Articoli 37 e 38 dello Statuto siciliano: la partita con Roma è ancora aperta

VANNO APPLICATI SUBITO, INTEGRALMENTE E SENZA TRADIRE ULTERIORMENTE IL PACTUM “SICILIA-ITALIA” SUL QUALE FU FONDATO LO STATUTO SPECIALE SICILIANO.

In questi giorni, si è riaperto il dibattito sulla mancata applicazione dell’art. 37 dello Statuto Siciliano che, com’è noto, così recita:

“Per le imprese industriali e commerciali, che hanno la sede centrale fuori del territorio della Regione, ma che in essa hanno stabilimenti ed impianti, nell’accertamento dei redditi viene determinata la quota del reddito da attribuire agli stabilimenti ed impianti medesimi. L’imposta relativa a detta quota compete alla Regione ed è riscossa dagli Organi di riscossione della medesima”.

E’ ben poca cosa – lo sappiamo – rispetto al “DOVUTO”; ma è pur sempre qualcosa … Soprattutto se non sarà l’ennesima beffa.

Ovviamente, questa rivendicazione avrebbe maggiore credibilità se la Regione siciliana la considerasse, finalmente, come una “tappa” del percorso di applicazione integrale dello Statuto Speciale di Autonomia.

Non si può estendere allo Statuto, infatti, il metodo del gioco della Tombola, nel quale i numeri si estraggono dal sacchetto ad uno ad uno. Ed è in siffatta ottica che l‘FNS “Sicilia Indipendente” manifesta una grande preoccupazione per la coincidenza del fatto che, contemporaneamente, si è notato che – negli stessi ambienti regionali ed, ovviamente, in quelli statali – vi sia condiscendenza e rassegnazione (ma, a nostro giudizio, sempre con una buona dose di MALAFEDE) nell’accettare la tendenza e la prassi di dare all’Articolo 38 dello Statuto (quello, cioè, relativo al FONDO DI SOLIDARIETA’ NAZIONALE) la funzione di una vera e propria ELEMOSINA. Ciò, in conseguenza anche delle modifiche, delle interpretazioni, degli accordi etcetera, che – via via e di anno in anno – si sono conclusi … alquanto “TACI-MACI”.

A questo punto, non mancano le “allusioni” all’eventualità della soppressione dell’Articolo 38, dal momento che non servirebbe più agli scopi dichiarati.

Puntualizzazione che, comunque, non si può e non si deve prescindere dalla questione degli “arretrati” che spettano, in materia, alla Regione stessa. Nell’uno e nell’altro caso.

Va anche detto che, da un trentennio a questa parte, si sono notate, negli ambienti regionali ed in quelli statali, la tendenza e la prassi di dare all’Articolo 38 (quello, cioè, successivo al 37) dello STATUTO pure la funzione di un angolo morto nel quale si possa fare e disfare ciò che si vuole, in barba alla intangibilità dello Statuto stesso e senza suscitare reazioni. Questa interpretazione vanifica tutto il senso dello Statuto e suona come una vera e propria PREVARICAZIONE.

Nel momento in cui gli analisti SVIMEZ quantificano in 400 ANNI (vale a dire: MAI !) il tempo necessario a superare il dislivello economico fra il NORD-CENTRO ITALIA ed il MEZZOGIORNO (SICILIA compresa), l’ARRETRAMENTO delle posizioni autonomiste da parte di chi avrebbe dovuto e dovrebbe difenderle, non può essere considerato una giustificazione o una attenuante! E’, piuttosto, l’aggravante del REATO di OMISSIONE, se non la RIPROVA di un vero e proprio tradimento morale e politico, che il Popolo Siciliano non può subire passivamente. Ed è un modo di agire illegittimo ed incostituzionale!

Si aggiunga, per concludere, che la violazione del PACTUM, (fra i Separatisti in armi e lo Stato italiano, contratto nel 1946 e sul quale poggiano le fondamenta dello Statuto Speciale di Autonomia), ed i lunghissimi sessantanove anni di manipolazioni, di omissioni e di “COLPI DI MANO”, riaprono, in modo inequivocabile, la QUESTIONE INDIPENDENTISTA SICILIANA.

 


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