Ars, impugnata la legge sull’amianto

L’UFFICIO DEL COMMISSARIO DELLO STATO HA DETTO “NO” AGLI INTERVENTI SUPPLEMENTARI IN MATERIA SANITARIA E LE SANZIONI NEI CONFRONTI DEI DIPENDENTI PUBBLICI. IN CALCE IL TESTO INTEGRALE DELL’IMPUGNATIVA

L’Ufficio del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, Prefetto Carmelo  Aronica, ha impugnato dinanzi la Corte Costituzionale la legge regionale sull’ambiento.

Secondo il Commissario dello Stato, la legge violerebbe gli articoli 117, 3° comma, 23 e 97, 1° comma della Costituzione, gli articoli 7 e 13 del disegno di legge “Norme per la tutela della salute e del territorio dai rischi derivanti dall’amianto”, approvato dall’Assemblea regionale siciliana il 26 marzo 2014.

Si tratta, in particolare, degli articoli che riguardano l’individuazione di misure di assistenza supplementari rispetto ai livelli essenziali di assistenza previsti dal piano di rientro dal disavanzo sanitario e le sanzioni amministrative nei confronti di dipendenti pubblici.

Ecco il testo integrale dell’impugnativa:  

L’Assemblea Regionale Siciliana, nella seduta del 26 marzo 2014, ha approvato il disegno di legge n. 381-3-306-346 dal titolo “Norme per la tutela della salute e del territorio dai rischi derivanti dall’amianto”, pervenuto a questo Commissariato dello Stato per la Regione Siciliana, ai sensi e per gli effetti dell’art. 28 dello Statuto Speciale, il 29 marzo 2014.

L’art. 7 dà adito a censure per violazione dell’art. 117, 3° comma della Costituzione.

Il comma 2 del predetto articolo dispone che, “con deliberazione della Giunta regionale, previo parere delle competenti Commissioni legislative dell’Assemblea regionale, sono stabilite le misure di sostegno economico a valere sul bilancio della Regione per l’esercizio finanziario 2014, per contribuire, in relazione al reddito familiare valevole ai fini IRPEF, alle spese per prestazioni sanitarie e socio-assistenziali effettivamente sostenute da pazienti esposti ed ex esposti affetti da patologie causate dall’amianto e residenti in Sicilia, nel periodo compreso tra la data di presentazione della domanda per il riconoscimento della malattia professionale e la data del suo accoglimento”.

Il successivo comma 4 prescrive, invece, che “con Decreto dell’Assessore per la salute sono stabilite le condizioni per la esenzione dalla compartecipazione al costo delle prestazioni sanitarie in favore dei pazienti affetti da patologie asbesto correlate”.

In proposito, si rileva che, con riferimento ai soggetti affetti da patologie causate dall’esposizione all’amianto, la vigente normativa nazionale non prevede l’erogazione di un sussidio economico, né il riconoscimento del diritto all’esenzione, laddove la patologia non sia riconducibile ad una delle patologie croniche già contemplate dal d.m. n. 329/99 (“Regolamento recante norme di individuazione delle malattie croniche e invalidanti ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 29 aprile 1998, n. 124”).

Pur comprendendo e condividendo la valenza sociale delle richiamate disposizioni regionali, non può non rilevarsi che i benefici da esse previste individuano livelli ulteriori di assistenza che la Regione, in quanto sottoposta al Piano di rientro dal disavanzo sanitario, non può garantire, come sancito anche da recente giurisprudenza costituzionale.

L’articolo 2, commi 80 e 95, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, infatti dispone che “gli interventi individuati dal piano di rientro sono vincolanti per la regione, che è obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro”.

Codesta Corte, in proposito con la sentenza n. 104/2013, nel confermare la precedente giurisprudenza ha dichiarato ”l’illegittimità costituzionale di norme regionali istitutive di misure di assistenza supplementare «in contrasto con l’obiettivo dichiarato del Piano di rientro di riequilibrare il profilo erogativo dei livelli essenziali di assistenza» (sentenza n. 32 del 2012), ovvero istitutive di uffici al di fuori delle previsioni del Piano di rientro (sentenza n. 131 del 2012), o ancora di disposizioni regionali «in controtendenza rispetto all’obiettivo del contenimento della spesa sanitaria regionale» (sentenza n. 123 del 2011)”.

In base a quanto premesso non ci si può esimere da sottoporre al vaglio di codesta Corte le diposizioni dei commi 2, 3 e4 dell’art. 7 per violazione dell’art. 117, 3° comma della costituzione in quanto dispongono l’assunzione a carico del bilancio regionale di oneri aggiuntivi per garantire un livello di assistenza supplementare in contrasto con gli obiettivi di risanamento del Piano di rientro, violando il principio di contenimento della spesa pubblica sanitaria, quale principio di coordinamento della finanza pubblica.

Le disposizioni contenute nei commi 2 e 3 dell’art.13, che di seguito si trascrive, danno adito a censure di costituzionalità per violazione degli artt.23 e 97, 1° comma della Costituzione.

Art. 13.

