I mal di pancia nella coalizione di governo passano anche dalle numerose assenze dei deputati che, lasciando lo scranno vacante, inviano anche un segnale al governatore. Così la capogruppo Udc rilancia: «Portate le giustificazioni o andate a casa»
All’Assemblea regionale come tra i banchi di scuola La proposta: «Gli assenti portino certificato medico»
«Prima di appellarci al senso di responsabilità delle opposizioni, dovremmo pretendere la responsabilità della nostra coalizione di governo, così non si può andare avanti». All’altro capo del filo c’è Eleonora Lo Curto, vulcanica capogruppo dell’Udc all’Assemblea regionale siciliana, che sbotta davanti agli ennesimi malumori tra le forze forze politiche che sostengono l’esecutivo guidato da Nello Musumeci.
La proverbiale goccia, all’Ars, è traboccata nel corso delle sedute di questa settimana della commissione Cultura. Non che l’aria non fosse abbastanza tesa, tra le stanze di Palazzo dei Normanni. Il disavanzo da 400 milioni e il rischio del blocco della spesa (a inizio settimana era ancora un’ipotesi) avevano già creato diversi mal di pancia. Poi la conferenza stampa di Musumeci per spiegare le ragioni del disavanzo. E l’ira funesta di Gianfranco Micciché.
Prima di tutto questo, appunto, la commissione, martedì mattina, era al lavoro per esaminare il collegato, alla presenza dell’assessore al Territorio Toto Cordaro e dell’assessore al ramo Manlio Messina. Obiettivo di Messina era provare a salvare le emergenze, ad esempio i teatri di Messina e Catania. È per questo che i presenti alla seduta raccontano che «l’impressione è stata quella che Messina non fosse stato informato dalla sua stessa giunta del blocco della spesa. Sembrava quasi che lo stesse apprendendo in quella sede». Voci, ripetute da più fronti, ma che Messina smentisce, sostenendo invece di essere stato informato della situazione. «La mia richiesta alla Commissione – dichiara a Meridionews – era di trovare una soluzione per i teatri di Messina e di Catania. Anche sui teatri di pietra, avevo chiesto se fosse possibile spostare alcune risorse da un capitolo all’altro, ma mi è stato detto che non era possibile farlo proprio in virtù del blocco di tutti gli impegni di spesa. Ma non c’è stato alcuno scontro».
Nonostante le rassicurazioni di Messina, però, i mal di pancia della maggioranza sono tornati a palesarsi mercoledì, ancora una volta in commissione Cultura. Questa volta oggetto del contendere sono stati due emendamenti presentati da altrettanti esponenti della maggioranza, Marianna Caronia e Carmelo Pullara. Emendamenti che però riguardavano materie attinenti la prima e la seconda commissione, mentre la regola che aveva dato il presidente dell’organismo parlamentare che si occupa di Cultura, Luca Sammartino, era quella di trattare soltanto gli emendamenti senza impegno di spesa attinenti alle commissioni che avevano visto sgonfiarsi il loro collegato. Una regola rigida che ha mandato su tutte le furie Caronia e Pullara, che continuavano a chiedere di vedere trattati i loro emendamenti, al punto da portare all’ok di Sammartino, ma soltanto a patto che tutti i gruppi parlamentari fossero stati d’accordo. Il via libera è arrivato da tutti, comprese appunto le opposizioni, tranne che da Fratelli d’Italia. Il partito di cui l’assessore Messina è espressione. «La situazione è ormai insostenibile», lamentano in molti dalla coalizione di governo. «È diventata una lotta senza quartiere. E senza esclusione di colpi».
Sgambetti a vicenda, sorrisini sotto i baffi, ma soprattutto assenze, ripetute, tanto in Aula quanto nelle commissioni, da parte dei deputati della coalizione che manifestano così i loro malumori a Musumeci, senza troppo clamore. Ecco la ragione della proposta di Lo Curto: «I deputati devono stare in Aula, non è possibile continuare ad assistere inermi a questo andazzo – commenta -. Per questo proporrò che si istituisca una regola per cui, dopo un certo numero di assenze, si possa prevedere la decadenza dalla carica stessa di deputato regionale. Chi si assenta deve farlo soltanto per ragioni più che valide e comprovate». Un po’ come a scuola, insomma. Con tanto di certificato medico.