Chiesta l’archiviazione per la morte di Viviana e Gioele «Lei si è suicidata dal traliccio, per il bimbo due scenari»

Viviana Parisi si sarebbe suicidata lanciandosi dal traliccio, mentre il figlio Gioele di quattro anni sarebbe morto per cause accidentali oppure sarebbe stato ucciso dalla madre. È questa la doppia tesi che ha portato il procuratore di Patti Angelo Cavallo a depositare una richiesta di archiviazione che, adesso, dovrà essere valutata dal giudice per le indagini preliminari. «Tutte le indagini tecniche svolte hanno permesso di accertare come la donna, senza ombra di dubbio, si sia volontariamente lanciata dal traliccio dell’alta tensione, con chiaro e innegabile intento suicidario». I familiari delle vittime, invece, hanno sempre respinto l’ipotesi dell’omicidio-suicidio. «Avanzeremo richiesta di accesso al fascicolo per esaminare tutte le consulenze del pm e, dopo di che, decideremo se fare opposizione alla richiesta di archiviazione», dichiara l’avvocato Pietro Venuti, uno dei legali della famiglia.

Di Viviana e Gioele si perde ogni traccia il
3 agosto dello scorso anno, dopo un incidente con un furgoncino di tecnici della manutenzione autostradale avvenuto nella galleria Pizzo Turda lungo l’autostrada A20 Messina-Palermo. Il corpo senza vita della dj torinese viene ritrovato nei boschi di Caronia ai piedi di un traliccio dell’alta tensione l’8 agosto, dopo 11 giorni (nonostante un drone lo avesse ripreso ad appena 24 ore dalla scomparsa); giorni dopo è stato un volontario a rinvenire i resti del cadavere di Gioele dilaniati da animali selvatici, a circa 800 metri di distanza in linea d’aria. Dopo un anno di sopralluoghi, repertazioni, intercettazioni, accertamenti, interrogatori e analisi «è possibile affermare con assoluta certezza – sostiene il procuratore Cavallo – come non sia
configurabile alcuna responsabilità dolosa o colposa, diretta o indiretta, a carico di soggetti terzi.
Nessun soggetto estraneo ha avuto un ruolo, neanche marginale, mediato o indiretto, nella
causazione degli eventi
».

Raccoglitori di sughero, allevatori e altre persone che frequentano quella zona boschiva di Caronia sono stati identificati, controllati, ascoltati a sommarie informazioni e intercettati per lungo tempo (fino al novembre del 2020) per escludere ogni loro coinvolgimento nella vicenda. «Nessuno di loro – sottolinea Cavallo – ha mai visto né tantomeno incontrato Viviana e il figlio Gioele. Non è emerso nessun elemento di sospetto o dubbio ed è stata confermata la loro totale estraneità ai fatti». Dietro i quali, invece, per la procura ci sarebbe «in modo esclusivo, il precario stato di salute di Viviana, purtroppo non compreso sino in fondo, in primo luogo dai parte dei suoi familiari più stretti». Da quando sul cruscotto dell’auto della donna era stato trovato un certificato medico che attesta paranoia e crisi mistiche, questa è stata una delle piste più battute dagli investigatori. 

Le indagini hanno permesso di accertare che Viviana già il 18 marzo del 2020 era stata
trasportata di urgenza presso il pronto soccorso dell’
ospedale di Barcellona Pozzo di Gotto con richiesta di assistenza
sanitaria obbligatoria per «
agitazione psicomotoria e con delirio mistico e
di persecuzione
». Il medico ha ricordato di avere visto la donna sdraiata per terra che ripeteva la frase: «Abbiamo consegnato i nostri figli al demonio!». Circa
tre mesi dopo, il 28 giugno, Viviana viene portata di nuovo al Pronto soccorso del
Policlinico di Messina per «ingestione volontaria di
farmaci
». In quella occasione, la donna aveva manifestato la volontà
di
non sottoporsi alla visita psichiatrica che pure appariva necessaria. Stando a quanto ricostruito dalla procura, questi due non sarebbero episodi isolati: «Tutti i familiari, gli amici e i vicini
di casa hanno dichiarato che ha dato luogo
a
numerosi episodi di instabilità psicologica, adottando comportamenti singolari (la lettura della
Bibbia sul balcone di casa o nel sagrato della chiesa in pieno lockdown), e ha accusato
manie di persecuzione e timori di vario genere, come quello di essere controllata da sconosciuti,
anche attraverso la televisione e cellulare, oppure ritenendo di essere
pedinata da
macchine di grossa cilindrata». 

