Attacco allo Statuto siciliano: Francesco Merlo e i suoi rimedi peggiori del male

L’articolo di Francesco Merlo, pubblicato dal quotidiano la Repubblica, sull’Autonomia siciliana affonda il coltello nei mali siciliani. Ma come accade quando una lama entra nel vivo di un corpo sociale incide sul tumore, ma rischia di recidere il timido tessuto nervoso che costituisce l’antidoto al male.

Premetto che lo Statuto regionale è stato usato spesso male. Ma i mali della Sicilia non sono ascrivibili a un corpo di regole. Quando la classe politica siciliana ha dilapidato le risorse nazionali e comunitarie in spese pazze e inutili, quando ha foraggiato una pletora sterminata di amministratori di enti risibili e fasulli, non lo ha fatto perché esiste uno Statuto autonomista.

Per non parlare del fatto che la specialità siciliana oggi impallidisce di fronte alle specialità di Regioni che hanno aumentato il numero dei consiglieri, moltiplicato le province, costituito a centinaia società pubbliche dove sistemare clienti e fedelissimi.

Merlo dovrebbe chiedersi se la colpa è dello Statuto o di chi, opposizione, media, magistratura contabile, dovrebbe controllare non lo ha fatto. Il potere contiene il germe della degenerazione a tutte le latitudini. Se invece di controllare i conti folli della ‘casta’ regionale ci si distrae o ci si interessa agli sprechi del libro della Cucinotta una ragione pur ci sarà. Se i media nazionali si accendono di passione e sdegno quando la cronaca regala qualche perla degli sprechi, non solo della Regione ma di tutto il tessuto amministrativo, per poi dormire lunghi sonni tranquilli una ragione dovrà pur esserci.

Se i partiti nazionali, in nome di una malintesa autonomia, consentono e anzi plaudono a intese che cancellano l’opposizione, la coinvolgono senza nessun positivo risultato nel governo, consentendo a un Presidente in auge, come in declino di surclassarli in ingegneria clientelare, un motivo dovrà esserci.

Quando in solitudine fogli coraggiosi e pagine web siciliani gridano alle malefatte, le cronache nazionali si girano per non vedere, per occuparsi d’altro. Se i politici isolani rubano non fa notizia, quasi una malattia incurabile.

Senza guardare alle vicende giudiziarie, si è tanto parlato di Totò Cuffaro come il peggior Presidente siciliano: e di Raffaele Lombardo? Oltre le sue peripezie giudiziarie cosa si racconta? Perché si assiste inerti a borse che si aprono e spartiscono fondi senza controllo?

La stampa nazionale a volte è brava a lapidare politici e imprenditori corrotti. Ma sembra che nessuno possa fermare un amministratore che sperpera soldi pubblici. E’ lo Statuto che lo impedisce? Nessuna azione inibitoria può bloccare gli ultimi atti di un presidente dimissionario e irresponsabile?

Se Merlo ha a cuore la Sicilia, la trasformi in una linea di battaglia. Tenga il fuoco di fila acceso e senza interruzioni su comportamenti e paradossi dell’amministrazione regionale. Il potere travalica se non incontra argini. Deboli dighe edificate da pochi coraggiosi sono state travolte.

Merlo ha il dovere di restare e non solo fino al termine della campagna elettorale. Segua i primi cento giorni del nuovo presidente e racconti dove va e cosa non farà. Per il popolo siciliano valgono i versi del poeta:

Posseggo solo i miei sogni;
E i miei sogni ho sparso sotto i tuoi piedi;
Cammina leggero perchè stai camminando sui miei sogni.

Se impediremo al prossimo Presidente di calpestarli con stivali di ferro avremo forse impresso al corso delle cose una deviazione che può salvarci dal baratro.


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