Appalti, Gela, fuoco, discariche, fughe ‘energetiche’ e fallimenti idrici: che sta succedendo in Sicilia?

FORSE I FATTI DELLE ULTIME SETTIMANE, PIUTTOSTO CHE LETTI SINGOLARMENTE, ANDREBBERO INQUADRATI IN UN UNICO CONTESTO: QUELLO DI UNA GIUSTIZIA CHE COMINCIA A PRENDERE LE MISURE VERSO DI TUTTI. ANCHE VERSO CHI PENSAVA DI FARLA FRANCA A PRESCINDERE

In queste ore le cronache riportano e commentano le dichiarazioni dell’ingegnere Antonello Pezzini, dimessosi dal vertice della Cabina di regia del cosiddetto ‘Patto dei Sindaci’; la replica, pacata, ma ferma, dell’assessore regionale all’Energia, Nicolò Marino; e la mezza marcia indietro dello stesso Pezzini, che dice di non avercela con l’assessore, ma con la burocrazia.

In questa storia ci sono cose poco chiare che proveremo – azzardando qualche ipotesi – a chiarire.

A nostro modesto avviso, le dimissioni di Pezzini hanno poco o nulla a che vedere con la burocrazia regionale e con l’assessore Marino e hanno, invece, molto a che vedere con quello che sta succedendo in Sicilia nelle ultime settimane.

Anche perché a smontare le accuse all’assessore Marino ha pensato lo stesso Pezzini, con la sua già citata marcia indietro. Mentre a smentire i presunti ostacoli frapposti dalla burocrazia regionale sono i fatti.

Ricordiamo, infatti, che la ‘burocrazia’ che oggi Pezzini accusa di lentezza è la stessa che, tra marzo e maggio di quest’anno, a tamburo battente, ha rilasciato tutte le autorizzazioni al progetto per la realizzazione del mega centro agro-fotovoltaico che dovrebbe vedere la luce tra Gela e Butera.

Questo mega progetto, peraltro molto discutibile, interessava il presidente della Regione in persona. Ed è passato in due mesi, battendo tutti i record di velocità (smentendo persino gli alti burocrati dell’assessorato al Territorio e Ambiente che dicevano che senza i 45 precari, oggi fuori dall’assessorato, nessuna autorizzazione sarebbe stata rilasciata: invece, anche senza i 45 precari, gli uffici regionali hanno rilasciato una mega autorizzazione a velocità supersonica).

Anche i progetti energetici dell’ingegner Pezzini non erano estranei alla

volontà politica del presidente della Regione. Anzi, se non ricordiamo male, è stato lo stesso governatore Rosario Crocetta a nominare Pezzini alla guida della Cabina di regia.

 

Poiché è impensabile che la burocrazia regionale boicotti un presidente della Regione che, proprio del personale, ha fatto quello che ha voluto con trasferimenti e rotazioni a destra e a manca, è del tutto evidente che quella addotta da Pezzini per giustificare le sue dimissioni sono solo scuse.

Ciò posto, la domanda: perché si è dimesso Pezzini?

A nostro modesto avviso le sue sono dimissioni di ‘contesto’. Ci spieghiamo meglio.

Un paio di settimane fa il settimanale Centonove ha lanciato la notizia – mai smentita – che il presidente è indagato dalla magistratura per una brutta storia di appalti. Il periodo in cui avvenivano i fatti è quello in cui Crocetta ricopriva la carica di Sindaco di Gela.

Qualche giorno fa, a Gela, è stato appiccato il fuoco proprio negli uffici che custodiscono – o forse che custodivano – la storia degli appalti di questo disgraziato Comune.

Senza voler gettare la croce addosso a nessuno, tanto meno al presidente della Regione, un fatto è certo: chi ha appiccato, o fatto appiccare il fuoco negli uffici del Comune di Gela, a differenza di quanto si possa pensare, non ha dato una manifestazione di forza: al contrario, ha dato una prova di grande debolezza.

Per un motivo semplice: perché chi è ‘coperto’ e sa di essere ‘coperto’ non ha bisogno di bruciare documenti compromettenti. Chi l’ha fatto, o ordinato, sa che non ha alcuna copertura. Il fuoco che ha bruciato i documenti al Comune di Gela, sempre a nostro modesto avviso, è stata una mossa più disperata che logica.

Sempre qualche giorno fa, questa volta sulla spinosa questione delle discariche, l’assessore regionale Marino, per la seconda volta, è tornato ad attaccare non Confindustria Sicilia, ma chi si fa scudo, utilizzando questa organizzazione imprenditoriale, per fare operazioni poco chiare.

Da rifiuti all’acqua. Un paio di settimane fa è stata dichiarata fallita Acque potabili siciliane, la società che gestiva il servizio idrico in 52 Comuni del Palermitano. Mentre fosche nubi si addensano sulla gestione idrica di Siracusa e su quella di Agrigento.

Energia, appalti, rifiuti, acqua: la nostra sensazione è che chi pensava di avere il ‘culo parato’ a vita sta cominciando a rivedere le proprie posizioni. Perché certi conti non tornano più. Così arrivano il fuoco, le fughe e le dichiarazioni di fallimento.

Tutto sembra legato da un unico filo: il timore che possa succedere qualcosa. E la certezza – e non il timore – che certe ‘operazioni’ non si possono fare più. E, infine, che la Giustizia, piano piano, sta arrivando. Anche nei riguardi di personaggi al di sopra di ogni sospetto. O quasi.

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