La Santa Sede ha riconosciuto il martirio in odium fidei (in odio alla fede) del magistrato ammazzato il 21 settembre del 1990 dai mafiosi della Stidda. «Sono commosso - ha detto il cugino Salvatore Insegna - Abbiamo atteso questo momento per tanti anni»
Sarà beato Rosario Livatino, giudice ucciso dalla mafia Il Papa: «È stato un martire della giustizia e della fede»
Sarà beato il giudice Rosario Livatino, assassinato ad Agrigento il 21 settembre del 1990, (all’eta’ di 37 anni) dai mafiosi della Stidda. Di Livatino, la Santa Sede ha riconosciuto il martirio in odium fidei (in odio alla fede). È questo il contenuto di un decreto di cui papa Francesco ha autorizzato la promulgazione, nel corso di un’udienza con il cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione per le Cause dei santi. «Sono particolarmente commosso – ha detto il cugino Salvatore Insegna, unico parente ancora in vita del magistrato che sarà beato – Abbiamo atteso questo momento per tantissimi anni».
L’intestazione del decreto recita che viene riconosciuto «il martirio del servo di Dio Rosario Angelo Livatino, fedele laico; nato il 3 ottobre 1952 a Canicattì e ucciso, in odio alla fede, sulla strada che conduce da Canicattì ad Agrigento il 21 settembre 1990». La prova del martirio «in odium fidei» del giovane giudice siciliano, secondo fonti vicine alla causa, è arrivata anche grazie alle dichiarazioni rese da uno dei quattro mandanti dell’omicidio, che ha testimoniato durante la seconda fase del processo di beatificazione e grazie alle quali è emerso che chi ordinò quel delitto conosceva quanto Livatino fosse retto, giusto e attaccato alla fede e che, per questo motivo, non poteva essere un interlocutore della criminalità. Andava quindi ucciso.
Dalle sentenze dei processi sulla morte del giudice è emerso che importanti esponenti locali di Cosa nostra lo etichettavano come «uno scimunito», «un santocchio» (un bigotto, ndr) perché frequentava la parrocchia di San Domenico, a pochi passi dalla casa in cui viveva con i genitori. Dopo la sua morte, Giovanni Paolo II incontrando ad Agrigento i suoi genitori nel 1993 aveva definito Livatino «un martire della giustizia e indirettamente della fede». Anche Papa Francesco, che ha molto sostenuto la causa di beatificazione aperta nel 2011, ha lodato la figura del magistrato: incontrando nel novembre del 2019 i membri del Centro studi Rosario Livatino, lo ha definito «un esempio non soltanto per i magistrati, ma per tutti coloro che operano nel campo del diritto: per la coerenza tra sua fede e il suo impegno di lavoro, e per l’attualità delle sue riflessioni». La cerimonia di beatificazione di Rosario Livatino potrebbe svolgersi nella primavera del 2021 ad Agrigento.
ll giudice Rosario Livitino è stato ucciso la mattina del 21 settembre del 1990, attorno alle 8.30 del mattino, mentre si trovava a bordo della sua Ford Fiesta rossa. Da Canicattì, dove abitava, stava andando al tribunale di Agrigento percorrendo il viadotto San Benedetto. È stato affiancato da una Fiat Uno e da una motocicletta di grossa cilindrata e costretto a fermarsi. Sceso dall’auto, il giudice ha tentato di fuggire ma è stato bloccato e ucciso con una scarica di colpi di pistola da un commando mafioso perché «perseguitava le cosche mafiose impedendone l’attività criminale – si legge nella sentenza di condanna per i sicari e i mandanti – Laddove si sarebbe preteso un trattamento lassista, cioè una gestione giudiziaria se non compiacente, almeno, pur inconsapevolmente, debole, che è poi quella non rara che ha consentito la proliferazione, il rafforzamento e l’espansione della mafia». Livatino, infatti, si era occupato di quella che sarebbe esplosa come la Tangentopoli siciliana e aveva colpito duramente la mafia di Porto Empedocle e di Palma di Montechiaro, anche attraverso la confisca dei beni.