Alla fiera delle vanità

I tempi cambiano; i rettori cambiano; i docenti – ogni tanto – cambiano; gli studenti – purtroppo non così velocemente – cambiano anche loro. Ci sono cose, invece, che dopo più di mezzo millennio ancora non cambiano e rimangono pressoché identiche alle origini, ad esemplificazione di una struttura che fa spesso fatica ad andare a passo coi tempi, quale è l’Università italiana.
E così, come ogni anno, si è consumato ieri mattina nell’ex Monastero dei Benedettini il consueto ed immancabile rito dell’inaugurazione del nuovo anno accademico, il 572° dalla fondazione dell’Ateneo catanese.

Un evento che puntualmente riesce a gettare nel caos l’intera zona attigua a piazza Dante, tra le lamentele degli studenti e dei docenti che faticano a trovare un posteggio per la macchina, e quelle dei venditori ambulanti e dei posteggiatori abusivi costretti a sloggiare per l’intera mattinata e impossibilitati a guadagnare il loro “pane quotidiano”, visto che dalle traverse che arrivano in via V. Emanuele fino all’ospedale S. Marta era tutto blindato per preservare l’evento da non meglio specificati “incidenti”.

Ma, dopo un po’ di fatica, varcata la soglia del portone principale su cui sventolava la bandiera con lo stemma dell’Università di Catania, è stato possibile addentrarsi tra i corridoi che conducono fino all’aula magna, abbelliti per l’occasione da decine e decine di piante e fiori di ogni genere, affittate per l’intera mattinata dall’Università. E già a partire dalle 9 di mattina era tutto un brulicare di toghe e coccarde, con gli immancabili curiosi che cercavano di infiltrarsi dentro l’aula magna e gli occhi spaesati di alcuni studenti che, ignorando l’evento, cercavano a tutti i costi di penetrare nei corridoi blindatissimi da uomini in divisa.

Alle 10 era tutto pronto. Dopo il classico e irrinunciabile “quarto d’ora accademico” che ha permesso alle autorità e al pubblico presente di prendere posto e alle hostess di sedare gli animi di quanti, vedendo dei posti liberi, sono stati invitati ad alzarsi dalle sedie illecitamente occupate, hanno finalmente inizio i cerimoniali. Ad dare il via al pomposo corteo è stata la sfilata – in ordine di anzianità di istituzione, dalla più giovane alla più antica – delle varie delegazioni di tutte le Facoltà dell’Ateneo, contrassegnate dalla coccarda colorata applicata sulla toga nera d’ordinanza: lingue e letterature straniere (bordeaux), architettura (nera), scienze della formazione (fucsia), ingegneria (nera), scienze politiche (azzurra), agraria (verde), farmacia (rosa), economia (viola), scienze matematiche fisiche e naturali (verde), medicina e chirurgia (rossa), lettere e filosofia (bianca), giurisprudenza (blu). Modelli e modelle per un giorno, sorridenti e fieri per aver potuto sfoggiare la mise di gala di fronte a centinaia di occhi e telecamere, hanno poi preso posto tra il pubblico.
A seguire c’è stato l’ingresso in aula magna del Mazziere con la veste rossa che portava le insegne rettorali, del Rettore Antonino Recca con la toga impreziosita da uno scialle in ermellino, seguito dal Prorettore Antonio Pioletti, dai Presidi delle varie Facoltà corredati di fascia trasversale colorata come la coccarda e medaglione, dai rappresentanti del Senato accademico, dai rappresentanti degli studenti e dal direttore amministrativo Federico Portoghese.

Dopo l’inno nazionale cantato in versione ridotta dal coro dell’Ersu è stata la volta dei discorsi ufficiali, aperti dal Magnifico al suo primo discorso inaugurale, durante i quali però una buona fetta di pubblico ha silenziosamente abbandonato la sala. Il primo ad alzare bandiera bianca, dopo aver ascoltato appena qualche battuta di Recca, è stato il sindaco Scapagnini, seguito a ruota da alcuni docenti e spettatori tra cui spiccava il direttore de La Sicilia Ciancio, che ha avuto per lo meno il buongusto di attendere la fine del discorso del Rettore, compiaciuto per il freschissimo accordo che il suo giornale ha stipulato con l’Università e che Recca non ha dimenticato di sottolineare.

Come dire: l’importante è partecipare, scambiarsi qualche stretta di mano e poter dire “io c’ero”! E gli studenti? Nonostante il maxi schermo posto nel corridoio per poter seguire la cerimonia anche all’esterno dell’aula magna, abbiamo potuto registrare una bassissima, se non quasi nulla, partecipazione degli studenti, più interessati a sapere con esattezza quando avrebbero potuto riappropriarsi della loro Università e dei parcheggi che a seguire un evento che si ripete di anno in anno sempre allo stesso modo. Un rito di cui a ben guardare non rimane altro che la mera parte formale e che gli studenti conoscono più per i disagi che comporta che non per il significato in sé della festa per l’inizio di un nuovo anno. Già poco dopo mezzogiorno, comunque, il Monastero cominciava lentamente a riprendere la sua fisionomia di sempre: tolte le piante, archiviate le toghe, conservati gli orpelli e il pianoforte, tutto è tornato alla normalità, anche i parcheggi. E arrivederci al prossimo anno.


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