Autonomia differenziata, Lo Giudice: «Si tratta di una strategia per ampliare il divario Nord-Sud»

L’Autonomia differenziata, allo stato attuale, preoccupa le Regioni del Sud e riaccende il dibattito sulla piena attuazione dello Statuto Speciale della Regione Siciliana soprattutto in materia di tributi. Un aspetto di non poco conto, anzi. Spesso sollevato e poi rimesso in un cassetto senza arrivare alla totale applicazione di quanto previsto. Dopotutto si tratta di un Atto di fondamentale importanza e che è antecedente alla stessa Costituzione della Repubblica Italiana. L’impatto sull’andamento delle finanze regionali potrebbe costituire una svolta. E davanti alle pressioni nordiste l’attenzione viene richiamata dai gruppi di Sicilia Vera e Sud chiama Nord all’ARS. I parlamentari De Luca, Balsamo, Geraci, De Leo, La Vardera, Lombardo, Sciotto e Vasta hanno presentato una mozione per impegnare il Governo Schifani a chiedere allo Stato quale condizione propedeutica ad ogni intervento legislativo in materia di autonomia differenziata, di definire le norme sulla perequazione infrastrutturale e determinare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.

«Pochi giorni fa – ha affermato il coordinatore Danilo Lo Giudice – è stata annunciata la presentazione di un disegno di legge di iniziativa governativa in ordine all’attuazione dell’art. 116 comma 3 della Costituzione che prevede la possibilità, alle Regioni che ne facciano richiesta, di riconoscere “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” nelle materie di cui al 3° comma e al 2° comma lettere l) limitatamente alla giustizia di pace, n) e s) dell’art. 117 Costituzione. Si tratta di un intervento legislativo che consentirebbe alle Regioni interessate di finanziare i costi per l’esercizio delle suddette materie attingendo al reddito fiscale prodotto dai cittadini e dalle imprese residenti o con sede nelle varie Regioni.  La regione Veneto ha già ipotizzato di trattenere annualmente 41 miliardi di euro di risorse, la Lombardia 100 miliardi di euro, l’Emilia-Romagna 43 miliardi di euro per una sottrazione totale alle casse dello Stato di 190 su 750 miliardi di euro annui di gettito, rendendo così impossibile qualsiasi azione perequativa tra Sud e Nord del Paese con la conseguenza di un allargamento ulteriore dello storico divario Sud-Nord dell’Italia».

In sostanza si tratterebbe del pieno riconoscimento del federalismo fiscale rimasto lettera morta, per i siciliani, da 76 anni. «Alcune materie – prosegue – come Sanità, Lavoro, coordinamento della Finanza Pubblica, Infrastrutture, Istruzione devono rimanere di competenza esclusiva dello Stato poiché le conseguenze sarebbero devastanti come avverrebbe in materia di lavoro con i contratti collettivi realizzati su base territoriale, aumentando così il rischio di dumping  sociale e il ritorno alle vecchie gabbie salariali. Adesso è chiaro che l’ipotesi legislativa di attuare l’art.116, 3° comma Cost. ha come obbiettivo la divisione dell’Italia in aree secondo un modello confederale ma questo porrebbe fine all’Unità nazionale e soprattutto vanificherebbe lo Statuto speciale della Regione Siciliana soprattutto in quelle norme come gli artt. 36-37-38 che richiedono ancora una attuazione integrale. La nostra mozione – conclude – ha l’obiettivo di impegnare il Governo ad un intervento concreto e soprattutto incisivo nei confronti dello Stato affinché si proceda al riconoscimento effettivo dello Statuto siciliano piuttosto che procedere all’approvazione di una norma che non farebbe altro che penalizzare ancora di più la Sicilia e i siciliani. Si sta tentando di mettere in atto una strategia per ampliare il divario Nord – Sud in modo irreversibile. Siamo favorevoli ad una sana competizione tra territori ma solo dopo aver garantito gli eguali punti di partenza».


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