Ars, Ardizzone: “Si vogliono indebolire le Regioni. Cui prodest?” Il discorso integrale

Ha spiccato il volo oggi, il Presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, con un discorso degno del ruolo istituzionale che riveste e che va al di là dei partiti politici, anche del suo.

Dal  numero uno del Parlamento siciliano, infatti, si attendeva una replica alle dichiarazioni del Presidente della Regione, Rosario Crocetta, che aveva usato toni un po’ inquisitori sull’inchiesta che riguarda le spesse dei gruppi parlamentari all’Ars. Ci si aspettava insomma, la solita scena in cui i politici se le danno a vicenda.

Invece ha stupito tutti con  una difesa della democrazia garantita dal decentramento, dei poteri, con una analisi che solo i ciechi non vogliono vedere : c’è un attacco al regionalismo  in corso in tutta Europae le recenti intromissioni dell’Ue sulla Catalogna ne sono l’ennesima prova–   orchestrato da quelle oligarchie finanziarie che ci governano e il cui scopo è  indebolire la democrazia delle autonomie locali per gestirne meglio gli asset.

Da questo attacco non è immune la Sicilia.  I poteri forti, con la scusa delle inchieste e dei corrotti (che peraltro non sono solo una prerogativa siciliana) stanno facendo di tutto per distruggere quel che resta del decentramento dei poteri.  Ovviamente Ardizzone non è stato così esplicito, ma non per questo meno chiaro.

Finalmente un discorso degno di un Presidente della massima Istituzione dei Siciliani:

Eccolo nella sua versione integrale:

“Onorevoli Colleghi,
dopo la lunga maratona per l’approvazione del bilancio e della legge di stabilità, è doveroso rassegnare in quest’Aula alcune considerazioni, al fine di provare a fare chiarezza sull’attuale momento e di ridisegnare, con il concorso di tutti, il ruolo che il Parlamento Siciliano sarà chiamato a svolgere nei prossimi anni.
E’ paradossale che, proprio quando il Parlamento siciliano ha completato una delle Sue più grandi riforme – mi riferisco alla legge regionale sulla spending review – si trovi ad affrontare allo stesso tempo grandi difficoltà. Dal primo gennaio 2014 il Parlamento è, relativamente ai costi del personale politico, definitivamente sganciato dal Senato, al quale, almeno fino al dicembre 2012, aveva fatto riferimento per procedure e costi.
Ci siamo domandati se è casuale la crisi che attraversa il regionalismo italiano? E del perchè la Sicilia, prima tra le Regioni per storia e competenze, è entrata in quella spirale per cui tutto ciò che è decentramento deve essere spreco, inefficienza se non addirittura corruzione? Non è forse in atto un processo di accentramento statale dei poteri?
La magistratura giustamente in presenza di sospetti abusi ha avviato nelle Regione di tutta Italia accertamenti e verifiche. Però le responsabilità penali sono sempre responsabilità personali e tutti abbiamo l’interesse e il diritto che le stesse vengano accertate e se riscontrate punite severamente. Il rischio è che se tutti sono colpevoli nessuno è colpevole.
Quindi al di là delle recenti vicende giudiziarie che avranno un loro naturale corso, e’ legittimo o no sospettare che il continuo stillicidio di notizie contro le istituzioni siciliane rientri nella più ampia regia di indebolire l’intero sistema di Stato decentrato in cui le Regioni con le loro competenze legislative concorrono nell’interpretare i bisogni dei propri territori?
E’ ovvio che l’accanimento mediatico degli ultimi periodi rischia di fare vacillare le fondamenta del sistema regionalistico consacrato nella Costituzione secondo cui la Repubblica una ed indivisibile riconosce le autonomie locali.
Allora abbiamo piena consapevolezza che il mantenimento e rilancio di uno stato centrale su base regionale passi ancora una volta da questa Assemblea ?
Colleghi, non possiamo dimenticare che la Sicilia ha rappresentato il primo esempio di sperimentazione regionale, promotrice del decentramento regionale sia legislativo che amministrativo attraverso una fonte di rango costituzionale.
Come nel passato l’istituto regionale è stata la soluzione che meglio ha saputo coniugare l’unità spirituale contro gli squilibri che tanto avevano avvelenato il sistema post-unitario, anche oggi deve continuare a rappresentare il sicuro presidio contro le incertezze e gli antagonismi.
Pensiamo quanto sia attuale la concezione politica di Platone nel dialogo sulla nascita della civiltà.
Si racconta che nella distribuzione originaria delle capacità, Zeus, resosi conto che gli uomini erano rimasti privi di dotazioni naturali e non in grado di sopravvivere di fronte alla soverchiante forza degli altri esseri viventi, donò loro la tecnica politica.
Questa si costituisce di due principi: il rispetto, cioè una forma di riconoscimento reciproco e il senso di giustizia.
La tecnica politica venne dunque distribuita a tutti gli uomini che risultano legittimati ad assumere le decisioni che riguardano la vita della collettività.

