A David Melfa l'Eni aveva chiesto un milione di euro di risarcimento per danno di immagine. Un anno anno dopo l'imprenditore vuole piantare un milione di piantine a uso industriale. Col doppio scopo di far rivivere la terra e creare una rete che finisca per fare concorrenza alla petrolchimica. Il Comune e Unict ci credono
Bonificare con la canapa terreni attorno alla Raffineria A Gela i primi passi. «Obiettivo è costruire una filiera»
La Raffineria di Gela gli aveva chiesto un milione di euro di risarcimento per danno d’immagine. A distanza di due anni l’imprenditore David Melfa vuole piantare attorno ai terreni di Eni un milione di piantine di canapa per uso industriale. «È una metafora costruttiva per indicare il mio nuovo approccio – racconta Melfa -. Per me non è cambiato niente se non la metodologia: invece di riversare l’odio, considerando che questa energia negativa ti ritorna addosso come è successo a me, voglio lottare con l’amore. Con la canapa ho trovato un’arma positiva per vincere l’energia negativa che c’è a Gela».
L’imprenditore spiega di aver individuato un terreno «che è nella nostra disponibilità e su quello stiamo elaborando un progetto, perché vogliamo partire dalle bonifiche come hanno fatto a Taranto. Cominciare cioè a circondare l’ecomostro e poi se possibile entrare anche all’interno del perimetro Eni». Melfa aveva infatti proposto al cane a sei zampe, come conciliazione per i numerosi procedimenti in corso, l’utilizzo della canapa industriale per le bonifiche del territorio. Ci sono state risposte? «So che Eni a Priolo sta valutando quest’idea. Stiamo cercando di capire se anche a Gela c’è questa volontà per la riconversione. Se poi Eni valutasse l’idea di alimentare la bioraffineria con la canapa, io sarei il primo a propormi per dare una mano».
Intanto il progetto di coltivarla nei pressi della Raffineria piace molto all’amministrazione comunale di Gela. È in dirittura d’arrivo il protocollo per l’utilizzo di un terreno a Ponte Olivo – proprio di fronte il centro direzionale, di proprietà dell’Esa ma gestito dal Comune- per iniziare a sperimentare le bonifiche attraverso la canapa industriale. Coinvolti appunto il Comune, l’Università di Catania e l’associazione Rete Canapa Sicilia. Anche qui c’è lo zampino di Melfa. «Sto cercando di mettere insieme aziende che già lavorano con la canapa – spiega – quelle che ci vogliono lavorare e soprattutto coloro che vogliono coltivare. Siamo pochi, è chiaro. Punto ad organizzare una fiera della canapa per settembre. Le imprese devono essere siciliane, lo sviluppo dei progetti deve partire da qui». Mentre il Movimento 5 stelle locale ha più volte manifestato serie perplessità sul progetto di Melfa, nonostante la posizione del movimento, a livello nazionale, sia favorevole alla coltivazione della pianta a uso industriale.
Per Melfa quel che è avvenuto e che potrebbe succedere a Gela è una metafora in piccolo di un processo globale. Anche la scelta della canapa come business ecosostenibile su cui puntare non è casuale. «Fino all’avvento petrolchimica era diffusa e ad essa si deve tornare. La petrolchimica è anche un modello di metafora di una civiltà consumista e capitalista, bisogna invece riprendere le energie che ci dà la natura in maniera ecologica, senza buttar nulla». Ha fretta, l’ex avversario di Eni. «Bisogna iniziare subito – dice -. Abbiamo trovato una pianta che dà una buona resa, cresce con irrigazione minima, non vuole pesticidi, se facciamo le filiere ha un mercato internazionale che sta crescendo in tutto il mondo».
È chiaro in ogni caso che bisogna anche affrontare un pregiudizio duro a morire. Quando si dice canapa si pensa subito alla marjiuana. L’imprenditore gelese lo ha scoperto sulla propria pelle con un altro dei suoi progetti, Omega benessere, che mirava alla produzione di cibi e oli naturali a base, anche questi, di canapa. «Se non si sblocca il pregiudizio non possiamo far partire l’industria – conferma l’imprenditore – I nostri problemi sono la disinformazione, il pregiudizio e gli interessi contrari. Ma immaginiamo che tipo di filiera si può sviluppare: a partire dalle bioplastiche alla bioedilizia, al tessile. Ci vorranno quindi tutte le forze possibili. Io mi sto ponendo da apripista».