I quattro principali esponenti del movimento che con numerosi blocchi creò disagi al traffico e all'approvvigionamento di carburante e derrate alimentari sono accusati dalla procura di Catania di aver proseguito la manifestazione nonostante i divieti
Blocco tir, chiesto il giudizio per i leader della protesta Nel 2012 non rispettarono l’ordinanza del questore
Dovranno comparire davanti il giudice per l’udienza preliminare i leader del blocco degli autotrasportatori che nel gennaio 2012 paralizzarono la Sicilia. Mariano Ferro, del movimento dei Forconi, Carmelo Micalizzi presidente della Federazione armatori siciliani, Fabio Micalizzi vertice dell’associazione pescatori marittimi professionali e Giuseppe Richichi presidente dell’associazione imprese autotrasportatori siciliani sono accusati dalla procura di Catania di non aver rispettato un’ordinanza, all’epoca dei fatti emanata dal questore di Catania, che imponeva il divieto di proseguire la protesta. A guidare le indagini, per i presidi organizzati in svariati punti della provincia, è stato il sostituto procuratore Giuseppe Sturiale. Seconda la tesi dell’accusa non erano stati indicati alle autorità i blocchi sulla statale Catania-Gela, quelli nei pressi dello svincolo del Comune di Ramacca, sulla 288 a Castel di Iudica e nella piazza centrale di Scordia. Il divieto di creare intralci alla circolazione sarebbe stato trasgredito al casello autostradale di San Gregorio, agli svincoli di Giarre e Acireale e al porto etneo.
Dopo la notifica della richiesta di rinvio a giudizio, Mariano Ferro si dice «estremamente sereno». Secondo l’agricoltore siracusano, originario di Avola, lo sciopero del 2012 è stato, «premonitore di quello che stava per accadere e che sta accadendo, da quelle giornate ad oggi non siamo andati avanti ma indietro alla grande». Sulla stessa posizione anche Fabio Micalizzi, che nello specifico si adoperò, insieme ad alcune decine di persone, per i blocchi all’ingresso del porto del capoluogo etneo. «Tutte le nostre manifestazioni, spostamenti e scioperi – spiega il sindacalista all’agenzia Ansa – erano state comunicate in tempo utile alla questura e autorizzate, tutte le manifestazioni pacifiche sono state svolte in un clima democratico e senza creare danno alcuno a persone cose».
I blocchi ai caselli autostradali, che avevano portato a pesanti ripercussioni sulle forniture nei supermercati, erano arrivate all’attenzione dell’allora ministra dell’Interno Anna Maria Cancelleri che aveva parlato di «tolleranza zero e adeguate contromosse» nei confronti dei manifestanti. I Forconi erano poi passati dalla protesta alla proposta politica nel giro di alcuni mesi. Mariano Ferro si candidò alla presidenza della regione alle elezioni dell’ottobre 2012 raccogliendo però soltanto l’1,5 per cento delle preferenze. Durante quella campagna elettorale Ferro fu anche denunciato e indagato – poi assolto perché il fatto non costituisce reato – per i disordini scoppiati davanti il teatro Abc. In quell’occasione il rappresentante dei Forconi pretendeva di partecipare al dibattito televisivo in corso all’interno della struttura, con gli altri candidati alla regione.
Collegato ad agricoltori e pescatori c’era poi il movimento Forza d’urto guidato da Giuseppe Richichi. Nel settembre 2014 dopo la chiusura delle indagini il capo degli autotrasportatori aveva parlato di «Contestazioni identiche da una vita. Per i blocchi del 2000 e del 2007 sono stato denunciato e sono finito anche in carcere, ma vedo che tutto quello che avevamo previsto e per cui lottavamo si è avverato: non abbiamo più una continuità territoriale, i nostri prodotti agricoli sono fuori mercato e i camionisti non sanno come attraversare Messina dopo il blocco del sindaco Renato Accorinti. La salute è prioritaria, d’accordo, ma così le merci restano ferme». In quelle travagliate giornate, durante una intervista televisiva, dietro Richichi compariva l’imprenditore del settore Vincenzo Ercolano, arrestato nell’ambito dell’operazione Caronte con l’accusa di associazione mafiosa.