L'avvocato Repici, che rappresenta Salvatore Borsellino, ha criticato la richiesta di condanna per il falso pentito Scarantino. «La Procura dice che gli agenti sono stati scorretti, termine che vuol dire tutto e niente. Quella scorrettezza è un'illegalità». La replica del procuratore: «Dire "vergogna" ai pm è un eccesso»
Borsellino quater, da domani attesa la sentenza Scontro parti civili-Procura sul ruolo dei poliziotti
I giudici entreranno domani in Camera di consiglio per emettere la sentenza del Borsellino quater, il quarto processo sulla strage di via D’Amelio che vede imputati Salvo Madonia e Vittorio Tutino, che rispondono di strage, Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta e Calogero Pulci, accusati di calunnia. E oggi, a Caltanissetta, è andato in scena un duro botta e risposta tra il procuratore capo Amedeo Bertone e Fabio Repici, il legale di Salvatore Borsellino che è parte civile.
Terreno dello scontro è soprattutto la gestione da parte della polizia del falso pentito Scarantino, che ha ritrattato le sue accuse. Per Repici, Scarantino non va condannato per calunnia, viste le pressioni subite. «La Procura – ha affermato il legale nella sua controreplica – dice che i poliziotti sono stati scorretti, termine che vuol dire tutto e niente. Come dire che sono stati cattivelli. Il punto è un altro. Sono stati commessi reati o no? Analizzando la richiesta di archiviazione sul depistaggio prendo atto che per la Procura non ci sono estremi di reato. Ma voi una risposta dovete darla. Quella scorrettezza è in realtà un’illegalità ed è di una coerenza logica insuperabile».
L’avvocato si è invece detto «convinto che le prove fornite in questo dibattimento dimostrino che ci sia stato, nella strage di via D’Amelio, un intervento esterno a Cosa nostra e agli odierni imputati. Sono persone che devono essere individuate dalla Procura e portate a processo dalla Procura. Ancora però non è arrivato a dircelo un collaboratore di giustizia dagli apparati deviati dello Stato, che, come ci insegna la storia italiana, sono più pericolosi delle organizzazioni criminali. Ogni contestazione, all’assunto dei pubblici ministeri causava in loro la reazione dei cani di Pavlov perché tutto ciò che contrastava con il loro dire era qualcosa di falso, di dolosamente falso. In questo processo – ha aggiunto Repici – ho assistito persino alla richiesta, da parte della Procura, di una perizia sulla trascrizione di un’udienza perché era una trascrizione falsa di un’udienza fatta dal povero usuale trascrittore che aveva solo sentito ciò che aveva detto il pm».
Parole a cui ha replicato il procuratore Bertone, difendendo il lavoro dei suoi uffici. «Non riteniamo sia una vergogna chiedere la condanna per calunnia di Salvatore Scarantino, avvocato Repici. E sostenere in un’aula di giustizia che si sia trattato di una vergogna è un eccesso. È stato detto che è un falso sostenere che Scarantino ha parlato solo quando è stato messo con le spalle al muro. Dopo l’ultima ritrattazione Scarantino ha impiegato sei mesi prima di parlare. Riteniamo che ci sia stato un pressing e un comportamento scorretto da parte di alcuni operatori di polizia, ma anche che ci sia stato un interesse di Candura e Scarantino a iniziare una collaborazione. Altra insinuazione gratuita è quella di avere lasciato pendente l’indagine sui poliziotti per il depistaggio e le pressioni a Scarantino, in modo da consentire loro di potere avvalersi della facoltà di non rispondere. Inutile ricordare che sono stati sentiti in aula dopo la chiusura dell’indagine».
Quindi Bertone ha continuato: «In questo processo si è parlato di zoppìa del discorso del pm in relazione all’esame delle fonti di prova, di orticaria nei confronti dell’argomento trattativa e di pensiero malato del pubblico ministero, di amnesie per le vicende del castello Utveggio e in un’aula di giustizia si è parlato di vergogna rivolgendosi al pm; addirittura qualcuno ha detto che tutto questo suscita cattivi pensieri. Sono esternazioni che respingiamo al mittente. Tutto questo sembra davvero ingeneroso nei confronti di quest’ufficio che si è dato carico, senza fanfare, di rivedere tutto il materiale probatorio offerto dalle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza e Fabio Tranchina».
Infine il procuratore di Caltanissetta ha annunciato che le indagini, su alcuni aspetti della strage di via d’Amelio, potrebbero andare avanti. «Ci sono buchi neri, come la vicenda dell’agenda rossa di Paolo Borsellino – ha detto -. Le indicazioni fornite in aula dal colonnello Arcangioli e il contrasto con altre dichiarazioni pongono la necessità di riaffrontare questo tema. Ci sono le prospettive per una ulteriore attività che dovrà essere svolta e verificata». Da domani la Corte d’Assise si riunirà in camera di consiglio per decidere. La Procura ha chiesto ha chiesto l’ergastolo per Salvo Madonia e Vittorio Tutino, in quanto ritenuti responsabili della strage, otto anni e sei mesi per Vincenzo Scarantino e 14 anni per Francesco Andriotta e Calogero Pulci, i tre falsi pentiti accusati di calunnia per le false dichiarazioni rese durante le prime indagini.