Nella delibera approvata dalla giunta Musumeci si parla di 500 milioni di euro e di 117 Comuni interessati dallo stop deciso con il Milleproroghe. In realtà, le risorse interessate sono la metà e gli enti solo 12. «Si è fatta un po' di confusione», ammette Anci
Bando Periferie, Regione confonde cifre per ricorso «Una svista che non pregiudicherà l’impugnazione»
«La sospensione fino al 2020 del bando di riqualificazione delle periferie comporta a 117 Comuni siciliani un danno economico di circa 500 milioni di euro». La frase è contenuta nel documento con cui l’1 ottobre il governo regionale ha dato mandato al presidente Nello Musumeci di promuovere il ricorso alla Corte costituzionale per lo stop al bando periferie, deciso a luglio dal governo nazionale con il decreto Milleproroghe, poi convertito in legge lo scorso mese.
In realtà però gli enti interessati sono 12 – i Comuni capoluogo più le tre città metropolitane – e l’ammontare dei finanziamenti meno della metà di quello dichiarato, ovvero poco più di 230 milioni. La svista, comunque, non pregiudicherà – come confermato dall’Avvocatura generale – la possibilità per la giunta Musumeci di appellarsi alla Consulta per tentare di riaprire la partita con Roma, dopo che l’esecutivo a guida M5s-Lega ha deciso di differire al 2020 l’erogazione delle somme stabilite, salvo quelle già distribuite con la prima tranche per i primi 24 progetti in graduatoria, tra i quali quello riguardante il Comune di Messina. L’iniziativa del governo nazionale è stata giustificata anche con il pronunciamento della stessa Corte costituzionale che, ad aprile, ha accolto un altro ricorso, presentato dalla Regione Veneto, per il mancato coinvolgimento degli stessi enti territoriale.
«Si tratta di un refuso, privo di alcuna malizia. La rilevanza del tema rimane, così come restano importanti le risorse che la Sicilia perderà», commenta una delle figure più vicine al presidente Musumeci. Con il ricorso, il governo cercherà di fare valere le proprie ragioni, sottolineando come da parte dell’esecutivo nazionale non ci sia stata la volontà di colmare le lacune dell’iter portato avanti dall’allora governo Renzi. «Sarebbe bastato portare il tema nella conferenza Stato-Regioni, chiamando in causa gli enti destinatari delle risorse e correggere quanto andava sistemato. Invece, così non si è fatto altro che trovare un pretesto per rimandare i finanziamenti per le zone più disagiate delle nostre città».
All’origine dell’errore nella redazione della delibera sottoposta a Musumeci e ai propri assessori potrebbe esserci stata l’esistenza di un altro bando destinato alle periferie degradate delle città di medie dimensioni, i cui fondi, previsti dalla legge di stabilità 2015, non sono stati toccati dal Milleproroghe. Lo svarione ha coinvolto anche Anci Sicilia, l’associazione dei Comuni siciliani che, dopo l’approvazione della delibera regionale, aveva annunciato di essere in procinto di predisporre uno schema di risoluzione da presentare al Consiglio delle autonomie locali per impugnare la legge nazionale. «Si è fatta un po’ di confusione», ammette Paolo Amenta del comitato direttivo di Anci.