Usura, droga, tentata estorsione e incendi. A capo del sodalizio ci sarebbe stato Massimo Calafiore con il suo luogotenente Giuseppe Calafiore. Braccio armato Mario e Francesco Liotta, padre e figlio. Cinque ai domiciliari e 19 in carcere. Guarda il video e le foto
Disarticolato clan Aparo tra Floridia e Solarino Le lettere del boss dal carcere per la reggenza
Associazione di tipo
mafioso
, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e usura,
tentata estorsione ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria, aggravati dalla finalità di
agevolare il
clan Aparo attivo nel territorio di Floridia e Solarino. Sono questi i reati per cui i carabinieri hanno dato esecuzione a 24 provvedimenti cautelari (19 in carcere e cinque agli arresti domiciliari).
Le indagini, avviate nel mese di
settembre del 2017 e durate circa un anno, hanno
consentito, mediante specifici servizi di osservazione, controllo e pedinamento, oltre che
attraverso l’installazione di videocamere e l’attivazione di intercettazioni telefoniche,
ambientali e telematiche, di
disarticolare un sodalizio mafioso riconducibile alla sfera di
influenza del
clan Aparo, storicamente dominante nei comuni dell’hinterland siracusano,
come
Floridia e Solarino, quest’ultimo comunemente denominato San Paolo, da cui il
nome dell’indagine.
Il sodalizio avrebbe avuto al suo vertice
Massimo Calafiore che era stato investito
della reggenza
pro tempore del clan direttamente dal suo storico boss Antonio Aparo con l’invio di lettere spedite mentre questi si trovava ristretto nel carcere di Milano,
una volta terminato il regime del 41 bis. Accanto a Massimo Calafiore come suo
luogotenente sarebbe stato collocato
Giuseppe Calafiore. Altri membri dell’associazione in posizione apicale e gestori dell’usura e del traffico di stupefacenti sarebbero stati Salvatore Giangravé e Angelo Vassallo, da poco scarcerati dopo un lungo
periodo di detenzione. Inizialmente ostili alla reggenza dei Calafiore, Giangravé e Vassallo sarebbero stati poi convinti con altre lettere inviate sempre da
Antonio Aparo dal carcere.
Il braccio armato del clan, utilizzato per mantenere
il regime di sopraffazione e omertà sul territorio a favore dell’associazione, sarebbe stato costituito da
Mario Liotta, recentemente deceduto, e dal figlio Francesco Liotta,
divenuti l’articolazione operativa del gruppo criminale, con compiti di
intimidazione
violenta a commercianti
e ad altri privati. Il clan, così composto, avrebbe dato vita a un vero e proprio dominio sui centri di
Floridia e Solarino. Dall’usura agli stupefacenti, dalle estorsioni ai danneggiamenti mediante attentati
incendiari.
L’indagine è nata da alcuni
incendi che si sono verificati nel comune di
Floridia a danno di esercizi commerciali, tutti accomunati dallo stesso modus operandi. Risalendo agli autori materiali e ai loro mandanti, è stato possibile fare luce l’esistenza di un’associazione di tipo mafioso radicata sul territorio, già responsabile di numerosi episodi di usura, di cui gli incendi e i danneggiamenti
costituivano
l’esortazione a pagare. I due Calafiore a capo dell’associazione avrebbero utilizzato denaro del sodalizio criminale per concedere prestiti a
tassi usurari
a cittadini in stato di bisogno, tra cui anche commercianti in difficoltà, con tassi di interesse pari al 20 per cento mensile e, quindi, al 240 per cento annuo.
Nello specifico, a Giuseppe Calafiore sarebbe stata deputata la tenuta della contabilità con appunti che custoditi dalla madre Antonia Valenti, anche lei destinataria di misura cautelare.
Negli appunti, oltre che sulle pagine dei calendari della casa, erano
annotati
nominativi, ammontare delle rate, date in cui i pagamenti dovevano essere
effettuati e la contabilità dei prestiti che Calafionre aveva erogato
a
titolo personale
, fuori dall’influenza del clan. Le vittime di usura accreditavano ai loro
strozzini le rate pattuite non solo con il
classico metodo del trattenimento di assegni dati in garanzia, ma anche con bonifici bancari o trasferimenti monetari su Postepay. In caso di inadempimento, i Calafiore si sarebbero anche impossessati di autovetture, beni immobili ed esercizi commerciali delle vittime,
gettandole letteralmente sul lastrico.
