Di eugenio preta
Autonomia? Non basta. Serve l’indipendenza
di Eugenio Preta
Ancora inebetiti per la grande affluenza di popolo alla manifestazione indipendentista di Barcellona dello scorso 11 settembre, i grandi statalisti siciliani si accapigliano per definire le loro alleanze per le prossime elezioni regionali sempre attenti al loro piccolo orto e – presentando sempre i soliti unionisti nascosti dietro la Triscele, ormai inflazionata dalla ricerca spasmodica di motivi politici per fare breccia nel voto dei cittadini – fanno finta di non accorgersi del grande fiume che sta passando loro accanto lasciandoli addormentati sulla riva. (sotto, un’immagine della Catalogna, foto tratta da iljournal.it)
Infatti i popoli seri si presentano all’appuntamento con la storia: della Scozia, del vento di indipendenza che scuote Galles, Irlanda e Quebec ci siamo rallegrati. La Catalogna ha dimostrato di essere sulla via dell’indipendenza con una manifestazione di oltre due milioni di cittadini. Noi restiamo in attesa di un movimento in Sicilia che possa riuscire a svegliare i dormienti. Aspetta e spera…
E dire che lo Statuto ci permetterebbe di procedere in modo spedito e senza remore. Purtroppo non abbiamo il coraggio della dignità . Ci paghiamo la benzina che mandiamo al Nord, ad esempio, a prezzo decuplicato dalle tasse nordiste che non ci sono mai tornate indietro e, a fronte dei ristorni dovuti, questi italioti ce li fanno pesare come opera di aiuti e assistenza, elargizioni misericordiose per lasciarci galleggiare in questo Mediterraneo.
Ah, il Mediterraneo! A sentirli, questi statisti italici! Eravamo riusciti ad avere un rapporto privilegiato con Gheddafi, dittatore quanto volete, ma almeno lo Stato libico era ordinato, aveva benzina, luce, elettricità offerti gratuitamente dal “colonnello despota ai suoi concittadini e accordi privilegiati con l’Italia e non con le gelosissime Francia ed Inghilterra. Adesso si cucchino Al Qaeda grazie a Sarkozy, Obama e Cameron. Noi siciliani ci siamo giocati la possibilità di fare crescere e fare lavorare le nostre industrie in un contesto che avrebbe messo la Sicilia veramente al centro del bacino Mediterraneo.
Ma ci pensate che tutti i popoli rivieraschi sono passati dai dittatori invisi alle democrazie europee (ma non ai loro popoli) agli integralisti islamici di al Qaeda in Algeria, Tunisia, Libia ed Egitto, salutati come primavera araba… Povera patria canta Battiato e noi ci troviamo tante attinenze col presente.
Nessuno capace di affrontare le proprie responsabilità e, se del caso, fare un passo indietro come avrebbero dovuto fare ad esempio il ministro Terzi (foto a destra) o il sottosegretario De Mistura o il ministro ammiraglio Di Paola per la vicenda dei marinai in India.
Niente, restano al loro posto nonostante la “malafigura mondiale” che abbiamo collezionato nello scacchiere diplomatico. Ricordiamo che Cameron mandò in Uganda i corpi speciali per liberare gli ostaggi, due tra cui un italiano, guardandosi bene dall’avvertire Terzi, pena il fallimento dell’impresa. Gli inglesi sono andati, hanno ucciso tutti, guardiani, soldati e ostaggi e nessuno ha osato dire niente. Noi invece siamo stati capaci di consegnare nave, armi e fucilieri alle autorità indiane, abbiamo pagato e continuiamo a pagare ed ancora stiamo aspettando. Potenza della diplomazia nazionale!
Ma i servizi segreti cosa ci stanno a fare? Missioni per pagarsi il mutuo? A quando un intervento di “intelligence” per ristabilire le ragioni della verità, India o Brasile, fra tutti? Mah, paese di pizza e di mandolini !
La campagna elettorale siciliana, però, ha i suoi tempi ed allora lasciamo le vicende serie e parliamo di pupi e di pupari… Ma ce lo vedete l’autonomista Nello Musumeci che si presenta con i nordisti del Pdl? E l’infelice Rosario Crocetta col Pd? E parlano di autonomia; ma questa Autonomia, chi ce la dovrebbe difendere? Mariano Ferro o Gianfranco Miccichè?
I popoli seri camminano sulla via dell’indipendenza e ce lo dimostra la Catalogna, regione autonoma, ma martirizzata da una crisi nazionale che ne ha tagliato i ristorni madrileni. Ci sarebbero tutti gli ingredienti per chiedere autonomia e fiscalità di vantaggio. Ma non si tratta più di questo. (a sinistra, foto tratta da lindipendenza.com)
Non più autonomia fiscale né niente del genere, il messaggio della manifestazione di Barcellona era chiarissimo ed univoco: indipendenza. Lo hanno urlato per ore – come avevamo cercato di fare noi lo scorso anno ad ottobre, a Palermo, al momento della manifestazione autogestita per lo Statuto- ma i convocanti di Barcellona, al contrario di quanto successo a Palermo, non erano idealisti e sognatori, ma associazioni civiche ed istituzioni, la società civile, la gente comune.
Ricordo che a Palermo non siamo stati capaci di consegnare una lettera di rivendicazione perché, a detta dell’usciere di servizio al parlamento siciliano: “Nun c’é nuddu mancu ‘u lunniri e i vuliti truvari ‘u sabatu?”.
A Barcellona i convocanti sono entrati in Aula a leggere un documento politico chiedendo alla presidente del parlamento di dare avvio, pacificamente e politicamente, al processo di secessione dalla Spagna, mentre fuori 2 milioni di persone cantavano e urlavano. Due milioni, più di un quarto dell’intera popolazione catalana: a Palermo eravamo un migliaio, il resto si perdeva a fare acquisti nei magazzini del centro… Che differenza di sensibilità!
Oggi constatiamo come un quarto degli Stati del mondo siano diventati indipendenti e questo negli ultimi 35 anni. E’ giunto il momento dei catalani, dei baschi, dopo scozzesi e gallesi e quebechesi. E noi siciliani?
Oggi la gente si è spostata dallautonomismo allindipendentismo, non accetta più il centralismo e, a causa certamente della crisi corrente, ma anche della voracità dello Stato centrale, pretende di regolare in loco le sue esigenze e i suoi bisogni, anche a dispetto di uno Statuto di Autonomia che non possiede e che in verità la legittimerebbe nella richiesta.
Noi Siciliani questo Statuto lo possediamo dal 1946, ma restiamo attaccati alle beghe tra Musumeci e Miccichè, ci paghiamo un Ministro Presidente nelle patrie galere ed il suo successore in procinto di affrontare un processo tanto devastante che già lo ha costretto alle dimissioni.
Pur tuttavia senza coraggio e senza dignità facciamo di tutto per riportare sugli scanni di Palazzo d’Orleans la solita schiera di approfittatori senza cercare di cambiare neanche il copione di quell’opera dei pupi che alla fine è una tragedia già annunziata: la fine delle illusioni del popolo siciliano.
Eugenio Preta