Regionali, Pd e M5s estendono ancora il campo largo «Ormai è alleanza che va oltre il modello nazionale»

«Il candidato non si cerca, si sceglie in maniera collegiale con tutte le forze che saranno in campo». Proseguono le prove tecniche di campo largo tra Partito democratico e Movimento 5 stelle, le due maggiori forze politiche della coalizione che andrà a sfidare sul versante di centrosinistra il governatore Nello Musumeci alle prossime elezioni regionali. Due entità politiche che, prima dell’esperienza al governo nazionale, poco avevano da spartire e che si stanno ancora studiando ma che, al momento, hanno trovato dei solidi punti d’incontro su cui basare la prossima campagna elettorale

Prima su tutte, la composizione dello schieramento. Che secondo il capogruppo grillino all’Ars Giovanni Di Caro, sarà aperto «alle forze che sono avverse al governo Musumeci. Non solo al Pd e alle forze di centrosinistra, ma alle forze sane di quello che viene chiamato centro moderato: chi non si riconosce in Forza Italia e chi da lì prenderà le dovute distanze. Anche se bisognerà, comunque, trovarsi d’accordo e lavorare anzitutto sui temi».

Per quello che concerne il rapporto con i democratici, Di Caro appare piuttosto sereno. «Ci siamo incontrati in più occasioni, in una in particolare abbiamo allargato l’alveo delle forze politiche anche a chi non è presente all’interno dell’Ars, per esempio c’era pure una delegazione dei Verdi. Abbiamo tutti evidenziato il fatto che bisogna avvicinarsi al mondo dell’associazionismo, al terzo settore e ai grandi movimenti come Se resti arrinesci, forze giovani e realtà da coinvolgere e fare partecipare alla campagna elettorale». Parole a cui fanno eco quelle del segretario regionale del Partito democratico Anthony Barbagallo, che riguardo all’alleanza conferma: «Ci stiamo lavorando, siamo impegnati ogni giorno sul campo. L’ultimo passo avanti è stato avere chiuso gli accordi per le amministrative in un Comune di 40mila abitanti con un centrosinistra unito, insieme al Movimento 5 stelle».

«La nostra non è un’alleanza scontata – prosegue Barbagallo – E non è una cosa che si fa con una telefonata dalle segreterie nazionali di partito. Caltagirone, Adrano, San Cataldo e Lentini (Comuni in cui il campo largo correrà unito alle prossime elezioni, ndr) sono un ulteriore conferma della bontà del progetto. E non è più soltanto un’idea che viene dal modello nazionale, ma sono rapporti e intese, temi e prospettive comuni». E sull’immediato futuro: «La scelta più imminente sarà quella della città di Palermo, e già la prossima settimana ci incontreremo per definire il progetto politico con 5 stelle e coalizione compatta». 

Se c’è tuttavia un punto su cui i punti di vista di Di Caro e Barbagallo ancora divergono, seppur senza grosse contrapposizioni, è l’identikit ideale del candidato presidente della Regione. Per il pentastellato «la Sicilia ha bisogno di un presidente che non strizzi l’occhio ai comitati d’affari di turno. Un presidente che sia dei siciliani, che dia attuazione al programma elettorale e anteponga i temi agli interessi di partito. A livello di astrazione – continua Di Caro – è ovvio che debba essere una persona che sia anche capace di fare delle scelte difficili: mi sto riferendo alle tante partecipate che orbitano intorno alla Regione, ai loro bilanci fantasma». E soprattutto che sia condiviso prima dai deputati grillini, poi dalla coalizione. Secondo Barbagallo, invece, il prossimo candidato del campo largo alla presidenza dovrà essere comunque un nome noto, «conosciuto in tutta la Sicilia e che colga il consenso più ampio tra gli alleati, ma che abbia anche capacità amministrativa, competenza, riconoscibilità. In questo momento – aggiunge – ai siciliani serve la dirigenza del buon padre di famiglia, non l’uomo solo al comando. E non deve essere necessariamente un politico di professione».

Guardando in casa d’altri, i due esponenti di Pd e M5s non sembrano preoccupati più di tanto da un possibile colpo di coda di Musumeci verso la rielezione. Per entrambi, infatti, l’attuale governatore rischierebbe seriamente di trovarsi a correre senza una coalizione. «È ovvio che hanno scaricato Musumeci – dice Di Caro – per il modo in cui comunicano, appare chiaro che la Lega avrà un suo candidato». «Ormai pubblicamente e privatamente i leader del centrodestra non nascondono più l’idea di voler cambiare il cavallo in corsa – aggiunge Barbagallo – Un de profundis che non solo investe l’incapacità organizzativa, ma anche la mancanza di visione del centrodestra. Gli elettori siciliani, comunque, stanno vedendo il centrodestra all’opera e sapranno giudicarlo». Simili anche i punti di vista su Italia Viva, con Barbagallo che tuttavia non chiuderebbe in faccia la porta a un eventuale cambiamento di casacca in favore del Pd. «Io Italia Viva non l’ho capita: senza Sammartino ho l’impressione che questa forza politica in Sicilia si sia politicamente dissolta. Qualcuno seguirà Sammartino, forse qualcuno seguirà l’attuale governatore, ma la sensazione è che a livello regionale del partito rimarrà poca cosa». «Ci sono alcune forze parlamentari che hanno ambiguità con le forze del governo – la posizione del segretario del Pd – Le porte sono aperte a chi che rompe col centrodestra, ma alcuni rapporti ambigui devono cessare».


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