Viale Moncada 17, giorno di consegna alloggi. La consegna «è alle nove, stiamo aspettando gli inquilini». Solo che degli inquilini non c'è traccia. «Disguidi» tra la ditta appaltatrice e il Comune, che annuncia la consegna definitiva per martedì 13. Tra cumuli di neve e fango, il racconto di una mattina surreale a Librino
Alloggi popolari a Librino, slitta la consegna Surrealismo e disguidi tra fango e neve
Una bella giornata di sole, dopo la notte di grandine e tempesta. La mattina dell’8 marzo anche in viale Moncada 17, a Librino, il nubifragio ha lasciato le sue tracce: ghiaccio e neve agli angoli delle strade. E poi una grande pozzanghera e fango, tanto fango. Ma qui al fango non ci si fa mai caso, soprattutto oggi che è giorno di festa: finalmente si consegnano gli alloggi del nuovo palazzone rosa a 32 famiglie bisognose, in attesa da anni.
Una decina di operai sono a lavoro, tra cavi e rifiniture, in attesa che arrivino gli inquilini. E, forse, arriverà anche il sindaco. «Occhio, ca ti nni cali» urla un ragazzino da uno scooter, aggrappato a un coetaneo che, con perizia degna di un driver finalndese, si destreggia con scarso grip nel misto stretto su fondo fango-neve. Qualche problema il maltempo sembra però averlo procurato all’imprenditore Anzalone, il costruttore che ha realizzato l’edificio per il Comune di Catania. La sua Jaguar ultimo modello è posteggiata, bella e blu scuro, sotto l’enorme palazzone color confetto, e vistosi schizzi di fango ne deturpano la fiancata. Oltre a questo, un secondo problema: degli inquilini non c’è traccia.
«Sì, dovrebbero venire a momenti, l’orario previsto era le 9» mi conferma il responsabile di cantiere alle 9 e 10, che «con permesso» continua a dirigere gli ultimi lavori. Entro nell’atrio in quello che non sembra il classico edificio di Librino ma nella sua semplicità ha delle buone finiture. C’è il marmo, e non c’è traccia degli accostamenti di colori arditi a cui ci hanno abituato gli edifici Iacp. Il colore dominante è il rosa, simbolo ormai dell’edilizia convenzionata a Librino. Parlo con alcuni operai, tutti intenti in piccole mansioni di rifinitura, ma nessuno ha idea del perché degli inquilini non ci sia traccia. Esco, passo il guado e oltre trovo le due donne incontrate pochi giorni prima, questa volta in auto. «Noo, se ne parla a mezzogiorno per la consegna, ci hanno detto così» mi risponde la prima, che attende in auto con tanti bambini e la madre, assegnataria di uno degli alloggi. Perplesso, torno a chiedere informazioni. Sono le 9 e 20.
«Guardi, l’orario previsto era le 9, potrebbe esserci stato un equivoco, faccio una telefonata». Mi guardo un po’ in giro, attratto da un scena surreale: i ragazzini in scooter, con l’asso del controsterzo alla guida, applicano un rituale di corteggiamento fatto da vorticosi giri intorno alle “prede”, 3 ragazzine che giocano a lanciarsi palle di neve. La neve a Librino non è l’unica sopresa del giorno. Il tono della telefonata tra il responsabile di cantiere e il Comune sembra di scontro: «Non ci avete avvertito che la data di consegna era stata spostata, abbiamo qui tutti gli operai e il principale è venuto apposta». Sento da non troppo lontano anche il seguito si parla prima di ascensori «non ci avevate detto che dovevano essere collegati alla corrente di cantiere» e poi di date «Ma come martedì? Qui è presente la stampa, cosa gli diciamo?».
A fine telefonata la stampa viene congedata con «Ci scusi, c’è stato un disguido». Martedì 13 dovrebbe essere il giorno della consegna reale. Fuori, la famigliola è ancora in auto, discute. «Martedì, mattri, e comu facemu?», grida la donna alla guida. «Facemu ca a nica si cucca nti mia e u masculu u mannamu nda zia?»