, Pecoraro ha confessato subito, raccontando agli inquirenti di aver ucciso Cimino perché questi insidiava la sua compagna. Secondo i periti nominati dal giudice, l’imputato era capace di intendere e di volere durante l’omicidio. Di segno opposto la relazione tecnica del consulente psichiatrico nominato dai legali dell’imputato.