Siamo noi in questo momento storico a rappresentare le istanze legittime dei cittadini che dobbiamo tradurre in norme valide ed idonee a garantire l’interesse pubblico.
Dobbiamo superare quella forma di masochismo politico alimentato da vari ambienti e da ascari più o meno inconsapevoli che continuano ad avvelenare l’opinione pubblica.
E’ triste constatare che alcuni – classe dirigente attuale della Sicilia – vecchia o nuova che sia non ha importanza – esasperino i toni della protesta. Ormai è’ da tempo che subiamo notizie inserite nel circuito mediatico, soprattutto nazionale, senza un’ attenta verifica di tutti i dati.
Cui prodest, tutto questo?
Due esempi, tanto eclatanti quanto infondati.
Il primo:
Si è falsamente detto che il Parlamento siciliano, unico in Italia, avrebbe introdotto l’indennità di funzione per i presidenti dei gruppi consiliari. L’indennità, che comunque era già riconosciuta prima an-cora dell’approvazione della riduzione dei costi della politica, è as-segnata per legge ai capigruppo nelle seguenti regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giu-lia, Lazio, Lombardia, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria, Veneto e in ultimo la Sicilia. Quid novi?
Il secondo esempio.
Si continua a sostenere che, con un bilancio di 160 milioni, l’Ars ha i costi più alti di qualsiasi altro Parlamento in tutta Europa. Peccato che ci si sia dimenticati di evidenziare che circa 65 milioni di euro del bilancio siano destinati al pagamento delle pensioni di ex dipendenti ed ex deputati. Costi che negli altri Consigli regionali so-no, invece, a carico dell’Inps. O che tra le spese contenute nel bilancio una voce pari a circa 7 milioni di euro sia destinata alla manutenzione ordinaria e straordinaria di un edificio storico come il palazzo dei Normanni, che rappresenta anche una delle mete di maggiore attrazione turistica.
Bastano queste due voci per ridurre il bilancio dell’Ars di quasi il cinquanta per cento, in linea con le altre Regioni italiane.
Perché avviene tutto questo?
Alcuni hanno provato fastidio nel dovere appurare che il nostro Parlamento ha avuto la forza di autoriformarsi: introducendo norme sull’anticorruzione e sulla trasparenza, oltre al contenimento dei costi della politica.
In una parola, con l’adozione di tutta una serie di provvedimenti normativi ed amministrativi ci siamo sottratti alla speculazione politica nazionale che nel parallelismo con il senato voleva vedere solo la fonte di costi e privilegi.
La scelta di uniformarci, avendo le carte in regola, ci ha reso più forti. Ma le recenti polemiche rischiano di vanificare il tutto.
Dobbiamo essere coscienti che l’odierno disprezzo per la Politica rischia di sfociare in una deriva populista. D’altronde come non ricordare tutte le cruente e terribili dittature del XX secolo connotate dal disprezzo per i parlamenti e per le loro regole.
La democrazia non è il sistema politico perfetto. Tuttavia, è quel sistema in cui le procedure sono pubbliche e gli abusi sono perseguiti dalla magistratura. Una forma che è legittimata direttamente dal po-polo, che mediante il voto sceglie i propri rappresentanti. Nelle dittature, invece, le decisioni sono oscure, gli scandali manovrati e la diri-genza si rinnova secondo criteri ignoti.
Questo non giustifica gli abusi, ma induce a riflettere sui toni, talvolta, estremi che sono usati nell’attuale momento politico-sociale e soprattutto è un invito a non generalizzare,e a distinguere caso per caso. Il bene, pubblico o privato, si costruisce giorno dopo giorno”.

Nella seconda parte del suo discorso, Ardizzone guarda al futuro e alla necessità di avere quelle ‘carte in regola’ di cui parlava Piersanti Mattarella, per difendere la Sicilia dagli appetiti famelici di chi vuole distruggerla o continuare a trattarla come una colonia:

