«Una questione di rispetto istituzionale». Claudio Fava lascia la presidenza della commissione regionale Antimafia per dedicarsi alle primarie che si svolgeranno prossimamente per decidere il candidato alla presidenza della Regione in vista delle elezioni di ottobre. Al centro della riunione che si è tenuta oggi c’è la relazione sul caso che ha coinvolto l’azienda dei trasporti Ast lo scorso febbraio, con alcuni esponenti accusati di assunzioni pilotate e corruzione. La commissione ha sentito gli avvocati che avevano denunciato le presunte irregolarità e le condizioni di lavoro all’interno della ditta e sfociato nell’inchiesta. Sergio Lo Cascio e Giuseppe Terrano, che ancora sono a carico dell’azienda ma che oggi in audizione hanno confessato di essere «completamente isolati», nonostante il cambio di vertici. «Mi sarei aspettato almeno una convocazione per capire cosa è successo, quali fossero i problemi e un ringraziamento per quello che abbiamo fatto – spiega Terrano – Ma è normale che non mi passano più un foglio di carta e ci deve essere l’avvocata Salamone, un’inquisita, che gestisce l’ufficio? È una cosa normale? Non c’è stata una persona che ci ha ringraziato. Io ho paura, perché mi sento solo».
A Terrano fa eco Lo Cascio. «Noi vogliamo chiedere di essere distaccati per restare tranquilli – dichiara – Non lo siamo più lì. Succedono cose strane: l’ultima è accaduta nella pausa pranzo, quando, dopo avere timbrato mi sono accorto che il timbro d’uscita non c’era. Ho chiesto all’addetto di mettere per iscritto che io avevo già timbrato. Noi, onorevole – specifica Cascio rivolgendosi a Fava – Noi siamo gli sbirri. È inutile che ci giriamo attorno. Non posso più stare dentro quest’azienda in cui goni giorno devo stare seduto ad aspettare che chi è indagato mi dia i documenti per lavorare. Noi non abbiamo messo in cattiva luce l’azienda: abbiamo sollevato le criticità e fatto il nostro dovere lo abbiamo fatto per il bene dell’azienda, che c’è tanta gente onesta anche là dentro, ma che ha paura perché c’è un clima pesante. Quando due figli di magistrati non mi salutano, io dovrei spaccare i tavolini perché mi vergogno per loro».
Sull’inchiesta, la commissione ha prodotto una relazione in cui si afferma che «emergono fatti, comportamenti e omissioni che aggravano, purtroppo, il quadro proposto dalla magistratura. E che richiedono un ripensamento urgente e complessivo da parte della Regione siciliana, socio unico dell’Ast, nelle proprie funzioni di gestione e di controllo nei confronti della più importante partecipata regionale. L’indagine della Procura di Palermo – prosegue la relazione conclusiva – consegna alle valutazioni della politica una ricostruzione priva di rilievo penale ma, certo, estremamente allarmante». Fava, parlando della vicenda Ast pone l’attenzione sulle modalità di attenzione poste dalla Regione: «Valuti come gestire le partecipate – osserva – è abbastanza inconsueto il silenzio con cui si è accettato che l’Ast continuasse a essere una fabbrica del consenso e che i forti vulnus sul piano gestionale e organizzativo, denunciati da un audit interno, restassero lettera morta. Il cda di Ast è stato lasciato nella condizione di fare dell’azienda ciò che voleva».
L’onorevole poi ha tirato le somme sull’attività svolta dalla commissione durante la sua presidenza, spiegando il suo «passo di lato» in vista della prossima esperienza per le primarie, che «arriva al termine del più bello e proficuo periodo della mia esperienza politica – ha affermato – con un lavoro straordinario fatto da tutta la Commissione e che si sintetizza con alcuni numeri: 12 relazioni, approvate sempre all’unanimità, oltre 600 audizioni, oltre 250mila pagine di atti acquisiti, due progetti di legge, quello sul codice etico e quello sui beni confiscati».
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