Ai domiciliari è finito l'ingegnere Basilio Ceraolo. Il 70enne è stato direttore dei lavori per un'opera gestita dal Commissario per il contrasto del dissesto idrogeologico. L'impresa si è rifiutata di pagare la mazzetta e ha denunciato tutto alla finanza
La richiesta di tangente sui lavori per il costone a rischio Soldi da recuperare risparmiando sull’acciaio dei tiranti
Ha 70 anni e si chiama Basilio Ceraolo l’ingegnere arrestato oggi dalla guardia di finanza a Capo d’Orlando. Il professionista è accusato dalla procura di Patti di tentata induzione indebita a dare o promettere utilità. Le indagini, partite in estate e condotte dalla guardia di finanza, hanno fatto luce sulla richiesta di una mazzetta di circa centomila euro che Ceraolo, finito ai domiciliari, avrebbe proposto a un imprenditore affidatario di un lavoro di messa in sicurezza a San Marco d’Alunzio, in provincia di Messina.
L’appalto al centro dell’inchiesta è gestito dal Commissario per il contrasto del dissesto idrogegologico e ha un valore superiore a 1,7 milioni di euro. Le Fiamme gialle si sono attivate dopo avere ricevuto la denuncia dell’imprenditore che, nel corso di un sopralluogo in cantiere alla presenza di Ceraolo, nella veste di direttore dei lavori, ovvero la figura individuata dal committente – in questo caso la struttura commissariale guidata da Maurizio Croce – per seguire il corretto andamento delle opere. Il 70enne, però, si sarebbe mosso in tutt’altra direzione.
Stando a quanto appreso da MeridioNews, l’ingegnere avrebbe proposto all’impresa – tramite una sorta di pizzino – di ridurre la lunghezza degli oltre cento tiranti in acciaio che andavano inseriti nella roccia del costone a rischio. Un risparmio di diversi metri per singolo tirante che sarebbe finito per metà nelle tasche del privato e per l’altra metà in mano allo stesso Ceraolo. L’intenzione di Ceraolo, infatti, sarebbe stata quella di liquidare la fornitura così come previsto dall’appalto, come se insomma l’opera fosse stata fatta a regola d’arte. A tale proposito si è sottratto l’imprenditore che, pur fingendo di stare al patto, ha effettuato gli interventi come previsto e poi si è rivolto ai militari.
Nel corso dei mesi Ceraolo avrebbe più volte sollecitato la ditta a iniziare a pagare un anticipo della tangente, manifestando via via sempre più fastidio di fronte alle scuse avanzate dalla vittima. L’ingegnere si sarebbe spinto fino a promette un impegno a sovraffatturare alcune forniture per il cantiere, così da consentire alla ditta di avere la liquidità per pagare la mazzetta. A fronte delle resistenze, il 70enne avrebbe anche alluso alla possibilità di creare rallentamenti nei pagamenti dei lavori da parte della stazione appaltante.
Inoltre, l’imprenditore ha denunciato che nel corso delle attività di cantiere sarebbero stati trovati reperti di età ellenistica che hanno portato la Soprintendenza a chiedere alla ditta di coprire l’area dei lavori in attesa di un sopralluogo dei tecnici. Venuto a conoscenza della segnalazione all’ente provinciale che si occupa di beni culturali, Ceraolo si sarebbe innervosito per l’iniziativa della ditta di segnalare il ritrovamento. A riguardo, nel corso di un confronto tra direzione dei lavori e Soprintendenza sarebbe stata segnalata da quest’ultima il mancato rispetto dell’articolo 25 del Codice degli appalti, relativa alla verifica preventiva dell’interesse archeologico dei siti oggetto di lavori di scavo. Sul punto Ceraolo avrebbe risposto che nelle risorse messe a disposizione dal Commissario per il contrasto del dissesto idrogeologico non erano incluse spese per attività di carattere archeologico.