Si autotassano e ricostruiscono l’argine del San Leonardo «Enti latitanti, così abbiamo salvato le nostre campagne»

Stavolta davanti a Nino Tribulato non c’è devastazione, non ci sono agrumi soffocati dal fango e flagellati dal virus della tristeza, non ci sono piante piegate e distese di limo. Stavolta il fiume San Leonardo ha risparmiato le sue campagne e la sua azienda. Nonostante il maltempo dello scorso fine settimana, non si è ripetuta la catastrofe degli ultimi due anni, quando il corso d’acqua ha rotto gli argini, creando una voragine proprio al confine con la sua proprietà, trasformando in un acquitrino circa ottanta ettari in contrada Grada Cancellieri a Lentini. «E sa perché stavolta non è successo? Perché chi abita e lavora da queste parti si è autotassato e ha svolto i lavori che avrebbero dovuto fare gli enti competenti. Sono bastati tremila euro per salvare le nostre campagne».

Nell’ottobre di un anno fa qui il fiume San Leonardo, uno dei sorvegliati speciali del Siracusano, aveva lasciato una scia di devastazione. Impressionanti le immagini che raccontavano la forza con cui rompeva gli argini. La stessa cosa, con minore impetuosità, l’aveva fatta l’anno prima. «Dal 2003 al 2018 abbiamo avuto sette inondanzioni – spiega Tribulato – che hanno causato il deperimento di centinaia di piante. Ho fatto causa alla Regione tre volte per la mancata manutenzione del fiume, ma non è cambiato niente». 

Lo scorso autunno, dopo molti anni di inerzia, la Regione ha stanziato in somma urgenza 200mila euro per svolgere alcuni lavori sul fiume, tra il ponte dei Malati, sulla Catania-Ragusa, e il ponte sulla strada provinciale 67. «Vero – conferma Tribulato – mi risulta che a fine 2018 è stato pulito un tratto vicino al vecchio ponte, ma la causa del problema, cioè la voragine che ha aperto il fiume, non è stata risolta». 

Così il signor Tribulato, mettendosi a capo di un gruppo di piccoli proprietari della zona, avanza un’altra causa contro la Regione. Sul posto arrivano i periti del Tribunale delle Acque di Palermo insieme al Genio civile: appurano, constatano, annuiscono. Ma nulla si muove. Finché un avvocato suggerisce di sfruttare un regio decreto ultracentenario, emanato nel 1904 dal re Vittorio Emanuele III di Savoia e mai revocato. Un articolo permette ai proprietari dei terreni confinanti con i corsi d’acqua di agire nel ripristino delle opere danneggiate, purché non venga modificato l’alveo del fiume. Così, a fine giugno del 2019, Tribulato invia una pec al Genio civile di Siracusa, informando l’ente di questa possibilità e chiedendo istruzioni. La risposta arriva due mesi dopo, ma è l’ennesima delusione. «Era un’email per conoscenza diretta a me, ma indirizzata all‘Autorità di bacino in cui si spiegava che la risposta spettava proprio all’altro ente e non al Genio civile – racconta Tribulato – Quindi ho inviato un’altra pec all’Autorità di bacino non ricevendo risposta. A quel punto, avvicinandosi l’autunno, abbiamo deciso di agire». 

Una ditta è stata incaricata di ripristinare l’argine così com’era. Un lavoro durato tre giorni e costato appena tremila euro, che ha però protetto le campagne dalla nuova piena del San Leonardo che, puntuale, si è presentata alle prime piogge abbondanti. «Il fiume è esondato in altri punti. Abbiamo speso bene i nostri soldi di fronte all’assoluto silenzio e alla latitanza degli enti competenti». Tribulato può adesso guardare al futuro e tornare a investire. «Avevo comprato delle piantine di arance tarocco e moro, ma non le avevo piantate perché sarebbero state distrutte alla prima piena. Lo farò la prossima primavera».


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