Anatomia del Partito degli astenuti

di Francesco Busalacchi

A bocce ormai ferme possiamo serenamente affermare che il vero vincitore delle elezioni regionali in Sicilia è un partito che, attraverso una lunga ma inarrestabile e mai arrestata marcia, ha finalmente raggiunto la maggioranza assoluta. E’ il partito degli astenuti che in Sicilia ha infatti sfondato la soglia del 50%, attestandosi al 53% degli aventi diritto al voto. A conti fatti più della metà degli elettori è rimasta a casa(una volta si diceva:è andato al mare).

E’ vera gloria? E che partito è? E’ certamente un partito atipico perché, pur avendo vinto le elezioni non andrà al potere e non ha alcuna intenzione di andarvi, anzi…

Molti ambirebbero a capeggiarlo e costruirvi sopra le proprie fortune politiche, ma questi audaci è bene sappiano che è il Partito degli Astenuti possiede anche altre caratteristiche. Ha vinto proprio perché privo di un leader e di una classe dirigente e per di più è refrattario ad ogni progetto politico, ovvero di un programma e infatti li ha rifiutati tutti. Però, come ogni partito che si rispetti, contiene in sé molte anime e al suo interno è composto da parecchie correnti, molte delle quali in lotta tra di loro.

Curiosamente, però, le divisioni non ne compromettono la crescita. Ci sono gli astenuti perché non hanno ricevuto quanto loro promesso, ci sono gli astenuti perché sanno bene che la pacchia è finita e non hanno alcuna speranza di ricevere un contraccambio, fosse anche minimo; ci sono quelli che disprezzano in assoluto la politica, e quelli per i quali i politici sono tutti uguali; ci sono quelli che vorrebbero il capo forte e carismatico, e, al contrario, ci sono quelli che sognano una democrazia compiuta che nessuna politica può garantire. Ci sono infine quelli che, chiunque vinca, sanno bene che il “loro” non sarà toccato. Gente solida, come si può capire, e ben strutturata.

Impossibile quindi tentare di ridurla ad unità senza perderne pezzi consistenti per strada. E saremmo punto e a capo. Chi si avventurasse ne potrebbe forse convincere una minoranza esigua e, al più, potrebbe costituire un altro piccolo partito superfluo.

In ogni caso resterebbe spalancato quello che è stato definito enfaticamente l’abisso tra elettori ed eletti.

A quest’ultimo riguardo è istruttivo esaminare le reazioni preoccupate dei partiti e, in genere, del mondo politico. Le frasi ad effetto si sprecano. “E’ la fine della democrazia” è quella che sintetizza meglio il presunto disagio espresso dalla politica.

Perché presunto? Perché l’astensionismo fa il gioco della (cattiva) politica, cioè di quella politica che deliberatamente lo provoca, l’astensionismo, lavorando indefessamente per peggiorare se stessa e le cose.

Il sillogismo è il seguente: peggiore è la politica, meno sono i votanti; quindi il voto libero, il voto d’opinione, diminuisce, e maggiore peso acquista il voto strutturato nelle sue varie forme, che sia scambio, o che sia minaccia.

Quindi, più che di abisso tra elettori ed eletti, si deve più correttamente parlare del raggiungimento di una tappa significativa nel lungo processo di identificazione tra elettori ed eletti. Lo scopo finale è arrivare all’optimum, la perfetta coincidenza tra elettori ed eletti, l’uno per l’uno.

Fantapolitica? Forse. Sarcasmo? Forse. Grido di allarme?

Qualcuno eccepirà che una forma di protesta strutturata ha portato il Movimento 5 Stelle ad essere il primo partito in Sicilia. Vero. Ma proprio perché è un voto di protesta, è chiaro che senza un riferimento come è stato nel bene e nel male quel movimento, tutti quelli che lo hanno votato oggi ingrosserebbero le fila del Partito degli Astenuti. Non vi dico la consolazione!

Una domanda sorge però spontanea e con essa una preoccupazione. E’ proprio sicuro che si arriverà all’uno per l’uno? Ovvero, che cosa faranno i 2 milioni di elettori siciliani che compongono il 53% degli astenuti? Se ne staranno buoni buoni ad aspettare che lo tsunami bussi alle loro porte? Oppure, alla siciliana, non dilagherà la protesta?

Per finire, due parole sul tasso di intelligenza di chi si astiene (non di civiltà, badate, quella non esiste proprio). L’abbiamo detto e lo ripetiamo: chi si astiene, qualunque ne sia il motivo consegna se stesso e la sua vita a quella stessa politica che non gli sta bene.

 


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