Tra gli elementi analizzati dalla procura ci sono anche alcuni
file audio della donna registrati dal marito Daniele Mondello. «Tu o devo morire io? Chi deve morire qua?
Dimmi un po’, deve morire qualcuno?! Devono morire i nostri genitori! Perché è stato toccato qualche tasto magari troppo esplosivo, come la pentola che è esplosa?!». L’8 giugno, circa due mesi prima dei fatti, Mondello scrive alla moglie: «
Prendi le pillole, se ami tuo figlio. Hai rovinato la nostra famiglia, vergognati, mi dispiace solo per mio figlio che non
si meritava questo.
Curati!». È lo stesso giorno il cui il marito le invia lo screenshot del Centro di terapia strategicaResearch training, psychotherapy institute – Paranoia e manie di persecuzione. L’intervento attraverso la
psicoterapia breve strategica. Subito dopo, un altro messaggio: «Leggi bene, non essere
presuntuosa, questo è il problema che ti sono stato vicino per aiutarti, ma
tu non vuoi farti aiutare e stai distruggendo la vita di nostro figlio, la tua e la mia e stai facendo soffrire la tua
famiglia e la mia, per una volta
ascolta chi ti vuole veramente bene!». Le condizioni di salute della donna sono state confermate anche dai risultati dell’autopsia psicologica della donna fatta da Massimo Picozzi. Lo psichiatra ha stabilito che la donna soffriva di «una patologia di importante valenza psicotica, di un disagio preesistente da almeno due anni caratterizzato dalla presenza di spunti psicotici, con tematiche mistiche, persecutorie e di rovina».  

Per quanto riguarda l’incidente, «la responsabilità è da attribuirsi esclusivamente a Viviana che ha eseguito
una manovra di sorpasso
scorretta
, non mantenendo la dovuta distanza dal veicolo che stava superando e invadendo la
sua corsia di marcia». La consulenza ha accertato che il sinistro 
non ha provocato particolari conseguenze fisiche su madre e figlio. «Le indagini – aggiunge il procuratore di Patti – hanno dimostrato come Viviana, subito dopo l’incidente, una volta
uscita dall’auto e recuperato Gioele, si sia
volontariamente allontanata insieme al suo
bambino dalla sede autostradale
, nascondendosi tra la fitta vegetazione esistente sul bordo
autostrada, non rispondendo ai richiami delle persone che pure la stavano cercando». 
Uscita di casa senza alcuna intenzione autolesiva, sarebbe stato proprio quell’incidente a «rappresentare uno
stressor acuto che ha valicato ogni capacità di elaborazione e
risoluzione causata da una
interpretazione persecutoria dell’evento,
come se il sinistro fosse stato
causato intenzionalmente, per nuocerle, da inesistenti
aggressori». Secondo la ricostruzione della procura, in alternativa, nella donna potrebbe essersi innescato il «
timore inaccettabile che il marito ne
approfittasse per toglierle la potestà genitoriale
, allontanandola per sempre dal suo bambino».  

