“La Sicilia resta una regione in ritardo, è questo lo scenario che si può delineare”. Lo ha detto il vice presidente della Regione e assessore all’Economia, Gaetano Armao, nel corso della conferenza stampa di fine anno sull’economia siciliana nel 2018 e sulle prospettive per il 2019. Nel triennio 2015-2018, infatti, il Pil nell’Isola è cresciuto […]
L’economia regionale nel 2018, il bilancio di Armao «Sicilia più credibile, prima a rinegoziare il debito»
“La Sicilia resta una regione in ritardo, è questo lo scenario che si può delineare”. Lo ha detto il vice presidente della Regione e assessore all’Economia, Gaetano Armao, nel corso della conferenza stampa di fine anno sull’economia siciliana nel 2018 e sulle prospettive per il 2019. Nel triennio 2015-2018, infatti, il Pil nell’Isola è cresciuto del 2,2% a fronte di un incremento del 3,3% del resto del Mezzogiorno e del 4,7% della media nazionale. Nel 2017 la crescita si è fermata allo 0,5% mentre la stima per il 2018 è dello 0,7%. L’incremento del Pil nazionale per il 2018 è stimato intorno all’1,1%.
Migliora leggermente l’occupazione in Sicilia. Tra il 2016 e il 2017 si è passati dal 40,1 al 40,6% con una riduzione del tasso di disoccupazione (dal 22,1% al 21,5%), numeri che restano tra i più alti nel Paese. A ottobre 2018, il tasso di disoccupazione è stato del 19,5% rispetto al 20,4% registrato a ottobre del 2017; il tasso di occupazione ha toccato il 41% contro il 40,7% dell’anno precedente. “Negli ultimi anni si è registrata una crescita strepitosa delle esportazioni”, hanno sottolineato i tecnici dell’assessorato all’Economia. Da gennaio a settembre 2018, le esportazioni hanno fatto segnare un incremento del 18,9% (8 milioni e 125mila euro), al netto dei prodotti petroliferi la variazione percentuale annua è stata del 20,2%. I dati sono emersi da una ricerca elaborata dall’assessorato regionale all’Economia l’analisi dell’Osservatorio del credito sui tassi di interesse e dell’Osservatorio congiunturale sul credito in Sicilia.
“Oggi vogliamo evidenziare quello che la Regione ha fatto in questi mesi per l’economia siciliana – ha detto Armao – soprattutto sul fronte dei documenti elaborati dall’assessorato, sul piano dei conti pubblici territoriali, sul piano dell’andamento dell’economia, sul piano dell’andamento dei tassi d’interesse delle banche, ma anche con alcuni punti importanti come la rinegoziazione del debito. È un dato oggettivo, e ieri Cassa depositi e prestiti lo ha detto, che la Sicilia è la prima regione in Italia a rinegoziare il proprio debito quindi ha un elemento di credibilità che prima non aveva. L’approvazione dell’accordo sul credito per il 2019 con Abi ci mette in una condizione di sostegno alle imprese concreta e tangibile”.
Come ieri il presidente Musumeci, anche Armao oggi rilancia altre due sfide: continuità territoriale e defiscalizzazione dei carburanti. “Nei tavoli aperti con il ministero dell’Economia uno dei punti in questione è il tema della condizione di insularità, della defiscalizzazione o comunque della attenuazione del peso fiscale sui carburanti e della continuità territoriale, cioè la possibilità che, attraverso la condizione di insularità, si possano garantire ai siciliani tariffe aeree calmierate. Purtroppo – ha sottolineato Armao – la condizione di insularità ci pone in una situazione per cui l’aereo spesso è essenziale e ci porta ad avere prezzi proibitivi e condizioni inaccettabili intanto per i siciliani e poi per sviluppare qualsiasi forma di turismo massiccio, perché è evidente che con questi prezzi i turisti se ne vanno da altre parti e non vengono in Sicilia”.
Più soldi dei siciliani nelle casse dello Stato, rispetto ai residenti delle altre regioni, e in cambio meno servizi pubblici. Tra il 2008 e il 2016, in Sicilia, l’aumento delle tasse per i contribuenti è stato accompagnato ad una diminuzione della spesa dello Stato per servizi e investimenti. In termini pro capite, le entrate del settore pubblico a fronte delle spese erogate sono state inferiori per meno di mille euro negli ultimi tre anni (-995), ma erano inferiori per -2.176, otto anni prima. Tanto in Sicilia come nel resto del Mezzogiorno, il residuo fiscale negativo è fortemente diminuito perché si è andata sempre più assottigliando la spesa pubblica rispetto al prelievo. Al contrario, negli ultimi anni, le regioni del Centro-Nord, che registrano un residuo fiscale positivo (entrate maggiori delle spese per 2.558 euro), hanno visto ridursi tale saldo (era di 3.118 euro nel 2008) perché quote crescenti del prelievo sono state spese in quei territori, invece che concorrere al riequilibrio generale delle disparità che caratterizzano il Paese.
Aumentati i tributi pro capite del 2,1%, nonostante i minori redditi e anche i contributi sociali pro capite (+30,2% in Sicilia; +16,8% nel Mezzogiorno), i versamenti contributivi all’Inps da parte dei datori di lavoro. Nel frattempo, a fronte di una riduzione delle entrate, è cresciuta la pressione fiscale in rapporto al Prodotto interno lordo: in Sicilia, dal 2008 al 2016, è passata dal 30,5 a 35,8%, nel Mezzogiorno da 30,7 a 34,1 e nel Centro Nord da 31,1 a 33%. “Ciò significa – si legge nel notiziario dell’assessorato – che il risanamento dei conti pubblici perseguito da vari governi, con particolare rigore a partire dal 2011, ha avuto effetti relativamente più onerosi nel Sud del Paese ed in particolare in Sicilia”. L’assessore Armao ha sottolineato “la rilevanza del negoziato finanziario aperto con lo Stato che ha già prodotto i primi significativi risultati e che deve adesso concentrarsi proprio sui temi della condizione di insularità e sulla perequazione infrastrutture, ma sopratutto nella prospettiva del regionalismo differenziato che stanno portando avanti Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna”.
(Fonte: Ansa)