Rifiuti, faccia a faccia tra Nello Musumeci e Micciché Governatore convoca i capigruppo, opposizioni disertano

Se non è una pace, sembra sia stata quantomeno sotterrata l’ascia di guerra. Dopo il pesantissimo botta e risposta consumato la scorsa settimana tra il governatore Nello Musumeci e il presidente dell’Assemblea Regionale, Gianfranco Micciché, dapprima sui vitalizi, poi sui conti della Regione, ecco che martedì sera i due, secondo quanto riferito da più fonti, si sarebbero finalmente incontrati. Top secret luogo e contenuto dell’incontro, ma tra i corridoi del Palazzo la voce gira con una certa insistenza. 

Certo, quel che appare evidente è che una scossa dovesse arrivare, dopo l’ennesimo rinvio e con una valanga di 700 emendamenti depositati in Assemblea, 40 dei quali presentati proprio dal governo. Così ecco che, come annunciato in Aula dallo stesso Musumeci, il governatore ha convocato i singoli capigruppo martedì mattina per ascoltare le loro proposte e lavorare a un testo quanto più possibile condiviso. Ma le opposizioni hanno già annunciato due di picche: dal Pd ai Cinque Stelle, fino al capogruppo del misto, Claudio Fava, il coro è pressoché unanime: «Il confronto si tenga in Aula».

Resta il dato politico, a distanza di quasi due anni dall’insediamento, si tratta della prima volta che il governatore entra a gamba tesa nelle dinamiche dell’Assemblea. «Un atto di responsabilità, peraltro da me più volte sollecitato – ammette la capogruppo Udc, Eleonora Lo Curto -, ci deve essere questo rapporto di dialogo, non può accadere che il Parlamento sia servo sciocco del governo e non può accadere che il Parlamento non si senta valorizzato dal governo». 

Anche secondo il fondatore di Ora Sicilia, Luigi Genovese, si tratta di un «segnale positivo, che dimostra che il governatore ha a cuore l’importanza di confrontarsi con i parlamentari. Sono convinto che inauguri una nuova stagione del dialogo». A considerarlo, invece, un «fallimento» è Fava, secondo cui la convocazione sarebbe il segnale «di una debolezza. Sembra quasi che l’obiettivo non sia incontrare il sottoscritto, o il capogruppo del Pd, o dei 5 Stelle, ma di incontrare uno per volta i gruppi della sua maggioranza, per capire se c’è spazio di manovra a fronte dei 700 emendamenti presentati, 40 dei quali a firma dello stesso governo, che propone modifiche a un testo da lui proposto. È proprio il racconto della sua debolezza». Insomma, Fava a quell’incontro non andrà: «Ho mandato una nota di risposta a Musumeci – aggiunge – spiegando che penso che il luogo naturale sia l’Aula, non degli incontri bilaterali, secondo una procedura inconsueta. Non c’è ragione che si presenti un gruppo per volta, le questioni si affrontano in Aula».

Anche i Cinque Stelle annunciano forfait: «Apprezziamo l’invito di Musumeci – afferma il capogruppo Francesco Cappello – ma non possiamo che rifiutarlo, visto che tale invito è tardivo, arrivato dopo che il ddl è stato incardinato in Aula ed è già scaduto il temine per gli emendamenti. Per noi la sede naturale della discussione resta l’Aula, oppure la commissione Ambiente, qualora dovesse essere accolta la nostra proposta di rinvio in commissione del ddl, che formalizzeremo nel corso della seduta a sala d’Ercole di martedì».

Del medesimo avviso anche i deputati del Pd: «In questi mesi – dice il capogruppo Giuseppe Lupo – abbiamo dimostrato la piena disponibilità al confronto sulla riforma dei rifiuti con la nostra partecipazione ai lavori della commissione parlamentare Ambiente, riscontrando l’indisponibilità del governo ad un dialogo costruttivo. Adesso il tentativo del presidente della Regione è tardivo, per noi la sede naturale del confronto sulle riforme è il parlamento».

«Un atteggiamento incomprensibile da parte delle opposizioni – tuona invece la capogruppo Udc, Eleonora Lo Curto – che in commissione Ambiente hanno fatto delle osservazioni, che sono state tenute in grande considerazione. Quando da parte loro vengono fuori certe dichiarazioni che sono incomprensibili, se non come fatto strumentale, è chiaro che bisogna serrare le fila. Anche perché tutti, dall’Anac alla Corte dei Conti, dicono che la legge precedente è inattuabile». Insomma, l’iter parlamentare della riforma continua a procedere. Ma ancora una volta col piede sbagliato.


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