A coadiuvare i Calafiore nella
gestione dell’associazione per delinquere finalizzata all’usura vi erano
le donne di casa: oltre alla madre, anche la compagna Clarissa Burgio. Quest’ultima prima vittima di usura da parte dei Calafiore è poi diventata compagna di Giuseppe e quindi «il suo naturale
sostituto», come scrivono gli inquirenti, quando l’uomo è stato arrestato per detenzione di sostanza
stupefacente ai fini di spaccio ed è finito in carcere per un breve periodo. Il giro dell’usura, emerso durante l’attività di indagine, è risultato di amplissima
portata tanto da far ritenere configurato il
reato di esercizio abusivo di attività finanziaria e
creditizia. Solo di alcuni episodi è stata possibile la compiuta ricostruzione. In molti altri
casi, infatti, mancando
la collaborazione delle vittime, non è risultata possibile la
contestazione.
L’associazione mafiosa, oggi disarticolata, non si occupava solo di usura. Florida era
anche l’attività legata al
traffico e spaccio di sostanza stupefacente. Le indagini hanno
consentito, infatti, di accertare che il
sodalizio criminale, per
incrementare gli introiti, avrebbe deciso di utilizzare parte dei proventi
derivanti dall’usura per l’acquisto di grosse quantità di stupefacenti (principalmente
cocaina, hashish e marijuana) fornite dai catanesi Salvatore Mazzaglia e Victor Andrea Mangano, soggetti legati al clan etneo dei Santapaola-Ercolano, gruppo di Nicolosi-Mascalucia. La sostanza stupefacente veniva poi rivenduta a numerosi
acquirenti di Floridia alimentando lo spaccio al dettaglio.
Dall’associazione dei Calafiore si sarebbero riforniti anche spacciatori indipendenti
come Andrea Occhipinti, Paolo Nastasi, Antonio Amato (detto Cappellino) e Massimo Privitera, operanti tutti a Floridia.
Sempre seguendo il canale della sostanza stupefacente che da Catania sarebbe giunta a
Floridia attraverso i Calafiore è emersa l’esistenza di una
piazza di spaccio in via Fava, alimentata dallo stupefacente acquistato e rivenduto dai Calafiore e i cui promotori e organizzatori sono stati individuati in Maurizio Assenza e suo figlio Sebastiano Carmelo, insieme a Joseph Valenti, Antonio Privitera, Angelo Aglieco e Jacopo De Simone. Nel corso dell’indagine, sono stati sequestrati 300 grammi di cocaina. Inoltre, sono state arrestate sette persone per detenzione di sostanza stupefacente ai fini di spaccio. L’introito
stimato del giro di droga scoperto si aggirava intorno ai
350mila euro in soli quattro mesi.
Oltre all’
usura e agli stupefacenti, l’associazione mafiosa si sarebbe dedicata anche ai
danneggiamenti con incendi, utilizzati per far sentire la forza di intimidazione del
clan sul territorio, per punire coloro che non erano puntuali nei
pagamenti o che avevano
interrotto i rapporti interpersonali con il clan o, a volte, anche semplicemente per
dare fastidio alle forze dell’ordine quando segnalavano qualcuno dei
consociati per violazione degli obblighi cui erano sottoposti. Almeno quindici si sono
rivelati gli atti incendiari attribuibili all’associazione, sia a danno di
autovetture che di
esercizi commerciali, quasi tutti riconducibili al braccio esecutivo dell’associazione,
identificata nei due Liotta.
Nello specifico, l’incendio dell’auto dei proprietari di un bar di Solarino, colpevoli di non avere praticato uno sconto su una torta acquistata dal boss Massimo Calafiore per il
compleanno del figlio, addirittura
facendogli pagare un lecca-lecca che aveva acquistato alla figlia che lo accompagnava a ritirare il dolce. Altro episodio è
rappresentato dall’incendio di un intero pub di Floridia dopo che Giuseppe Calafiore aveva giudicato troppo caro un tagliere di formaggi e non aveva potuto ricevere le ostriche
e champagne, da lui richieste, ma non disponibili.
