Ardizzone: “Torniamo alla Sicilia con le carte in regola”

Al telefono il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Giovanni Ardizzone, è cordiale. Il campo, invece, è un po’ ballerino: il presidente è in auto, in viaggio verso Messina. Da Palermo verso Messina. Percorrendo l’autostrada piena di gallerie, l’intervista telefonica si annuncia un po’ sofferta. 

Il discorso non può che cadere sulla relazione della Corte dei Conti. Sui soldi che non ci sono. Un problema che una formula linguista un po’ beffarda – almeno in questo caso – definisce “Residui attivi”. Dove la parola “attivi” lascia immaginare un chissà che di attivo, magari di positivo. La realtà, invece, è ben diversa, trattandosi di entrate spesso fittizie. Soldi che la Regione non incasserà mai.

Un miliardo di euro? Due miliardi di euro? Tre miliardi di euro? Vattelappesca. La verità è che nemmeno quelli che hanno dimestichezza con il bilancio della Regione sanno a quanto ammontano le entrate fittizie.

Chi invece ha capito che è arrivato il momento di mettere un punto a questa storia del bilancio con le entrare finte è la Corte dei Conti. Che ieri ha messo le carte in tavola e, di fatto, ha chiesto al Governo e al Parlamento siciliano di costituire un Fondo – che potrebbe essere definito Fondo rischi – per consentire alla Regione di fronteggiare le probabili mancate entrare.

Tutto ruota attorno al capitolo 212713 del Bilancio regionale. Si tratta del “Fondo corrispondente alla quota non utilizzabile del maggiore avanzo accertato”. Un capitolo che, frettolosamente, il passato Governo e la passata Assemblea regionale hanno azzerato.

La discussione, a questo punto – e siamo alla precisazione di questa mattina da parte dei giudici della Corte dei Conti – si è spostata sul come costituire questa sorta di Fondo rischi. Perché ieri, in conferenza stampa, il presidente della Regione, Rosario Crocetta, e l’assessore all’Economia, il ‘romano’ Luca Bianchi, per coprire le entrate che non ci sono hanno provato, come al solito, a lanciare l’idea di costituire il Fondo rischi con altri soldi che ancora non ci sono: risparmi ancora da risparmiare, beni immobili da valorizzare e via continuando con le solite invenzioni. 

Da qui, stamattina, l’altra ‘strigliata’ della Corte dei Conti al Governo della Regione. In pratica, un invito a costituire il Fondo rischi con soldi veri.

A questo punto noi abbiamo deciso sentire che cosa pensa di tutta questa storia il presidente dell’Ars. Anche perché la legge che istituirà questa sorta di ‘Fondo rischi’ la dovrà fare l’Ars e non il Governo. Che, al massimo, potrà approntare un disegno di legge che, poi, l’Aula valuterà.

“Il Governo – ci dice il presidente Ardizzone – ha fatto la sua parte. E il Parlamento siciliano farà la propria parte. La Corte dei Conti, correttamente, ha segnalato un problema. La parola, adesso, passa alla politica. Noi, lo ripetiamo, siamo pronti. Anche perché, diciamolo chiaramente, in questo delicatissimo passaggio politico e parlamentare c’è in gioco tutto. Un eventuale dissesto finanziario sarebbe gravissimo”.

Resta da capire cosa fare. A parte, ovviamente, il cosiddetto ‘Fondo rischi’ che ormai è indispensabile.

Ricordiamo al presidente che il nostro giornale, in tempi non sospetti, e cioè alcuni mesi prima che all’Ars iniziasse il dibattito sul Bilancio e sulla Finanziaria 2013, ha posto il problema dell’articolo 37 e dell’articolo 38 del nostro Statuto.

“E io sono d’accordo con voi – replica il presidente Ardizzone -. E aggiungo che sugli articoli 37 e 38 dello Statuto siciliano va fatta chiarezza”.