Nella relazione della procura si legge che la morte di Viviana (avvenuta lo stesso 3 agosto tra le 12 e le 20) è stata determinata da un
arresto cardio-circolatorio
per shock traumatico da grave politraumatismo fratturativo vertebro-midollare e toracico, derivante da una precipitazione da media altezza (lancio volontario), pienamente compatibile con
la precipitazione dal
traliccio dell’alta tensione, con esclusione assoluta della presenza di lesioni
intra vitam e post mortem causate da animali, e con esclusione assoluta di lesioni o segni riconducibili all’azione violenta di soggetti terzi. «Il cadavere di Viviana non è stato oggetto di spostamento», afferma Cavallo poggiando la sua tesi sugli studi dell’entomologo secondo cui «la decomposizione è avvenuta e si è svolta, per intero, nel medesimo luogo del suo ritrovamento, che,
pertanto, coincide pienamente con quello del decesso». Diversamente da quanto sostenuto dal 
pool di consulenti della famiglia, inoltre, per la procura il cadavere di Viviana «non reca alcun segno o riscontro tipico delle morti per asfissia da annegamento in acqua stagnante», compreso il fenomeno dei cosiddetti denti rosa che viene interpretato come aspecifico e privo di qualsiasi serio fondamento scientifico. 

Più complessi sono risultati gli accertamenti per stabilire
la causa della morte di Gioele Mondello, alla luce dello stato di conservazione
del corpo. «In ogni caso – sostiene il procuratore – sono stati raggiunti dei
sicuri punti fermi». Come la madre, anche il bambino sarebbe morto lo stesso giorno della scomparsa. Gli accertamenti hanno permesso di rilevare che Gioele, mentre era ancora in
vita, non ha subito alcuna aggressione da parte di cani o animali selvatici
 (gli indumenti, infatti, non avevano tracce di sangue). Mentre è stato, invece, accertato che, dopo la morte, il corpo del bambino sia stato dilaniato dalle volpi. Escluso che il bambino sia morto nell’incidente stradale, per avvelenamento o a causa di fratture. Sui resti del corpo di Gioele non è stata rilevata la presenza di lesioni o segni riconducibili ad asfissia da annegamento in acqua stagnante. La consulenza geologica-botanica (con i numerossisimi semi di erica rinvenuti sotto le scarpe della donna) ha permesso di accertare che Viviana ha raggiunto la parte di bosco dove poi sono stati ritrovati i resti di Gioele

Un approfondimento ha poi riguardato
i sandaletti del bambino, rinvenuti nel bosco integri e
puliti, senza segni di morsi o sangue, si presentavano
appaiati e quasi
perfettamente allineati tra loro, a differenza di tutti gli altri reperti, dispersi in
un’ampia area. Il sandaletto sinistro presentava le due fascette chiuse su sé stesse, ma poste al di
fuori del passante di guida in metallo; il destro aveva tutte e due le fascette chiuse e attraversanti i passanti in metallo di guida. «
Le chiusure in velcro – fanno notare dalla procura di Patti – sono molto resistenti e, quindi, un tentativo da parte di animali di
asportarli avrebbe lasciato i segni dei denti. Alla luce di
tali elementi è indubbio che i sandaletti
non siano stati asportati da animali, ma da mani umane, che non potevano che essere che quelle di Viviana». 

Stando alle risultanze investigative, per la procura 
due sono gli scenari plausibili: nel primo Viviana, rifugiatasi del bosco con Gioele, constata che il bambino è morto. Convinta di averlo ucciso, si toglie la vita. «Non si può escludere che Gioele, durante il suo vagare per le campagne assieme
alla madre, abbia subito
un incidente di tipo traumatico (per esempio una caduta accidentale), che
abbia comportato una possibile lesione a un organo interno, tale da determinarne, poco tempo
dopo, il decesso – spiega Cavallo – né si può escludere che Gioele possa avere subito
un arresto cardio-circolatorio dovuto ad affaticamento eccessivo, stress emotivo, colpo di calore, sete». Nella seconda ricostruzione della procura, a provocare la morte di Gioele sarebbe stata Viviana commettendo un «figlicidio di tipo psicotico o
altruistico
» mediante strangolamento o soffocamento per poi togliersi la vita. Ed è questa quella che la procura ritiene la tesi più probabile e fondata anche perché «l’unico materiale rinvenuto sotto le unghie delle mani della donna (indice, medio e anulare) – sottolineano dalla procura – è stato proprio il profilo genetico di Gioele». Intanto, è stato emesso il nullaosta al seppellimento
dei corpi di madre e figlio.


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