Senza il sostegno per i disoccupati è sempre più cupo il destino di oltre 600 dipendenti della società che fu di Sebastiano Scuto. Inchieste, processi per mafia e fallimenti a cui si aggiunge la questione degli amministratori nominati dal tribunale finiti accusati di bancarotta fraudolenta. «Impossibile ricollocarci», spiegano
Aligrup, ex lavoratori rimasti senza ammortizzatori «Il presente senza soldi e il futuro senza speranza»
Le insegne Aligrup sono state smontate da tempo ma dietro le quinte resta il dramma lavorativo di centinaia di persone. Vittime lontane dai riflettori che tornano alla ribalta con la fine dei sostegni economici destinati ai disoccupati. In due parole ammortizzatori sociali. «Sono rimasto senza lavoro, senza soldi e senza speranza». Giuseppe Litteri, 55 anni a febbraio, è uno degli ex dipendenti un tempo inseriti nella categoria jolly, cioè quei lavoratori senza una sede fissa chiamati secondo le necessità. È lui uno dei tanti esempi dell’assenza di qualunque prospettiva di riassorbimento. «Vado ogni giorno all’ufficio di collocamento a portare il mio curriculum ma mai nessuno mi ha chiamato negli ultimi cinque anni e mai nessuno mi chiamerà – commenta – Non ci dormo la notte perché ho comunque un affitto da pagare e un figlio minorenne da mantenere».
Lo scorso settembre, un gruppo di deputati regionali aveva fatto richiesta di estensione delle tutele nei confronti di 600 ex dipendenti ma ancora non c’è stata nessuna risposta. «Sia il governo nazionale che quello regionale – conferma a MeridioNews la deputata del Movimento 5 stelle, Angela Foti – sono a conoscenza di ogni passaggio di questa vicenda ma non abbiamo ancora ricevuto nessun segno di interessamento per la proroga di ulteriori misure di ammortizzatori sociali in loro favore». A fare i conti con un futuro incerto quei lavoratori hanno imparato a conviverci ormai da anni, ma la situazione sembra sempre peggiorare. «Parliamo di persone fra i 50 e i 60 anni – sottolinea Foti – per i quali è molto difficile anche solo l’idea di trovare una ricollocazione e non possono essere loro a pagare il prezzo di una mala gestione da parte di chi doveva garantire la tenuta dell’azienda sotto amministrazione controllata e non è stato capace di farlo».
La società, nata nel 1987 dall’incorporazione della Scuto Spa per volere dell’imprenditore Sebastiano Scuto, nel 2001 aveva impiegato circa 1600 dipendenti. Dal 2001 al 2011 si susseguono le vicende giudiziarie per associazione mafiosa che interessano il proprietario, la Aligrup intanto viene posta in amministrazione giudiziaria pur continuando la propria attività nella grande distribuzione. A questo tassello si aggiunge l’inchiesta della procura etnea su alcuni amministratori nominati dal tribunale, accusati del reato di bancarotta fraudolenta relativo al crac della società. Un insieme di cose che nel complesso ha portato al totale smembramento della società.
Una vera e propria epopea per i lavoratori dipendenti: prima vengono messi in moto dei cicli di cassa integrazione, poi un programma di cessione dei punti vendita che va avanti fino al mese di giugno del 2012. Segue la liquidazione e la procedura concorsuale di concordato preventivo. Nel novembre del 2012 si fanno concrete le prime cessioni in favore di diversi gruppi imprenditoriali: da Arena a Conad, da Re Leone a Cambria e infine, nel novembre del 2013, anche alla Coop Sicilia Spa. Un finto lieto fine per i lavoratori. Lo scorso giugno, infatti, quest’ultima società ha comunicato la propria intenzione di chiudere i punti vendita di San Giovanni La Punta e Zafferana Etnea, oltre agli uffici all’interno del centro commerciale Le Zagare. Contestualmente viene reso noto il ricorso al licenziamento collettivo per 273 lavoratori considerati dall’azienda un esubero negli altri negozi: Bronte, Le Ginestre di Tremestieri Etneo, Katanè di Gravina di Catania e Le Zagare di San Giovanni La Punta. In questo caso, però, la trattativa è stata poi conclusa positivamente.
«Per tutti questi ex dipendenti – dice a MeridioNews il segretario regionale della Cisal, Paolo Magrì – purtroppo, in base alla situazione attuale, l’unica prospettiva possibile è quella della fame. Per gli oltre 600 lavoratori fra i 40 e i 50 anni che sono rimasti senza ammortizzatori sociali e senza stipendio dallo scorso mese di settembre, le opportunità di ricollocazione sono quasi impossibili. Nel 2018, la situazione peggiorerà ulteriormente perché al disagio di questi si andrà a sommare quello di un’altra ottantina di persone». Il riferimento è ai tanti lavoratori come il signor Litteri che, già nel 2014 erano over 50, e furono messi in mobilità che finisce allo scadere dei quattro anni, dunque nella seconda metà del prossimo anno. «Abbiamo lanciato un appello alla Regione – conclude il rappresentante sindacale – perché sappiamo che non è l’unica situazione del genere in Sicilia, ma questo degli ex lavorato di Aligrup è davvero un caso disperato per cui chiediamo che il governo locale si muova per garantire un ulteriore sostegno al reddito, in particolare per chi è rimasto fuori dalle trattative».