Per la cronaca, l’articolo 37 dello Statuto è quello che imporrebbe, se applicato, alle imprese non siciliane che operano nell’Isola di pagare alla Regione le imposte (oggi le pagano, invece, nelle Regioni dove tengono la sede sociale: ovvero nel Nord Italia).

Su questo punto il presidente Ardizzone non è molto ottimista. Ma il suo, purtroppo, è un pessimismo motivato. Ardizzone ci dice che la nomea della Sicilia nel resto d’Italia e in Europa è quella di una Regione sprecona.

“Abbiamo avuto a disposizione tanti fondi europei – ci dice il presidente dell’Ars -. In parte li abbiamo utilizzati male. E in parte, in buona parte, non li abbiamo utilizzati affatto. Dobbiamo dirlo o no, poi, che, sulla sanità ci sono stati sprechi?”.

Qui le nostre opinioni con il presidente divergono un po’. Osserviamo che, oggi, negli ospedali pubblici siciliani, almeno in alcuni casi non si riescono ad assicurare nemmeno i servizi essenziali. E citiamo i casi dei Punti nascita nelle isole Eolie e a Pantelleria.

“Sono stato il primo – replica il presidente Ardizzone – a difendere i Punti nascita delle Eolie e di Pantelleria. E a difendere, ad esempio, l’ospedale di Mistretta. Ma non possiamo negare che, in Sicilia, ci sono ospedali a venti chilometri di distanza l’uno dall’altro con le stesse specializzazioni. Dobbiamo essere onesti con noi stessi e ammettere che sono stati commessi degli errori”.

“Prima di rivendicare qualcosa a Roma – aggiunge il presidente del Parlamento siciliano – dobbiamo mettere le cose a posta in casa nostra. Dobbiamo avere le carte in regola”.

Gli facciamo notare che sta usando le stesse parole che circa trentacinque anni fa utilizzò l’allora presidente della Regione, Piersanti Mattarella. “Non l’ho citato a caso – precisa Ardizzone – oggi come allora il messaggio di Piersanti Mattarella è attualissimo. E dico di più: anche con le carte in regola – e la Sicilia deve avere le carte in regola: su questo ci dobbiamo impegnare tutti – non credo molto nel rivendicazionismo con Roma. Non mi pare che le condizioni economiche generali del nostro Paese ci consentiranno di ottenere grandi risultati. La Sicilia, oggi, deve guardare alle risorse europee. Questa, a mio modesto modo di vedere, è l’unica certezza”.

Tra una galleria e l’altra, il presidente è finalmente giunto a Messina. Ora il campo c’è. Una domanda sulla ‘trasparenza’ e sulla semplificazione amministrativa, su cosa fare per liberare la Sicilia da una burocrazia opprimente che scoraggia, anzi, fa scappare gli investitori.

“Anche su questo campo – ci dice il presidente dell’Ars – il nostro impegno non mancherà. Ma ricordo che alcune leggi, in questo settore, ci sono già. Qualcuna anche recente, come la legge Chinnici. Vanno solo applicate. In tempi stretti”.

L’ultima domanda è sull’acqua. Argomento spinoso. Anche alla luce dell’atteggiamento del Governo regionale. Come abbiamo scritto più volte in questi giorni – e come continueremo a scrivere – il presidente della Regione, Crocetta, su tale argomento, ha cambiato opinione: in campagna elettorale – come hanno ricordato, oggi, gli esponenti dei Comitati per il ritorno, in Sicilia, alla gestione pubblica dell’acqua – era favorevole alla gestione pubblica dell’acqua. Due settimane fa si è convertito alla ‘filosofia’ privatistica.

“Io – ci dice il presidente dell’Ars – sono sempre stato favorevole alla gestione pubblica dell’acqua. E non cambio opinione. L’idea che un privato, gestendo un servizio essenziale come quello idrico, possa fare gli interessi della collettività non mi ha mai convinto. La gestione dell’acqua deve essere pubblica”.

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