Vigilanza e sanzioni

1. Ferme restando le competenze attribuite dalla vigente legislazione statale, le funzioni di vigilanza e controllo sugli adempimenti previsti dalla presente legge sono assicurate dall’Ufficio amianto del Dipartimento regionale della protezione civile di concerto con l’A.R.P.A., le Aziende sanitarie provinciali e la polizia municipale territorialmente competente.

2. Qualora gli uffici competenti dei comuni non consentano il raggiungimento degli obiettivi o si ravvisino negligenze o ritardi non giustificabili che pregiudichino il conseguimento degli scopi, si applica a carico dei componenti degli uffici stessi una riduzione del 50 per cento degli importi relativi alla retribuzione accessoria e di risultato su base annua spettante.

 

3. La violazione dell’obbligo di cui all’articolo 4, comma 1, lettera f), comporta la decurtazione a carico del Commissario straordinario o del direttore generale, del direttore sanitario e delle unità operative delegate alla vigilanza dell’Azienda sanitaria provinciale territorialmente competente, del 30 per cento delle indennità accessorie e di risultato.

4. Le sanzioni amministrative riscosse e le economie derivanti dalle decurtazioni comminate confluiscono in un apposito fondo destinato al finanziamento della rimozione e smaltimento dell’amianto con priorità per i manufatti di competenza degli enti locali.

 

I suddetti commi prevedono, rispettivamente, l’applicazione di sanzioni amministrative di elevato importo a carico di indistinti componenti degli Uffici comunali e la decurtazione del 30% delle retribuzioni accessorie e di risultato degli organi di vertice delle Aziende Sanitarie Provinciali e di non meglio definite unità operative delegate alla vigilanza, nel caso in cui abbiano violato l’obbligo di monitorare, in collaborazione con l’Ufficio regionale dell’amianto testè istituito, i siti pubblici o ad utilizzo pubblico con maggiore rischio sanitario per la popolazione.

In proposito si rileva che, se da un lato il legislatore regionale nella sua discrezionalità ben può, per reprimere condotte antidoverose, prevedere sanzioni pecuniarie, dall’altro lo stesso non è esente dal rispetto di parametri costituzionali che nella fattispecie sono rinvenibili negli artt.23 e 97 della Costituzione. Invero le norme censurate non contengono la sufficiente determinazione, richiesta dall’art.23 della Costituzione, dei presupposti per obbligare i dipendenti pubblici alla prestazione patrimoniale della decurtazione delle retribuzioni e/o della sanzione amministrativa. Il principio costituzionale della riserva di legge, seppure non assoluto, può ritenersi rispettato soltanto quando, anche in assenza di una espressa indicazione legislativa sui criteri, limiti e controlli sufficienti a delimitare l’ambito di discrezionalità dell’amministrazione, gli stessi siano in qualche modo desumibili dall’insieme della disciplina considerata o dalla composizione o funzionamento dell’autorità competente o anche dal sistema procedimentale che prevede la collaborazione di più organi (Corte Costituzionale sent.236/94,180/96,215/98,507788).

Codesta Corte, con costante giurisprudenza, ha affermato, infatti, che il principio posto dall’art.23 della Costituzione esige che nella legge siano quantomeno indicati criteri idonei e sufficienti a delimitare le discrezionalità dell’Amministrazione titolare della potestà sanzonatoria e impositiva della prestazioni patrimoniali in modo tale che sia preclusa la possibilità di un esercizio arbitrario della stessa (ex plurimis sentenza C.C.67/73).

Orbene, alla luce delle prime esposte considerazioni, le norme contenute nell’art.13 in tema di vigilanza e sanzione risultano in contrasto con l’art.23 della Costituzione in quanto innanzitutto non prevedono né espressamente, né indirettamente, i titolari del potere sanzionatorio e quindi l’autorità competente ad erogare la sanzione e a verificare la violazione dell’obbligo. Il primo comma si limita infatti a richiamare le competenze attribuite dalla vigente legislazione statale, senza, peraltro, preoccuparsi di ripartirle fra il neo-costituito Ufficio Amianto del Dipartimento Regionale della protezione civile, l’Agenzia Regionale per la protezione ambientale, le azienda sanitarie provinciali e la Polizia municipale, né tanto meno è possibile rinvenire all’interno dell’intero testo legislativo una specifica individuazione del soggetto titolare del potere sanzionatorio.

Per quanto attiene poi ai soggetti passivi, cui viene inflitta la sanzione, il legislatore al 2° comma l’identifica nei dipendenti comunali appartenenti ai “competenti uffici” senza specificare quale siano quest’ultimi, né il ruolo, né le funzioni svolte dal personale, ponendo a loro carico una sanzione fissa pari al 50% della retribuzione accessoria e di risultato annua, indipendentemente dalla gravità dell’inadempienza o mancato raggiungimento degli obiettivi . La norma non contiene, peraltro, la definizione del precetto limitandosi ad individuare, quale fattispecie da sanzionare, il mancato raggiungimento degli obiettivi o, in alternativa, non meglio precisati “negligenze o ritardi non giustificabili che pregiudichino il conseguimento degli scopi”.