“Quello che possiamo e dobbiamo fare è di compiere ogni giorno il nostro dovere. Coloro che vogliono tutto e subito o sono ingenui o in mala fede o entrambe le cose.
Io dico che, invece, la Sicilia ha bisogno di INNOVAZIONE. L’innovazione è la materia prima della crescita, il centro di ogni strategia di sviluppo e in Sicilia innovativi possono semplicemente essere il funzionamento normale dell’amministrazione, il rispetto delle scadenze, il raggiungimento degli obiettivi, il merito come criterio guida e la trasparenza.
Non c’è via d’uscita dalla crisi senza crescita e dunque senza innovazione. Il resto è confusione, ammuina. Capisco che nella situazione difficile, e per taluni disperata, che stiamo vivendo, e di cui non si vede la fine, la demagogia possa essere una facile tentazione.
Il riscatto passa soprattutto dalla nostra capacità di essere Regione reinterpretando ruoli e funzioni.
E’ evidente che la Sicilia, più che il resto del Paese, sta attraversando una condizione drammatica: la pubblica amministrazione non assume e il privato licenzia. La base economica si restringe.
Il rapporto Svimez 2013 sull’economia del Mezzogiorno, in tal senso, è impietoso: la crisi continua. Negli ultimi cinque anni il Pil del Mezzogiorno è crollato del 10%.
Nel solo 2012, in Sicilia la flessione è stata del 4,3%. In netta riduzione anche i consumi delle famiglie meridionali e siciliane in particolare. Crollati anche gli investimenti con un peso de-terminante dell’industria (-47%) che rende bene la dimensione epoca-le della crisi. In questo contesto, a conferma della gravità della situazione, la perdita in 5 anni di 560mila posti di lavoro al Sud. A chi è già disoccupato, si aggiunge anche chi attualmente gode di ammortizzatori sociali, ma che domani andrà a ingrossare le file dei non occupati: nella sola Sicilia oltre 157mila persone.
Come si risolve tutto questo? Con il lavoro serio, quotidiano e con una strategia di scelte anche dolorose, ma chiare”.

Quindi un riferimento alle inchieste giudiziarie:
La democrazia si fonda sull’equilibrio dei poteri: Governo, Parlamento, Magistratura. A questo aggiungo, come già faceva Tocqueville: la stampa che «è per eccellenza lo strumento democratico della libertà». Ogni volta che uno di questi poteri trascende siamo fuori da un sistema di democrazia classica.
Il sospetto non è l’anticamera della verità, può essere solo l’inizio di un’indagine. Una società dove non c’è differenza fra sospetto e condanna è una società incivile, che ha dimenticato oltre due millenni di quella civiltà giuridica di cui Roma rivendica il primato. Non può essere un precetto di convivenza civile la massima homo homini lupus.
Personalmente, anche per esperienza professionale, ho grande rispetto per la magistratura che è chiamata a svolgere compiti difficili talvolta con mezzi insufficienti. Capisco anche la tentazione che in buona fede ci può essere di supplire a una politica dalle scelte talvolta confuse se non contraddittorie o inadeguate, ma solo il rispetto della propria missione può alla fine garantire tutti. Recentemente abbiamo avuto un chiaro esempio di supplenza alla politica da parte della magistratura, quella più alta, la Corte Costituzionale, che ha dichiarato l’incostituzionalità della legge elettorale. E’ dunque nello spirito di leale collaborazione tra poteri che chiedo alla Magistratura di Fare Presto. Oggi non siamo a una semplice crisi della politica. Siamo a un passaggio epocale in cui è messo in discussione il ruolo stesso della poli-tica. Non ci possiamo più permettere taluni stili di vita e tutto va rivisto alla luce dell’equilibrio fra costi e benefici”.

Come chiosa una esortazione a tutte le forze politiche:

“La Sicilia ha bisogno di responsabilità e di investire in verità, ha bisogno di archiviare la stagione delle bugie e delle promesse disattese, delle liti che ci stanno paralizzando e ci delegittimano davanti al Paese. E’ necessario uno straordinario sforzo collettivo per ridare credibilità alla Regione e ripartire all’insegna dello sviluppo e del risanamento con linee programmatiche condivise.
Per fare tutto ciò è necessario il coinvolgimento di tutti, mi sento pertanto, di rivolgere un appello alla forze sane di questa splendida terra,  la nostra Sicilia.
Mi riferisco ai sindacati, al mondo del lavoro e delle imprese, alle amministrazioni, all’università, alle istituzioni culturali: stiliamo in-sieme l’agenda politica per il prossimo futuro.
Si è appena avviata la nuova programmazione europea, che ci accompagnerà fino al 2020. Sarà l’ultima nella quale la nostra Regione farà parte dell’Obiettivo Convergenza. Abbiamo il dovere di farlo nei confronti dei giovani che sempre più numerosi abbandonano questa terra per cercare lavoro altrove.
Non si tratta più di arrivare a fine anno, sostenendo di avere superato la certificazione degli impegni e della spesa stabilita da Bruxel-les. Dobbiamo migliorare la qualità di questa spesa.
E tutto questo lo può fare, anzi lo deve fare il Parlamento quanto il Governo, avendone la stessa legittimazione popolare e rappresentando le istanze di tutti. Bisogna, quindi, prendere coscienza della gra-vità del momento, assumendo un ruolo guida nella conduzione.
Questo Parlamento non può e non deve aspettare che le iniziative politiche siano prese soltanto in altre sedi. E’arrivato il momento che si approvi la legge statutaria che delinea e definisce i rapporti fra Parlamento e Governo”.

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