Nel corso dell’indagine è emersa altresì la figura di
Domenico Russo: dapprima
parte offesa in quanto vittima dell’usura dei Calafiore e, successivamente, mandante di
una
tentata estorsione nei confronti di un netino che lo aveva truffato grazie
all’intermediazione mafiosa di
Massimo Calafiore e di Giuseppe Crispino, esponente
del
clan Trigila di Noto.
Inoltre,
è stata sequestrata di un’auto Audi Q5 di proprietà di una delle vittime di usura, ma nella disponibilità di Massimo Calafiore, da lui requisita alla vittima come pegno per i mancati pagamenti. Nelle abitazioni degli arrestati sono stati, invece, sequestrati vari assegni e bancomat, cinque grammi di hashish, un grammo di cocaina e denaro in contante per quasi 13mila euro.
In carcere:
1.
Antonio Aparo (classe 1958), disoccupato, pluripregiudicato, già ristretto nel carcere di Opera (Milano), per associazione di tipo mafioso;
2.
Massimo Calafiore (classe 1968), disoccupato, pluripregiudicato, per associazione
di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti,
spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso,
associazione per delinquere finalizzata all’usura ed esercizio abusivo dell’attività
finanziaria;
3.
Giuseppe Calafiore (classe 1968), disoccupato, pluripregiudicato, per
associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze
stupefacenti, spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo
mafioso, associazione per delinquere finalizzata all’usura ed esercizio abusivo
dell’attività finanziaria;
4.
Salvatore Giangravè (classe 1963), operatore ecologico, pluripregiudicato, per
associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze
stupefacenti, spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo
mafioso;
5.
Angelo Vassallo (classe 1963), operatore ecologico, pluripregiudicato, per
associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze
stupefacenti, spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo
mafioso;
6.
Massimo Privitera (classe 1973), disoccupato, pregiudicato, per spaccio di
sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso;
7.
Francesco Liotta (classe 1989), disoccupato, con precedenti di polizia, per
associazione di tipo mafioso;
8.
Salvatore Mazzaglia, inteso Nino (classe 1957), disoccupato, pluripregiudicato,
già ristretto nel carcere di Catania Bicocca, per associazione finalizzata al
traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, spaccio di sostanza stupefacente in
concorso e aggravato dal metodo mafioso;
9.
Victor Andrea Junior Mangano (classe 1991), disoccupato, con precedenti di
polizia, per associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti,
spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso;
10.
Paolo Nastasi (classe 1978), disoccupato, con precedenti di polizia, per spaccio di
sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso;
11.
Antonio Amato, inteso Cappellino (classe 1986), operaio, pregiudicato, per spaccio
di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso;
12.
Maurizio Assenza (classe 1964), autista, pregiudicato, per associazione finalizzata
al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti e spaccio di sostanza stupefacente in
concorso e aggravato dal metodo mafioso;
13.
Sebastiano Carmelo Assenza (classe 1994), disoccupato, con precedenti di polizia,
per associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti e spaccio di
sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso;
14.
Jacopo De Simone (classe 1993), disoccupato, pregiudicato, per associazione
finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti e spaccio di sostanza
stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso;
15.
Angelo Aglieco (classe 2001), disoccupato, con precedenti di polizia, per
associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti e spaccio di
sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso;
16.
Joseph Valenti (classe 1992), operaio, con precedenti di polizia, per associazione
finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti e spaccio di sostanza
stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso;
17.
Antonio Privitera (classe 1996), disoccupato, con precedenti di polizia, per
associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti e spaccio di
sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso;
18.
Giuseppe Crispino (classe 1978), disoccupato, con precedenti di polizia, già
ristretto presso il carcere di Terni, per tentata estorsione in concorso e aggravata dal
metodo mafioso.
Agli arresti domiciliari:
1.
Antonia Valenti (classe 1946), pensionata, incensurata, per associazione per
delinquere finalizzata all’usura;
2.
Clarissa Burgio (classe 1982), impiegata, incensurata, per associazione per
delinquere finalizzata all’usura;
3.
Andrea Occhipinti (classe 1989), operaio, incensurato, per spaccio di sostanza
stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso.
4.
Domenico Russo (classe 1964), veterinario, incensurato, per tentata estorsione in
concorso e aggravata dal metodo mafioso.
Altri due soggetti destinatari di misura risultano
irreperibili sul territorio
nazionale
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