Dall’impianto normativo ora approvato non è per di più desumibile con chiarezza e precisione quali siano gli obiettivi e gli scopi dei singoli uffici e la tempistica puntuale per il loro conseguimento.

Analoghe considerazioni vanno poste per il terzo comma ove, a fronte della puntuale indicazione del soggetto passivo delle decurtazioni retributive (Commissario straordinario, Direttore Generale e Direttore Sanitario per le Aziende Sanitarie Provinciali), si fa poi genericamente riferimento non a singoli soggetti ma a strutture organizzative id est “le unità operative delegate alla vigilanza” non specificando se siano da considerarsi responsabili i dirigenti o tutti gli addetti indistintamente.

La stessa natura dell’obbligo, la cui violazione comporta la prestazione patrimoniale, è peraltro altrettanto difficilmente desumibile e conseguentemente rende incerta la valutazione dell’inosservanza.

Si tratta infatti del monitoraggio, che secondo l’accezione comune del termine, indica un’osservazione costante e quindi un’attività continua e ripetuta nel tempo per cui risulterebbe impossibile o quantomeno difficile, in assenza della preliminare determinazione degli intervalli temporali nei quali si deve ottemperare all’obbligo di analisi e controllo dei siti contaminati, riscontrare la violazione del precetto che produce l’applicazione della sanzione.

Codesta Corte ha affermato in più occasioni la necessità imprescindibile che in ogni conferimento di potere sanzionatorio alla Pubblica Amministrazione, quale quello in ispecie, sia osservato il principio di legalità sostanziale posto a base dello Stato di diritto.

Tale principio non consente l’assoluta indeterminatezza del potere conferito dalla legge ad un’autorità amministrativa che produrrebbe l’effetto di attribuire in pratica una totale libertà ad un soggetto o organo investito dalla funzione che, nel caso in esame, per di più non è neanche individuato.

Non è sufficiente (C.C.sent.115/11) che il potere sia finalizzato dalla legge alla tutela di un bene o di un valore, ma è indispensabile che il suo esercizio sia determinato nei presupposti, nel contenuto e nelle modalità in modo tale da mantenere una costante seppure elastica copertura legislativa all’azione amministrativa.

La Costituzione italiana infatti, ispirata ai principi fondamentali della legalità e democraticità, richiede all’art.23 che nessuna prestazione personale o patrimoniale possa essere imposta se non in base alla legge.

La riserva di legge seppure di carattere relativo non relega tuttavia la legge sullo sfondo né può costituire giustificazione sufficiente per un rapporto con gli atti amministrativi concreti ridotto al semplice richiamo formale ad una prescrizione normativa in bianco senza una precisazione dei contenuti e dei modi dell’azione amministrativa nella sfera generale di libertà dei cittadini.

Secondo la giurisprudenza di codesta Corte (ex plurimis Sent. 190/07) l’art.23 Cost. richiede invero che la legge che attribuisce ad un Ente il potere di imporre una prestazione non lasci all’arbitrio dell’Ente impositore la individuazione dei presupposti per la determinazione della prestazione.

Inoltre le disposizioni in questione ad avviso dello scrivente risultano essere in contrasto anche con l’art.97, 1° comma della Costituzione in quanto la riserva di legge relativa in esso contemplata ha lo scopo di assicurare l’imparzialità della Pubblica Amministrazione la quale può dare soltanto attuazione a quanto è previsto in via generale dalla legge.

Limite questo posto a garanzia dei cittadini che trovano protezione, rispetto a possibili discriminazioni, nel parametro legislativo la cui osservanza deve essere concretamente verificabile in sede di controllo giurisdizionale.

Orbene l’imparzialità dell’amministrazione nel caso in ispecie non è garantita “ab initio” dalle disposizioni censurate poste a fondamento del potere sanzionatorio. Esse infatti come prima esposto sono oltremodo generiche e non definiscono né l’autorità titolare del potere, né i soggetti tenuti all’adempimento di un obbligo, né, tantomeno, la definizione dell’obbligo stesso.

Infatti l’assenza dei limiti nelle norme in questione, se non quello genericamente finalistico, non assicura l’imparzialità dell’agire amministrativo, consentendo piuttosto all’autorità preposta al potere di vigilanza di ritenere variamente leciti o illeciti gli stessi comportamenti e di sanzionare o meno i singoli soggetti ritenuti rientranti o meno nella generica categoria individuata dalla norma.

PER QUESTI MOTIVI

il sottoscritto Prefetto Carmelo Aronica, Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, ai sensi dell’art. 28 dello Statuto Speciale, con il presente atto

 

I M P U G N A

I sottoelencati articoli del disegno di legge n. 381-3-306-346 dal titolo “Norme per la tutela della salute e del territorio dai rischi derivanti dall’amianto”, approvato dall’Assemblea Regionale Siciliana il 26 marzo 2014:

– art. 7 per violazione dell’art. 117, 3° comma della Costituzione;

– art. 13, commi 2 e 3 per violazione degli articoli 23 e 97, 1° comma della Costituzione.

Palermo, 3 aprile 2014

 

Il Commissario dello Stato

per la Regione Siciliana

(Prefetto Carmelo Aronica)

 

 


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